L.D. otteneva dal pretore di Torino decreto ingiuntivo contro il condominio di via (OMISSIS) per il pagamento di L. 14.042.004 a titolo di corrispettivo dovutogli per le prestazioni svolte quale amministratore condominiale.
Il condominio proponeva opposizione assumendo non dovute le somme pretese dalllopposto il cui conto non era stato approvato dalllassemblea condominiale.
Il L. si costituiva chiedendo il rigetto delllopposizione.
Con sentenza 6/2/2002 il tribunale di Torino (subentrato al pretore) accoglieva parzialmente llopposizione e condannava llopponente a pagare alllopposto L. 5.812.566.
Avverso la detta sentenza il condominio proponeva appello al quale resisteva il L..
Con sentenza 26/1/2004 la corte di appello di Torino, in riforma delllimpugnata pronuncia, revocava il decreto opposto e rigettava ogni ulteriore domanda delle parti. La corte di merito osservava: che llamministratore del condominio era legittimato passivo in relazione a tutte le domande proposte nei confronti del condominio per cui, destinatario del decreto ingiuntivo, era legittimato sia a proporre opposizione sia a proporre appello anche in difetto di autorizzazione assembleare; che llamministratore, privo di detta autorizzazione, non poteva peroo chiedere la condanna del L. alla restituzione di somme indebitamente percepite; che era infondata lleccezione delllappellato di proposizione di domande nuove in appello da parte del condominio e di genericitaa dei motivi di appello; che la prima eccezione era stata genericamente formulata senza la specifica indicazione delle asserite domande nuove; che la seconda eccezione non era fondata giacchee llatto di appello conteneva specifiche censure alla ricostruzione contabile effettuata dal c.t.u. e recepita integralmente dal tribunale; che le contestazioni al riguardo mosse dalllappellante erano chiare, ben individuate e concernevano la valutazione giuridica, la prova e il relativo onere con riferimento alla poste contabili accolte; che secondo llappellato llassemblea condominiale aveva approvato il riparto della gestione riscaldamento 1996/1997, il consuntivo gestione e il rendiconto; che in atti non si trovava alcuna prova di tale approvazione per cui llesame delle poste contabili era legittimo; che il L., in quanto attore che asseriva di essere in credito, aveva llonere di provare tale suo credito; che, come risultava dalllesame della c.t.u. e dei documenti prodotti, il L. aveva ammesso di aver ricevuto dai condomini somme superiori a quelle calcolate dal c.t.u. per cui il credito delllappellato riconosciuto dal tribunale andava decurtato di L. 1.501.604; che la mancata approvazione del rendiconto del L. impediva di riconoscergli L. 308.550 accreditagli dal c.t.u. sulllerroneo presupposto di tale approvazione; che il L. aveva addebitato al condominio L. 9.877.388 a titolo di compenso per le prestazioni svolte quale amministratore; che il L. avrebbe dovuto provare in base a quale contratto con il condominio aveva chiesto i compensi risultanti dalla contabilitaa;
che, poichee tale prova mancava ed il condominio aveva contestato in toto di dovere alcunchee, non era possibile riconoscere alcun compenso mancando una domanda di determinazione del compenso stesso da parte delllamministratore; che pertanto le poste da portare in detrazione dal credito riconosciuto alllappellato nella sentenza impugnata superavano il credito stesso; che tuttavia non era possibile accogliere la domanda di condanna del L. al pagamento di quanto risultante a suo debito; che andava pronunciata la revoca del decreto ingiuntivo opposto e la condanna del L. alla restituzione della somma di L. 17.000.000 (Euro 8.779,786), percepita in virtuu della concessa provvisoria esecutivitaa del decreto ingiuntivo, oltre interessi legali dalla data della percezione di tale somma; che di conseguenza era infondato llappello incidentale del L. volto ad ottenere la conferma del decreto ingiuntivo opposto.
