1. I ricorrenti espongono di essere proprietari di un appartamento (p.m. 1) in una casa di civile abitazione tavolarmente contraddistinta dalla p.ed. 366, oltre che del contiguo terreno prativo pertinenziale, individuato dalla p.f. 2143/8, in C.C. Coredo. La loro proprietà confina con il compendio immobiliare denominato Albergo Ristorante Miravalle e contrassegnato dalle pp.ed. 335 e 347 e dalla p.f. 2143/9, oltre che con il terreno di proprietà del sig. V. R. di cui alla p.f. 2143/11.
Essi allegano che nel corso degli anni ottanta del secolo scorso l’Albergo Miravalle ha subito una serie di interventi di ristrutturazione e ampliamento che prevedevano, fra altro, l’onere di realizzare una zona destinata a parcheggi sulla p.f. 2143/9, un’area situata nella parte posteriore dello stabile alberghiero, verso il confine con la loro proprietà; inoltre, che i parcheggi non sarebbero mai stati costruiti e nella zona destinata agli stessi sarebbe stata edificata una copertura che è stata successivamente chiusa per realizzare locali a servizio dell’albergo quali la lavanderia e la sala giochi.
In data 13 novembre 2009 il Comune di Coredo ha rilasciato al sig. T. R., quale legale rappresentante della società Hotel Miravalle s.a.s., e al sig. V. R., quale proprietario della p.m. 2 della p.ed. 366 e della p.f. 2143/11, una concessione edilizia che autorizza i lavori di "sistemazione esterna e realizzazione di parcheggi sulle pp.ff. 2143/11 – 2143/9 e andito delle p.ed. 336 e 335 in C.C. Coredo, pertinenze Albergo Miravalle".
3. Con ricorso notificato in data 12 febbraio 2010 e depositato presso la Segreteria del Tribunale il successivo 18 marzo, i predetti proprietari hanno impugnato detta concessione, come specificata in epigrafe, deducendo i seguenti motivi di diritto:
I – "eccesso di potere per errata valutazione dei presupposti; travisamento del fatto, difetto di istruttoria", atteso che lo stato di fatto rappresentato nella documentazione di progetto allegata e alla domanda e al titolo concessorio rilasciato non corrisponderebbe all’effettivo stato dei luoghi: si sarebbe omesso di indicare che i parcheggi non sarebbero mai stati realizzati e che al loro posto sarebbero state abusivamente edificate strutture stabili successivamente demolite senza che sia stata accertata la loro abusività;
II – "eccesso di potere per contraddittorietà intrinseca; illogicità; sviamento di potere; perplessità", in quanto il provvedimento autorizzerebbe implicitamente, ex post, la demolizione delle opere abusivamente erette senza il pagamento di alcuna sanzione amministrativa, e la costruzione ex novo di spazi da adibire a parcheggio che sarebbero stati invece assentiti oltre vent’anni addietro ma mai realizzati;
III – "violazione dell’art. 101 della l.p. 4.3.2008, n. 1; eccesso di potere per errata valutazione dei presupposti; difetto di istruttoria; illogicità", perché i lavori assentiti sarebbero incompatibili con un diritto di servitù di cui godrebbe la porzione materiale dei ricorrenti e che vieterebbe costruzioni di terrazze oltre il livello del pavimento del primo piano;
IV – "violazione delle norme di attuazione del piano regolatore; eccesso di potere per errata valutazione dei presupposti; travisamento del fatto; difetto di istruttoria", atteso che il nuovo muro di recinzione, di altezza superiore ai 2 m., non rispetterebbe la distanza di 5 m. dal confine;
V – "eccesso di potere per difetto di istruttoria; errata valutazione dei presupposti", in quanto nel provvedimento impugnato non sarebbero state riportate le dimensioni di un muro di confine.
4. Si sono costituiti in giudizio due dei controinteressati, contestando diffusamente ritualità e fondatezza del ricorso.
