– che la società "Hotel Valentino di Sgattoni Francesco & C. S.n.c." chiedeva, alla Corte d’appello dell’Aquila, la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento di una somma di denaro a titolo di equa riparazione dei danni subiti a causa della durata non ragionevole di un procedimento di espropriazione immobiliare, non ancora concluso ed iniziato innanzi al Tribunale di Fermo con pignoramento del 21 febbraio 1991, in danno della s.r.l. Edilmar, dalla quale la ricorrente in data 3 luglio 1991 aveva acquistato l’immobile pignorato;
– che la Corte adita rigettava la domanda osservando che la ricorrente, non intervenuta nel procedimento esecutivo, non ne era parte e, pertanto, era priva di legittimazione attiva;
– che la società "Hotel Valentino di Sgattoni Francesco & C. S.n.c." chiede la cassazione di tale decreto con un unico, complesso motivo di ricorso illustrato anche con memoria;
– che il Ministero della Giustizia resiste con controricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
– che la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione di norme di diritto, nonchè vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata per aver rigettato la domanda di equa riparazione sia dei danni patrimoniali che dei danni non patrimoniali, lamentando che erroneamente era stata esclusa la sua qualità di parte, considerato che essa, indipendentemente dal mancato intervento nella procedura, subiva l’espropriazione e poteva considerarsi vittima della lungaggine del processo;
– che il motivo è infondato; invero, l’acquirente di immobile pignorato non può considerarsi, diversamente dal terzo proprietario che ha concesso ipoteca per debito altrui (artt. 602 ss. c.p.c.), parte del procedimento esecutivo poichè non subentra al dante causa, debitore o soltanto terzo proprietario, che ha subito il pignoramento ed il suo acquisto è inefficace rispetto al creditore pignorante ed ai creditori intervenuti nell’esecuzione (art. 2913 c.c.);
– che, infatti, l’acquirente dell’immobile sul quale è stato trascritto il pignoramento non può intervenire neppure in via adesiva nell’espropriazione forzata, nè è legittimato a proporre opposizione agli atti esecutivi, ma è legittimato soltanto a proporre opposizione di terzo ex art. 619 cod. proc. civ., allo scopo di far valere l’eventuale inesistenza o la nullità della trascrizione, per sottrarre il bene all’espropriazione, ovvero a partecipare alla distribuzione del prezzo ricavato dalla vendita forzata, eventualmente residuato dopo che siano stati soddisfatti il creditore procedente ed i creditori intervenuti nell’espropriazione (Cass. 26 luglio 2004, n. 14003);
che, a tale ultimo riguardo, l’intervento dell’acquirente, neppure allegato dall’odierno ricorrente, non ha carattere di necessità, presupponendo un residuo del prezzo soltanto eventuale;
– che il disposto dell’ art. 6 CEDU, paragrafo 1, specificamente richiamato dalla L. n. 89 del 2001, art. 2, riconosce il diritto alla trattazione delle cause entro un termine ragionevole solo relativamente alle cause "proprie" e, quindi, solo in favore delle "parti" del procedimento, sia esso di cognizione o di esecuzione (Cass. 23789/2004), e non anche di soggetti che siano ad esso rimasti estranei, essendo irrilevante, ai fini della legittimazione, che questi ultimi possano aver patito indirettamente dei danni dal protrarsi del processo (Cass. 17111/2005).
 
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese di giudizio liquidate in Euro 2.000,00, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 marzo 2006.
Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2006