La cassazione della sentenza della corte di appello di Torino ee stata chiesta da L.D. con ricorso affidato a due motivi. Il condominio ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale sorretto da due motivi.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso principale e quello incidentale vanno riuniti a norma delllarticolo 335 c.p.c..
Con il primo motivo del ricorso principale il L. denuncia violazione degli artt. 1130 e 1131 c.c. deducendo che llassemblea del condominio di via (OMISSIS) non ha mai sollevato le obiezioni che sono state mosse da entrambi gli amministratori che si sono succeduti nella controversia in esame. LLamministratore era legittimato a proporre opposizione al decreto ingiuntivo dovendo peroo limitarsi a svolgere difese e domande in relazione al decreto e non – come avvenuto – a proporre domande riconvenzionali senza llautorizzazione assembleare. La corte di appello non ha valutato tale aspetto della controversia. Nel caso di specie va considerata come riconvenzionale la domanda – non autorizzata dal condominio – di accertamento dei rapporti debito – credito e di risarcimento danni per llasserita pessima amministrazione.
Il motivo ee infondato posto che, come non contestato dal ricorrente, llamministratore del condominio ben poteva senza essere a tanto autorizzato dalllassemblea condominiale – proporre opposizione avverso il decreto ingiuntivo chiesto ed ottenuto dal L. nei confronti del condominio per asseriti crediti vantati nei confronti di questtultimo. Infatti, poichee llopponente a decreto ingiuntivo ha la posizione processuale di convenuto e cosii legittimato passivo rispetto alla pretesa azionata con il ricorso monitorio, llamministratore di un condominio che proceda a siffatta opposizione non ha necessitaa della autorizzazione delllassemblea condominiale a termini delllart. 1131 c.c., comma 2.
Cioo premesso va segnalato che nella specie nel proporre opposizione e nelllarticolare le difese – ritenute ammissibili dai giudici del merito in quanto non eccedenti i poteri concessigli dalllassemblea condominiale – llamministratore del condominio altro non ha fatto che contestare la sussistenza del diritto di credito fatto valere dalllopposto eccependo la mancanza di valide prove a sostegno di tale asserito credito e llerroneitaa dei conteggi sviluppati dal L. anche per il mancato calcolo di somme versate alllamministratore dai condomini.
Si tratta di difese rientranti tutte nelllambito del potere spettante alllamministratore di proporre opposizione a decreto ingiuntivo e che la corte di appello – in quanto ammissibili e pertinenti – era tenuta ad esaminare nel merito. Le altre istanze e richieste formulate dalllamministratore volte ad ottenere la condanna del L. alla restituzione delle somme percepite in eccedenza o indebitamente percepite correttamente sono state ritenute inammissibili dalla corte di appello e in relazione a tali richieste ee evidente la carenza di interesse del ricorrente principale ad una pronuncia di inammissibilitaa giaa ottenuta.
Con il secondo motivo il ricorrente principale denuncia violazione degli artt. 342, 345 e 112 c.p.c. sostenendo che le doglianze del condominio in sede di appello sono inammissibili per genericitaa non emergendo da esse la violazione commessa dal primo giudice in rapporto allloggetto del contendere. Nessun capo della sentenza del tribunale ee stato censurato con sufficiente specificazione.