5. Alla pubblica udienza del 24 febbraio 2010, sentiti i procuratori delle parti, il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

DIRITTO
1. Con il ricorso in esame i signori G. e M. Z., comproprietari di parte di un edificio residenziale confinante con la struttura alberghiera denominata Hotel Ristorante Miravalle nel Comune di Coredo, hanno chiesto l’annullamento della concessione edilizia, specificata in fatto, con la quale sono stati autorizzati lavori di sistemazione esterna e realizzazione di parcheggi su aree di pertinenza dell’Albergo Miravalle in Comune di Coredo.
2a. Pregiudizialmente, deve essere respinta l’eccezione di tardività opposta dalla difesa dei controinteressati, sul rilievo che i ricorrenti, nel ricorso per denuncia di nuova opera presentato innanzi al Tribunale civile di Trento, avrebbero riconosciuto di aver percepito la lesività delle opere contestate "nei giorni della settimana del 7 dicembre 2009": da ciò parte resistente assume che il termine per ricorrere in sede giurisdizionale sarebbe iniziato a decorrere il 13 dicembre 2009, ultimo giorno della settimana menzionata, e che il termine ultimo per introdurre il presente giudizio sarebbe dunque scaduto l’11 febbraio 2010 mentre l’atto introduttivo è stato notificato il giorno successivo 12 febbraio.
2b. Al riguardo, il Collegio premette che il contestato titolo edilizio è stato rilasciato il 13 novembre 2009 e che i lavori sono iniziati il successivo 4 dicembre (cfr., documento n. 20 in atti dei resistenti).
Nel ricorso presentato al Tribunale di Trento (cfr., documento n. 5 in atti dei ricorrenti), i sig.ri Z. affermano che "all’incirca nei giorni della settimana del 7 dicembre 2009" erano iniziati i lavori per la costruzione del terrapieno da adibire a parcheggio rialzato sul confine con la loro proprietà.
2c. Da quanto esposto, si deduce che seppure i ricorrenti abbiano avuto conoscenza dell’esistenza della concessione edilizia impugnata al momento dell’inizio dei lavori, tuttavia detta iniziale percezione non costituisce affatto quella "piena conoscenza" capace di far decorrere il termine di decadenza per l’impugnazione.
Per la giurisprudenza amministrativa la decorrenza del termine di impugnazione di una concessione edilizia da parte di terzi si atteggia diversamente, a seconda che si contesti l’illegittimità del titolo per il solo fatto che esso sia stato rilasciato ovvero per il contenuto specifico del progetto edilizio (cfr., C.d.S., sez. IV, 24.12.2007, n. 6621; sez. V, 19.6.2006, n. 3578). In questo secondo caso, cui è sicuramente da ricondursi la fattispecie in esame, la mera conoscenza dell’inizio dei lavori non può essere sufficiente a far decorrere il termine di impugnazione, in quanto la mera installazione del cantiere non fornisce alcuna informazione sul contenuto specifico del progetto edilizio assentito, atta a farne immediatamente percepire l’effetto concretamente lesivo per gli interessati terzi.
Sul punto la giurisprudenza amministrativa è granitica nel ritenere che la piena conoscenza, per i proprietari dei fondi vicini, si realizza soltanto con l’ultimazione dei lavori, o almeno con il completamento dell’involucro esterno della costruzione, o quando la costruzione riveli in modo inequivoco le essenziali caratteristiche dell’opera: cfr., C.d.S., sez. IV, 11.4.2007, n. 1654 e 18.6.2009, n. 4015; sez. V, 5.2.2007, n. 452; sez. V, 11.4.1995, n. 587; sez. V, 13.2.1996, n. 194; sez. V, 2.4.1991, n. 375.
I principi giurisprudenziali ricordati sono pienamente applicabili al caso in esame, non avendo i controinteressati fornito una dimostrazione rigorosa dell’anteriorità della conoscenza da parte dei ricorrenti del concreto contenuto della concessione impugnata rispetto alla data del 15.12.2009 in cui, in sede di accesso agli atti, gli istanti hanno formalmente conosciuto quanto era stato autorizzato dall’Amministrazione comunale.
3a.Il ricorso, pur tempestivo, è tuttavia infondato nel merito.
