Con ricorso notificato il 30 gennaio 2008 al Comune di Genova, all’A.s.l. n. 3 Genovese e alla controinteressata società So.Ti. Ba. S.a.s. e depositato in data 13 febbraio 2008 i ricorrenti, nella qualità di proprietari di appartamenti siti in Genova omissis, hanno impugnato, chiedendone l’annullamento, il provvedimento del Comune di Genova 20 luglio 2007 n. 542 avente ad oggetto permesso di costruire inerente interventi per il risanamento della copertura di spazia pertinenziali facenti parte del locale commerciale contraddistinto con i civici omissis, il provvedimento 31 agosto 2006 n. 1302 di rilascio del titolo abilitativo in sanatoria ai sensi dell’art. 32 d.l. 269/2003, il parere dell’A.s.l. n. 3 Genovese 23 luglio 2007 n. prot. 127420; le note del Comune di Genova 18 gennaio 2007 n. 521529, 24 gennaio 2007 n. 529028 e 11 giugno 2007 n. 702775.
Avverso i provvedimenti impugnati i ricorrenti deducevano i seguenti motivi:
1) violazione dell’art. 3 d.p.r. 380/01, violazione degli artt. 29, 39, 45, 62 e 63 BB delle n.t.a. del P.u.c. del Comune di Genova, eccesso di potere per difetto dei presupposti, manifesto travisamento dei fatti e carenza di istruttoria, in quanto il provvedimento impugnato si fonderebbe sull’erroneo presupposto che il provvedimento di condono 31 agosto 2006 n. 1302 (peraltro impugnato con il presente gravame) avesse sanato un ampliamento volumetrico, laddove invece tale provvedimento avrebbe sanato esclusivamente la realizzazione di alcune tettoie poste nel distacco tra il condominio dei ricorrenti e l’edificio ove la società controinteressata svolge la propria attività; di conseguenza, non trovando il proprio titolo nel provvedimento di condono l’aumento volumetrico realizzato per il tramite dell’intervento assentito sarebbe in contrasto con le n.t.a. del Puc di Genova rubricate, che non consentono nella sottozona BB (ove è ubicato l’immobile) l’incremento di volume se non per il tramite del recupero di superficie abitabile derivante da interventi di demolizione;
2) violazione dell’art. 3 d.p.r. 380/2001 violazione degli artt. 29, 39, 45, 62 e 63 BB delle n.t.a. del P.u.c. del Comune di Genova, eccesso di potere per difetto dei presupposti, manifesto travisamento dei fatti e carenza di istruttoria, in quanto il progetto assentito prevede la realizzazione di due vani chiusi destinati ad ospitare ciascuno una cella frigorifera; tali vani che non potrebbero in alcun modo essere considerati "vani tecnici", essendo inerenti allo svolgimento di attività produttive, non sarebbero stati ricompresi che in minima parte nel provvedimento di condono, con la conseguenza che gli stessi si qualificherebbero come nuovi volumi non ammessi dalle rubricate norme tecniche del Puc di Genova;
3) violazione degli artt. 11, 20 e 23 d.p.r. 380/01, eccesso di potere per carenza di istruttoria, eccesso di potere per travisamento dei fatti, eccesso di potere per carenza di legittimazione e di titolo alla presentazione dell’istanza, violazione dell’art. 97 Costituzione, violazione degli artt. 1120 e 1102 codice civile, in quanto l’intervento assentito prevede l’appoggio delle travi di sostegno della realizzanda soletta in cemento armato sulla parete del condominio dei ricorrenti senza che sia stato chiesto ed ottenuto il consenso del condominio;
4) eccesso di potere per perplessità, violazione dell’art. 1 della l. 7.8.1990 n. 241, violazione del principio di tipicità degli atti amministrativi, violazione dell’art. 18 della l.r. 24 marzo 1999 n. 9, in quanto, pur avendo l’amministrazione attivato il procedimento di cui all’art. 18 l.r. 9/99 ed avendo convocato la conferenza di servizi istruttoria il procedimento è stato concluso unilateralmente dall’amministrazione senza convocazione della conferenza di servizi decisoria come imposto dalla norma rubricata;