Incombeva alllappellante llonere di precisare il vizio giuridico ravvisabile nella sentenza impugnata: tale vizio non ee stato dedotto e non vi ee stata alcuna argomentazione specifica in proposito. Le contestazioni alla c.t.u. sono state mosse dalla controparte per la prima volta solo nella memoria di replica in primo grado per cui inammissibilmente sono state riproposte nei motivi di appello. La corte di merito ha omesso ogni decisione in merito essendosi limitata a rilevare che llatto di appello conteneva specifiche censure alla ricostruzione contabile effettuata dal c.t.u. senza tener conto che dette censure erano state mosse tardivamente in primo grado e che il condominio avrebbe dovuto eccepire i vizi della sentenza impugnata e non della c.t.u. Peraltro la corte di appello doveva rilevare la modifica delle conclusioni assunte in secondo grado da quelle precisate in primo grado. Cioo in particolare in relazione ai compensi spettanti ad esso L. in relazione ai quali il condominio in primo grado non aveva messo in discussione il "quantum": esso ricorrente, quindi, non doveva provare alcunchee in merito alllentitaa del compenso o sul fatto che dovesse ricevere quei compensi. EE palese la violazione commessa dalla corte di appello anche con riferimento alla pronuncia di condanna alle restituzioni che si pone in contrasto con quanto affermato dalla stessa corte con riferimento ai poteri delllamministratore.
Tutte le censure mosse con il motivo in esame non sono meritevoli di accoglimento.
In relazione alla denunciata violazione delllart. 342 c.p.c. – circa llasserita inammissibilitaa delllatto di appello proposto dal condominio in quanto privo di specifici motivi di gravame – occorre richiamare i principi piuu volte affermati da questa Corte secondo cui il requisito della specificitaa dei motivi di appello, prescritto dalllart. 342 c.p.c. non puoo essere definito in via generale e assoluta, ma deve essere correlato alla motivazione della sentenza impugnata, nel senso che la manifestazione volitiva delllappellante deve essere formulata in modo da consentire ddindividuare con chiarezza le statuizioni investite dal gravame e le specifiche critiche indirizzate alla motivazione, e deve quindi contenere llindicazione, sia pure in forma succinta, degli "errores" attribuiti alla sentenza censurata, i quali vanno correlati alla motivazione di questa ultima e quindi devono essere piuu o meno articolati, a seconda della maggiore o minore specificitaa nel caso concreto di quella motivazione. Inoltre llindicazione dei motivi di appello richiesta dalllart. 342 c.p.c. non deve necessariamente consistere in una rigorosa e formalistica enunciazione delle ragioni invocate a sostegno delllappello, richiedendosi invece soltanto una esposizione chiara ed univoca, anche se sommaria, sia della domanda rivolta al giudice del gravame sia delle ragioni della doglianza, alllinterno della quale i motivi di gravame, dovendo essere idonei a contrastare la motivazione della sentenza impugnata, devono essere piuu o meno articolati, a seconda della maggiore o minore specificitaa nel caso concreto di quella motivazione, potendo sostanziarsi pure nelle stesse argomentazioni addotte a suffragio della domanda disattesa dal primo giudice (tra le tante, sentenze 5/5/2009 n. 10356; 24/8/2007 n. 17960).
Va aggiunto che llonere della specificazione dei motivi ddimpugnativa a norma delllart. 342 c.p.c. ha la duplice funzione di delimitare llambito della cognizione del giudice ddappello e di consentire il puntuale e ragionato esame delle critiche mosse alla decisione impugnata, ed ee assolto se llatto di appello contiene articolate ragioni di doglianza su punti specifici della pronuncia oggetto del gravame.
Nella specie dalllesame degli atti di causa e, in particolare, delllatto di opposizione a decreto ingiuntivo, della sentenza di primo grado e delllatto di appello come articolato dal condominio – attivitaa consentita in questa sede di legittimitaa attesa la natura (in procedendo) del vizio denunciato – emerge chiaramente llinsussistenza della censura relativa alla genericitaa dei motivi di appello.
