Con ricorso depositato il 26/10/2004, l’Avv.to D.P.G. adiva la Corte di appello di Salerno chiedendo che la Presidenza del Consiglio dei Ministri fosse condannata a corrispondergli l’equa riparazione prevista dalla L. n. 89 del 2001 per la violazione dell’art. 6, sul "Diritto ad un processo equo", della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e della libertà fondamentali, ratificata e resa esecutiva con la L. del 4 agosto 1955, n. 848.
Con Decreto del 3-26 novembre 2005, l’adita Corte di appello, nel contraddittorio delle parti, respingeva la domanda e compensava le spese processuali.
La Corte osservava e riteneva, fra l’altro;
– che il ricorrente aveva chiesto l’indennizzo, in riferimento al giudizio amministrativo, ancora pendente in primo grado, da lui introdotto il 20.10.1989, innanzi al TAR Campania – Sezione di Salerno, al fine di ottenere l’annullamento del provvedimento con cui era stata annullata la sua prova scritta di diritto processuale civile e penale, emesso dalla Commissione di esame per la professione di procuratore legale, istituita ,per l’anno 1988, presso la Corte di appello di Napoli;
– che all’esito della camera di consiglio svoltasi il 01.1990, il giudice amministrativo aveva disposto in via cautelare la sospensione del provvedimento impugnato e l’ammissione con riserva del candidato a sostenere la prova orale;
– che, in pendenza del processo amministrativo, il D.P. aveva conseguito l’abilitazione professionale nella sessione di esame del 1989;
– che, pertanto, alla pendenza del procedimento amministrativo non era più corrisposto l’interesse reale del ricorrente all’ottenimento della soluzione di merito della contesa innescata dall’impugnazione dell’atto di annullamento, ormai superato dall’avvenuto conseguimento dell’abilitazione professionale, salvo il residuo interesse al regolamento delle spese da operarsi secondo il principio della soccombenza virtuale che la rilevata situazione non consentiva di individuare patema d’animo alcuno correlato all’incertezza dell’esito della vicenda che, inoltre, nel giudizio amministrativo il D. P. non aveva presentato nè istanza di discussione, nè istanza di prelievo, e, quindi tenuto un comportamento incidente sul fatto generatore dell’obbligo di indennizzo ed eziologicamente determinante il ritardo nella trattazione del merito della vertenza.
Avverso questo decreto il D.P., con atto notificato il 12.04.2005, ha proposto ricorso per Cassazione, fondato su due motivi. La Presidenza del Consiglio dei Ministri non ha svolto attività difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE
A sostegno dell’impugnazione il ricorrente deduce:
1. Violazione e falsa applicazione della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, dell’ art. 6 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali vincolante per lo Stato italiano nell’interpretazione offertane dalla Giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e dell’art. 2043 c.c., come interpretato da Cass. 500/1999 e seguenti conformi decisioni in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 5.
Contesta che il conseguimento dell’abilitazione professionale nella successiva sessione d’esame possa avere eliso il suo interesse al ricorso giurisdizionale, evidenziando che aveva ed ha interesse alla definizione del giudizio amministrativo a suo tempo proposto, in quanto, ove non venisse accolto il suo ricorso ogni suo diritto al risarcimento sarebbe inesistente, mentre l’annullamento del provvedimento impugnato aprirebbe la strada all’azione risarcitoria, ammissibile solo in presenza di un provvedimento la cui illegittimità sia stata accertata dal Giudice competente.
2. Violazione e falsa applicazione della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, dell’ art. 6 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali vincolante per lo Stato italiano nell’interpretazione offertane dalla Giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nonchè della L. n. 205 del 2000, art. 9 e del R.D. n. 642 del 1907, art. 51, comma 2 e art. 53, comma 2 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 5.
Contesta che la mancata presentazione dell’istanza di prelievo, non prevista in termini di obbligatorietà a differenza dell’istanza di fissazione d’udienza, possa escludere il diritto all’equa riparazione. I motivi, che strettamente connessi meritano trattazione unitaria, sono fondati nei limiti delle argomentazioni che seguono.
Ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, il diritto all’equa riparazione è correlato all’eccessiva durata della causa, a prescindere dall’esito di essa, favorevole o meno per il ricorrente, e, una volta accertata e determinata l’entità della violazione relativa alla durata ragionevole del processo, il giudice deve ritenere il cd. danno morale soggettivo esistente, sempre che non ricorrano nel caso concreto, circostanze particolari, le quali facciano positivamente escludere che tale danno sia stato subito dal ricorrente.
Qualora, quindi, il processo amministrativo volto alla caducazione del provvedimento di annullamento delle prove di esame per l’abilitazione all’esercizio della professione forense, sia ancora pendente e risulti affetto da irragionevole ritardo, nè la prognosi del giudice dell’equa riparazione sul relativo esito – quand’anche, come nella specie, si sostanza nella previsione di una pronuncia di cessazione della materia del contendere -, nè il conseguimento da parte del ricorrente dell’abilitazione professionale, sopravvenuto nelle more, per effetto del superamento di diversa sessione di esami, nè il mancato ricorso da parte del medesimo ricorrente a previsti strumenti sollecitatori della definizione del processo presupposto, possono escludere il diritto all’indennizzo in questione, in quanto non elidono l’ansia ed il patema d’animo della parte correlati alla specifica domanda di giustizia, o ancora integrare circostanze positive speciali escludenti il danno, ma semmai possono avere solo un effetto riduttivo dell’entità della riparazione.
Pertanto si deve accogliere il ricorso e cassare il decreto impugnato, con rinvio, anche per le spese relative al presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Salerno in diversa composizione.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Salerno in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2006.
Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2007