5) eccesso di potere per difetto di presupposto, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e di motivazione, in quanto il progetto assentito prevederebbe la copertura di una superficie pari a ml. 1,90 x 5,21 che non sarebbe stata interessata dal precedente provvedimento di condono;
6) violazione degli artt. 5 e 20 d.p.r. 380/01, eccesso di potere per difetto di presupposti e carenza di parere obbligatorio, in quanto, pur non ricorrendo un’ipotesi in cui è possibile utilizzare l’autocertificazione ai sensi delle norme rubricate il parere di competenza dell’A.s.l. n. 3 genovese sarebbe intervenuto successivamente al rilascio del titolo abilitativo con conseguente illegittimità dello stesso non essendo ammessa ex post la sanatoria della funzione consultiva;
7) violazione dell’art. 32 comma 26 d.l. 30.9.2003 n. 269, violazione dell’art. 31 l. 47/1985, eccesso di potere per difetto dei presupposti e travisamento dei fatti, in quanto il provvedimento 31 agosto 2006 n. 1302 di rilascio del titolo abilitativo in sanatoria ai sensi dell’art. 32 d.l. 269/2003 sarebbe stato emesso in relazione ad opere non ancora ultimate;
8) violazione degli artt. 1 e 3 l. 241/90, eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, in quanto sarebbe mancata qualsiasi attività istruttoria, di cui risulti traccia in motivazione, sulla data di ultimazione delle opere;
9) violazione dell’art. 4 d.p.r. 380/01, violazione del regolamento edilizio comunale, eccesso di potere per difetto di istruttoria, in quanto il provvedimento di condono sarebbe stato emesso in difetto di parere della Commissione edilizia comunale. I ricorrenti concludevano per l’accoglimento del ricorso e l’annullamento dei provvedimenti impugnati con vittoria delle spese di giudizio. Veniva formulata anche domanda risarcitoria.
Si costituivano in giudizio il Comune di Genova e la controinteressata.
Con atto notificato in data 9 novembre 2009 i ricorrenti impugnavano, con motivi aggiunti, il titolo abilitativo di cui al provvedimento del Comune di Genova 20 luglio 2007 n. 542 come modificato a seguito della variante operata ex art. 25, comma 2, l.r. 16/08 con dichiarazione del tecnico abilitato depositata in data 2 luglio 2009; della nota del Comune di Genova in data 8 luglio 2009, deducendo:
1) invalidità derivata dall’illegittimità del permesso di costruire 20 luglio 2007 n. 542;
2) violazione dell’art. 49 dello statuto della regione Liguria, violazione degli artt. 25 e 37 l.r. 16/08, violazione dell’art. 11 disp. prel. c.c., violazione del principio tempus regit actum, eccesso di potere per contraddittorietà e difetto di istruttoria, in quanto le difformità oggetto di dichiarazione ex art. 25 l.r. 16/08 (come risulta dal sopralluogo effettuato dai tecnici comunali in data 17 aprile 2008), essendo state realizzate ben prima dell’entrata in vigore della l.r. 16/08 non potevano formare oggetto di dichiarazione;
3) violazione degli artt. 25 e 37 l.r. 16/08, eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti, eccesso di potere per contraddittorietà e difetto di presupposti, in quanto la possibilità di applicare il meccanismo previsto dall’art. 25 l.r. 16/08 sarebbe nella specie esclusa in quanto le difformità in questione determinerebbero una variazione in aumento della volumetria e della sagoma del manufatto assentito,
4) violazione dell’art. 27 d.p.r. 380/01, violazione dell’art. 40 l.r. 16/08, violazione degli artt. 53, 64 e 65 del regolamento edilizio del Comune di Genova, eccesso di potere per difetto di presupposto e contraddittorietà manifesta, in quanto il Comune, una volta accertate le difformità rispetto al titolo edilizio rilasciato avrebbe dovuto emettere un provvedimento ripristinatorio e non consentire alla società controinteressata di usufruire della possibilità prevista dall’art. 25 l.r. 16/08.