LLappellante con llatto di gravame ha prima analiticamente esposto i fatti di causa – precisando le tesi difensive esposte nelllatto di opposizione al decreto ingiuntivo e le eccezioni sollevate a sostegno delllasserita insussistenza del diritto di credito vantato dalllopposto L. – ed ha poi riportato i motivi posti a base della impugnata decisione del tribunale e basati quasi esclusivamente sulla relazione del c.t.u. In proposito llappellante ha riportato di aver in primo grado – con la comparsa conclusionale e con la memoria di replica – sottoposto a critiche la relazione peritale esponendo adeguatamente le ragioni di tali critiche. Il condominio ha poi specificamente chiesto alla corte di appello di procedere a riesaminare le risultanze di causa con particolare riferimento alla relazione del consulente. LLappellante ha puntualmente illustrato le ragioni delle critiche mosse alla decisione di primo grado, sii da consentire al giudice del gravame di individuare con chiarezza le doglianze dedotte e di stabilire llambito del "devolutum" con la specificazione delle questioni da riesaminare.
EE palese quindi la ravvisabilitaa nella specie del requisito della specificitaa dei motivi di appello richiesto dalllart. 342 c.p.c. con riferimento alle argomentazioni sviluppate nella sentenza di primo grado e poste a sostegno della decisione impugnata.
Del resto dalla motivazione della sentenza di secondo grado risulta che la corte di appello ee stata in grado di enucleare e di vagliare le doglianze mosse dalllappellante dando ad esse adeguata risposta.
Per quanto riguarda poi la denunciata violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c. ee appena il caso di rilevare sia che il condominio con llatto di appello non ha proposto domande inammissibili in quanto nuove e non consentite, sia che la corte di appello non ha affrontato e risolto questioni non prospettate dalle parti.
Anche in relazione a tali punti va fatto riferimento al contenuto di atti processuali (atto di opposizione a decreto ingiuntivo, sentenza di primo grado, atto di appello) dalla cui consentita lettura risulta llinfondatezza delle censure in esame.
Con llatto di opposizione il condominio sostenne ed eccepii espressamente che:
a) il L. doveva provare "voce per voce" la veridicitaa del suo bilancio ed il saldo risultante "dal confronto con le somme incassate";
b) le somme chieste dalllopposto non erano "nee certe, nee liquide" e mancava la prova scritta;
c) il L., pur se sollecitato piuu volte, non aveva "fornito idonea giustificazione fiscale di varie prestazioni professionali effettuate";
d) dal bilancio risultavano "compensi alllamministratore non preventivamente deliberati dalllassemblea";
e) vi erano errori per difetto nei versamenti di vari condomini".
Le stesse tesi difensive e le stesse eccezioni risultano essere state puntualmente riproposte e ribadite dal condominio nelllatto di appello e sono state esaminate e valutate dal giudice di secondo grado il quale, quindi, con la sentenza impugnata non ee andato al di laa dei motivi di gravame e non ha posto a base della sentenza impugnata questioni non prospettate dalle parti e rilevate di ufficio.
Con riferimento infine alla pronuncia contenuta nella motivazione della sentenza impugnata, relativa alla condanna del L. alla restituzione delle somme ricevute in esecuzione del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, va rilevato che, come ee principio pacifico nella giurisprudenza di legittimitaa, la richiesta di restituzione delle somme, corrisposte in esecuzione della sentenza di primo grado appellata (o del decreto ingiuntivo), in considerazione della natura soltanto provvisoria della esecuzione ed essendo conseguente alla richiesta di modifica della decisione impugnata oltre che conforme al principio di economia del giudizio non alterando i termini della controversia, non costituisce domanda nuova ed ee percioo ammissibile in appello.
In applicazione dei detti principi, che vanno condivisi, va ritenuta ineccepibile la decisione della corte territoriale di esaminare nel merito la domanda – formulata dal condominio nelllatto di gravame – volta ad ottenere la restituzione delle somme versate in esecuzione del decreto ingiuntivo opposto e provvisoriamente esecutivo.
Con il primo motivo del ricorso incidentale il condominio denuncia violazione delllart. 112 c.p.c. deducendo che la domanda riconvenzionale proposta da esso condominio ee stata rigettata con pronuncia, quindi, di merito suscettibile di passaggio in giudicato.