3b. Con i primi due motivi – che in ragione della loro connessione possono essere trattati congiuntamente – i ricorrenti denunciano eccesso e sviamento di potere, atteso che l’impugnata concessione di edificare sarebbe stata richiesta, e quindi rilasciata, prospettando una situazione di fatto non corrispondente a quella reale: ciò, in quanto gli otto stalli di sosta rappresentati nelle "planimetrie stato attuale" sulla p.f. 2143/9 (parcheggi numerati da 7 a 14), già autorizzati con la concessione edilizia in deroga rilasciata nel 1989, non sarebbero mai stati realizzati ed in luogo degli stessi sarebbero stati abusivamente eretti una tettoia e locali (lavanderia e sala giochi) a servizio dell’albergo (cfr., fotografie da n. 4 a n. 8 – documenti n. 6 in atti depositati in data 18.3.2010). Il rilascio della nuova concessione edilizia avrebbe, dunque, surrettiziamente consentito la demolizione delle strutture illegittimamente realizzate senza la preventiva verifica del loro carattere abusivo.
3c. I due mezzi sono inammissibili per carenza di interesse e per tardività.
In punto di fatto, occorre innanzitutto precisare che, con la memoria depositata in data 3 febbraio 2011, i ricorrenti hanno comunicato che i manufatti abusi che erano stati realizzati in luogo degli otto stalli di sosta non esistono più, atteso che l’Albergo Miravalle, "subito dopo la proposizione del ricorso e le richieste di chiarimento del Comune di Coredo, ha demolito, senza che oggi se ne possa più rinvenire traccia".
In punto di diritto, deve aggiungersi che per l’individuazione della posizione legittimante del terzo rispetto al rilascio di un nuovo titolo edilizio, la giurisprudenza ha valorizzato il criterio della cosiddetta vicinitas, in base alla quale si riconosce la sussistenza di una posizione di interesse differenziata per il fatto stesso che il terzo si trovi in una situazione di stabile collegamento con la zona interessata dalla costruzione (cfr., da ultimo, C.d.S., sez. IV, 4.5.2010, n. 2565). Tale principio di carattere generale trova però una limitazione con riguardo alla situazione dello stato dei luoghi emergente in ogni caso di specie, atteso che, quale requisito che deve necessariamente accompagnare la vicinitas, non può non avere rilievo la verifica dell’esistenza di un positivo pregiudizio. Il che, in concreto, postula che, per effetto della realizzazione della costruzione di cui si lamenta, la situazione, anche urbanistica, dei luoghi assuma caratteristiche tali da configurare una pregiudizievole alterazione del preesistente assetto edilizio ed urbanistico che il ricorrente intende invece conservare (cfr., in termini, C.d.S., sez. V, 28.6.2004, n. 4790).
3d. Nel caso in esame, i ricorrenti non contestano affatto la legittimità degli spazi a parcheggio individuati sulla p.f. 2143/9 sia con la concessione n. 56/89 che con l’impugnata concessione n. 42/2009; essi lamentano invece che, medio tempore, in luogo degli stalli di sosta sarebbero stati realizzati manufatti abusivi, successivamente demoliti.
Ebbene, atteso che nell’area pertinenziale de qua erano stati a suo tempo assentiti otto stalli di sosta (da n. 7 a n. 14) e che con il provvedimento in esame quell’utilizzo è stato confermato, peraltro riducendo gli stalli a tre (n. da 7 a n. 9), per il profilo dedotto non sussiste alcun interesse in capo agli istanti a contestare il novello titolo edilizio, il quale non reca alcuna alterazione peggiorativa del preesistente assetto della zona, il quale risulta oggettivamente migliorato sia sotto il profilo urbanistico che sotto l’aspetto estetico – ambientale: infatti, in luogo degli otto stalli a suo tempo autorizzati ne vengono realizzati solo tre.
3e. In definitiva, con riguardo alle risultanze documentali, alla situazione della zona e ai primi due motivi di doglianza, il requisito della vicinitas non risulta nella specie accompagnato dalla necessaria condizione dell’esistenza di un pregiudizio, diretto e attuale, all’interesse dei ricorrenti.