All’udienza pubblica dell’8 aprile 2010 il ricorso è passato in decisione

DIRITTO
Il ricorso in esame è rivolto avverso il provvedimento del Comune di Genova 20 luglio 2007 n. 542 avente ad oggetto permesso di costruire inerente interventi per il risanamento della copertura di spazi pertinenziali facenti parte del locale commerciale contraddistinto con i civici omissis, il provvedimento 31 agosto 2006 n. 1302 di rilascio del titolo abilitativo in sanatoria ai sensi dell’art. 32 d.l. 269/2003; il titolo abilitativo di cui al provvedimento del Comune di Genova 20 luglio 2007 n. 542 come modificato a seguito della variante operata ex art. 25, comma 2, l.r. 16/08 con dichiarazione del tecnico abilitato depositata in data 2 luglio 2009; della nota del Comune di Genova in data 8 luglio 2009 nonché avverso i relativi atti procedimentali e presupposti.
È necessario tratteggiare sinteticamente la situazione di fatto da cui trae origine il presente contenzioso.
La società controinteressata è titolare dei locali situati al piano terra dell’edificio situato in Genova, omissis e contrassegnati con i numeri civici omissis Tra i locali in questione e il corpo principale del condominio di omissis esiste (esisteva fino alla realizzazione degli interventi edilizi per cui è causa) un distacco di proprietà esclusiva della controinteressata. La vicenda riguarda la progressiva copertura del distacco in questione da parte della contro interessata motivata dall’esigenza di svolgere in maniera più agevole la propria attività commerciale.
Agli atti di causa è rinvenibile un primo provvedimento di condono 21 settembre 1993 n. 12725 avente ad oggetto il mantenimento della costruzione di un locale in muratura suddiviso in due ambienti nel distacco retrostante e oggetto di concessione precaria n. 5595 nonché realizzazione di una tettoia in lamiera e servizio igienico in muratura nel distacco retrostante i civv. 47 e 43 r della stessa via (si cfr. sub doc. n. 7 delle produzioni della contro interessata 18 marzo 2010).
Successivamente con il provvedimento 31 agosto 2006 n. 1302 è stato rilasciato il titolo edilizio in sanatoria ai sensi dell’art. 32 d.l. 269/03 per il mantenimento di opere abusive eseguite in omissis consistenti nell’ampliamento di superficie e di volume realizzato nel cortile retrostante l’unità immobiliare adibita ad attività commerciale e costituito da telai in metallo posti ad altezze diverse e con manti di coperture in onduline, lamiera grecata e telo a volta. L’entità delle opere assentite in sanatoria è bene percepibile esaminando la documentazione allegata al provvedimento di condono. In particolare si tratta dell’area tratteggiata in grigio (si cfr. sub doc. n. 3 delle produzioni della controinteressata 18 marzo 2010).
In questo modo, confrontando i due provvedimenti di condono si evidenzia come la contro interessata abbia praticamente coperto l’intero distacco retrostante i civici 43r, 45r e 47r, residuando scoperta solo una piccola porzione (individuabile sulla pianta allegata al titolo 31 agosto 2006 n. 1302 dallo spazio bianco in cui è inscritto il numero 100).
Con il titolo edilizio 20 luglio 2007 n. 542, impugnato in principalità la controinteressata ha risistemato la situazione esistente mediante la realizzazione di una copertura in cemento armato della intera superficie del distacco in questione (si cfr. tavola n. 2 – stato di progetto – allegata al tiolo edilizio 20 luglio 2007 n. 542 sub doc. n. 1 delle produzioni della controinteressata 18 marzo 2010). In particolare l’esigua porzione ancora non coperta è stata trasformata in locali tecnici cella frigo, individuabile sulla pianta dello stato di progetto in quanto contrassegnate per le misure 304 e 190.
Precisata la situazione di fatto occorre esaminare la tempestività del gravame. La sezione ha recentemente ribadito l’indirizzo giurisprudenziale a mente del quale dall’acquisita conoscenza del contenuto essenziale della concessione in sanatoria di opere preesistenti e ultimate decorre il termine di gravame (cfr., Cons. St., sez. VI, 27 dicembre 2007 n. 6674; Id. sez. V, 21 dicembre 2004 n. 8147 TAR Liguria, I 23 dicembre 2009 n. 3895).