La detta domanda, peroo, non ee stata esaminata nel merito ma solo sotto il profilo della proponibilitaa per cui non doveva essere rigettata ma dichiarata inammissibile.
Con il secondo motivo il ricorrente incidentale denuncia violazione delllart. 112 c.p.c. sostenendo che la corte di appello – pur dando atto che nelle more del giudizio di primo grado era intervenuto un pagamento che a seguito della sentenza rimenava senza titolo – non ha pronunciato la condanna alla restituzione pur se richiesta: cioo malgrado la positiva motivazione.
La Corte rileva llinfondatezza delle dette censure che possono essere esaminate congiuntamente per la loro stretta connessione riguardando entrambe llasserita violazione della stessa norma (llart. 112 c.p.c.) ed essendo entrambe frutto di una non attenta lettura e di una non corretta interpretazione della sentenza impugnata.
In relazione alla prima censura va innanzitutto evidenziato che, come ee noto, nelllordinario giudizio di cognizione, llesatto contenuto della pronuncia va individuato non alla stregua del solo dispositivo, bensii integrando questo con la motivazione nella parte in cui la medesima rivela lleffettiva volontaa del giudice. Ne consegue che, in assenza di un vero e proprio contrasto tra dispositivo e motivazione, ee da ritenere prevalente la statuizione contenuta in una di tali parti del provvedimento che va, quindi, interpretato in base alllunica statuizione che, in realtaa, esso contiene.
Nella specie llerrore commesso dalla corte di appello nel dispositivo della sentenza impugnata e nel rigettare "ogni altra domanda delle parti" non impedisce di comprendere appieno llesatto contenuto della pronuncia. Dalla motivazione della detta sentenza si desume con assoluta chiarezza e senza possibilitaa di equivoci che il giudice di secondo grado ha ritenuto inammissibile in quanto priva della necessaria autorizzazione delllassemblea condominiale e non infondata la richiesta avanzata dalllamministratore del condominio volta ad ottenere la condanna del L. alla restituzione di somme "indebitamente percepite" (pagina 7 sentenza impugnata).
In proposito va richiamato il principio affermato da Corte con la sentenza 9/5/2007 n. 10637 secondo cui sussiste un contrasto tra motivazione e dispositivo che da luogo alla nullitaa della sentenza solo se ed in quanto esso incida sulla idoneitaa del provvedimento, considerato complessivamente nella totalitaa delle sue componenti testuali, a rendere conoscibile il contenuto della statuizione giudiziale. Sicchee tale ipotesi non ee ravvisabile nel caso in cui il contrasto sia imputabile ad una mera improprietaa terminologica che non impedisce di comprendere lleffettiva portata precettiva della decisione (nella specie, il giudice ddappello aveva ritenuto sussistere unnipotesi di acquiescenza alla sentenza di primo grado e, nel dispositivo, anzichee dichiarare improcedibile llappello, llaveva rigettato).
In relazione al secondo motivo del ricorso incidentale ee sufficiente rilevare che la corte di appello, al contrario di quanto sostenuto dal condominio, nella motivazione della sentenza impugnata (alla pagina 10) ha espressamente condannato il L. "alla restituzione delle somme percepite in virtuu della concessa provvisoria esecutivitaa del decreto ingiuntivo" indicando specificamente la somma da restituire "con gli interessi legali dalla data del ricevuto pagamento allleffettiva restituzione". A nulla rileva per i motivi sopra esposti in relazione alllinterpretazione ed alla individuazione della portata precettiva della sentenza – che la detta pronuncia di condanna non ee stata ripetuta e riportata nel dispositivo della sentenza impugnata.
In definitiva devono essere rigettati sia il ricorso principale che quello incidentale.
Le spese del giudizio di cassazione vanno interamente compensate tra le parti stante la reciproca soccombenza.

P.Q.M.
LA CORTE riunisce i ricorsi e li rigetta; compensa per intero tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 6 maggio 2010.
Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2010