Quanto, poi, al fatto che, medio tempore, in luogo dei parcheggi siano stati realizzati alcuni manufatti assertivamente abusivi, non può non rilevarsi che la sussistenza degli stessi non è stata tempestivamente denunciata dagli odierni istanti; che gli asseriti abusi sono stati successivamente eliminati (per cui la nuova situazione di fatto determina comunque una sopravvenuta carenza di interesse a coltivare le relative doglianze); che, in definitiva, l’impugnazione del nuovo titolo edilizio non può tornare utile al fine di contestare mere situazioni di fatto pregresse e la cui portata eventualmente lesiva si è ormai definitivamente esaurita.
4a. Con il terzo motivo i ricorrenti sostengono che i lavori assentiti sarebbero incompatibili con la servitù altius non tollendi tavolarmente esistente a favore della porzione materiale di loro proprietà, per effetto della quale sarebbe vietata la costruzione di terrazze oltre il livello del pavimento del primo piano.
4b. Il mezzo è infondato.
Dalle copie del Libro fondiario prodotte in giudizio emerge infatti che l’invocata servitù non è iscritta sulla p.f. 2143/11 (area prevalentemente interessata dalla realizzazione del nuovo terrapieno) ma sulla sola p.ed. 366, edificio; che essa risulta posta a carico della p.m. 2 (di proprietà del sig. V. R.) e a favore della p.m. 1 (di proprietà dei ricorrenti); che nel foglio C, degli aggravi, è così decritta "altius non tollendi, nel caso che l’eventuale costruzione di una terrazza non potrà essere innalzata oltre il livello del pavimento del primo piano né potrà sorpassare la larghezza di metri cinque del muro della casa". Inoltre, il prodotto piano di divisione materiale dell’edificio (doc. n. 9 in atti di parte resistente), dà conto dell’effettiva consistenza delle due porzioni materiali, evidenziando anche che il deposito attrezzi, con soprastante terrazza, realizzato sulla p.f. 2143/11 è di esclusiva proprietà della p.m. 2 e che solo la parte consortile delle due porzioni si affaccia sull’andito appartenente alla p.m. 2.
Né rileva che la concessione n. 42/09 in esame autorizzi la realizzazione di parcheggi su detto andito della p.m. 2 della p.ed. 366, situato a nord – est della stessa, e che anche tale parte dell’edificio sia gravata dalla menzionata servitù altius non tollendi.
4c. Pur comprendendo il movente dei ricorrenti che sul lato nord – ovest della loro proprietà vedono sostituita la vista dell’ameno declivio prativo preesistente con quella di un parcheggio, occorre osservare che l’invocato aggravio tavolare vieta la realizzazione di una "terrazza" a servizio della p.m. 2 da intendersi quale superficie aperta ancorata all’edificio e circondata da una balaustra / parapetto. Il visto divieto di costruire una terrazza non può pertanto essere esteso anche alla realizzazione sul terreno limitrofo (la p.f. 2143/11) di un terrapieno sorretto da un muro di contenimento, e nemmeno all’utilizzo come parcheggio del cortile della p.m. 2 previo il suo omogeneo livellamento (cfr., fotografie n. 9 e n. 10 in atti di parte ricorrente).
Il terzo mezzo deve essere pertanto disatteso.
5a. Anche il quarto mezzo non merita peraltro miglior sorte, essendo infondata in diritto la denunciata violazione delle distanze tra il muro di contenimento del terrapieno artificiale, l’edificio e il confine della proprietà dei ricorrenti.
5b. Il terrapieno è stato infatti elevato "mediante la realizzazione di strutture di contenimento … costituite da massi di grosse dimensioni (scogliere) che permettono di non impiegare alcun componente cementizio o altro materiale artificiale", come si legge nella relazione illustrativa del progetto. Dall’allegata documentazione di progetto, ed anche fotografica, versata in atti da entrambe le parti, si evince chiaramente che il terrapieno è stato costruito mediante l’accumulo di terreno di riporto sul preesistente declivio prativo per realizzare la nuova zona pianeggiante destinata a parcheggio e contenuta – sia verso via Moncher che verso l’edificio dei ricorrenti – da due scogliere artificiali in sassi sulle quali è prevista la collocazione di una siepe sempreverde (cfr., planimetrie – stato nuovo – sezioni: 1 – 1 e 6 – 6).
5c. Il nuovo muro eretto a m. 3,00 dal lato nord – ovest dell’edificio di proprietà dei ricorrenti (cfr., ultima planimetria in atti dei ricorrenti, sezione: 6 – 6), deve dunque definirsi (non come sostenuto dagli istanti un "muro a secco di recinzione", bensì) una "scogliera di contenimento di un terrapieno artificialmente creato dall’uomo", fattispecie puntualmente disciplinata dall’art. 74, comma 5, del regolamento edilizio comunale, versato in atti.
I successivi commi 6 e 7 dell’articolo 74 disciplinano differentemente, in base all’altezza, le distanze minime che devono essere rispettare per detta tipologia muraria rispetto ai fabbricati e ai confini. In particolare, per le scogliere di contenimento di origine artificiale di altezza superiore a m. 1,50 – quale è il caso in esame – è stabilito che debbano essere realizzate a m. 3,00 dai fabbricati mentre, rispetto al confine di proprietà, la distanza è variabile in relazione all’altezza complessiva del manufatto che, in ogni caso, deve essere contenuto "dall’inclinata di 45° con l’orizzontale passante per la quota del terreno naturale in corrispondenza del confine di proprietà".
L’apparente antinomia, invocata dai ricorrenti, della riportata disposizione con le norme generali sulle distanze delle costruzioni dai confini contenute nelle n.t.a. del piano regolatore, deve essere risolta in base al criterio ermeneutico della specialità (e quindi della prevalenza) della riportata disposizione relativa alle scogliere.
5d. La planimetria quotata, sezioni: A – A e B – B del documento n. 22 prodotto dai controinteressati, non contestato in giudizio, evidenzia che la scogliera di contenimento è stata progettata alla distanza di m. 3,00 dall’edificio e che, per altezza, risulta inscritta (cioè al di sotto) nella linea inclinata di 45° con origine dalla intersezione della quota del terreno, sia naturale che di progetto, con il confine della proprietà degli istanti.
La contestata scogliera di contenimento è dunque rispettosa della speciale norma regolamentare comunale.
6. Con l’ultimo motivo si lamenta che negli elaborati progettuali della concessione impugnata non sarebbero state rappresentate le dimensioni di una porzione di muro di confine esistente tra le pp.ff. 2143/9 e 2143/11, in quanto necessarie, a dire dei ricorrenti, "per valutare il rispetto degli standard distanziometrici … rispetto ai confini di proprietà".
La censura è inammissibile per difetto di interesse, atteso che tale muro di confine, nella sua parte più alta, separa fisicamente il cortile dell’Albergo Miravalle dal terreno del sig. V. R. e non ricade nella proprietà dei sig.ri Z..
È dunque evidente il difetto di un interesse concreto ed attuale a censurare la mancata rappresentazione del muro su alcune delle tavole di progetto, a parte restando che dagli atti prodotti non risulta che detta struttura sia interessata da alcuna opera di progetto e nemmeno che venga sormontata dalla sommità della nuova scogliera (cfr., fotografie n. 4 e n. 5 allegate alla documentazione di parte ricorrente e n. 14 e n. 15 allegate alla relazione tecnica Cristofolini).
7. In conclusione, per le considerazioni sopra esposte, il ricorso deve essere respinto.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento (Sezione Unica)
definitivamente pronunciando sul ricorso n. 58 del 2010, lo respinge.
Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio a favore dei controinteressati T. R. e società Albergo Miravalle, che liquida complessivamente in 2.000,00 (duemila), (di cui 1.600,00 per onorari ed 400,00 per diritti), oltre ad I.V.A. e C.P.N.A. ed al 12,5% sull’importo degli onorari e dei diritti a titolo di spese generali.
Così deciso in Trento nella camera di consiglio del giorno 24 febbraio 2011 con l’intervento dei magistrati:
Armando Pozzi, Presidente
Lorenzo Stevanato, Consigliere
Alma Chiettini, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 22 MAR. 2011.