Infatti le opere edilizie oggetto di sanatoria, come realizzate e definite, già sussistono in rerum natura nell’entità materiale e funzionale ritenuta lesiva della posizione giuridica qualificata del terzo confinante. Sicché la piena conoscenza, ai fini dell’individuazione del dies a quo di decorrenza del termine d’impugnazione della sanatoria, s’avvera nel momento in cui si abbia notizia del contenuto essenziale del titolo.
Vale a dire che non è affatto estensibile il criterio che governa l’impugnazione del permesso di costruire ancorato all’ultimazione (c.d. al rustico) delle opere: là gli interventi, non ancora iniziati o in fieri, non consentono d’avere completa contezza dell’effettiva entità di quello che in forza del rilascio del titolo edilizio si va a realizzare, sicché il terzo non è in grado di percepire ictu oculi, fino alla materiale realizzazione dei tratti strutturali salienti delle opere autorizzate, la concreta lesività (scaturente dall’esecuzione) del permesso di costruire.
Viceversa, qui le opere sono ultimate e ben individuate, sicché il nocumento lamentato dal terzo confinante è concreto ed attuale e, il rilascio del titolo in sanatoria, a situazione materiale già definita, produce unicamente effetto sul piano giuridico, regolarizzando la res abusiva.
In definitiva, non ricorre la medesima esigenza di tutela del terzo che associa ai fini dell’individuazione del termine d’impugnazione effetto giuridico ed effetto materiale (che sortisce dall’esecuzione) del permesso di costruire, in modo tale che finché questi non percepisca in concreto la lesività non inizia a decorrere il termine d’impugnazione.
Viceversa, uno solo è l’effetto prodotto dall’accertamento di conformità, quello giuridico della sanatoria: la conoscenza (degli estremi essenziali) dell’atto autoesecutivo, in ragione di quell’unico effetto prodotto che non ha alcun riflesso sul piano esecutivo-materiale, è pertanto ex se piena ai sensi dell’art. 21, comma1, l. n. 1034/71, tale da consentire di percepirne la sua immediata lesività e quindi, cognita causa, di proporre il relativo gravame.
Ciò posto la controinteressata non ha dimostrato la piena conoscenza, da parte dei ricorrenti, dei provvedimenti impugnati e segnatamente quello di condono edilizio 31 agosto 2006 n. 1302 in data anteriore alla proposizione del gravame.
La controinteressata produce bensì verbale di assemblea condominiale 17 ottobre 2007 nel quale la società So.Ti. Ba. S.a.s. "si rende disponibile fornire a tempi brevi la documentazione progettuale ed esecutiva inerente i lavori" e, tuttavia, non risulta la comunicazione di tale documentazione all’assemblea o ai condomini. I provvedimenti impugnati vengono poi menzionati nella relazione trasmessa, in data 24 gennaio 2008, all’amministratore del condominio dal tecnico incaricato della verifica degli interventi operati dalla controinteressata (si cfr. sub doc. ti nn. 12 e 13 delle produzioni di della contro interessata 18 marzo 2010).
Orbene, poiché il gravame è stato notificato in data 30 gennaio 2008, e non risultando, altrimenti, la conoscenza dei provvedimenti impugnati da parte dei ricorrenti lo stesso deve ritenersi tempestivo.
Devono essere esaminate preliminarmente le censure dedotte avverso il provvedimento di condono 31 agosto 2006 n. 1302.
Si deduce (motivo n. 7) violazione dell’art. 32, comma 26, d.l. 30.9.2003 n. 269, violazione dell’art. 31 l. 47/1985, eccesso di potere per difetto dei presupposti e travisamento dei fatti, in quanto il provvedimento 31 agosto 2006 n. 1302 di rilascio del titolo abilitativo in sanatoria ai sensi dell’art. 32 d.l. 269/2003 sarebbe stato rilasciato in relazione ad opere non ancora ultimate.
Il motivo è infondato.
L’art. 31, comma 2, l. 47/1985 prevede che "si intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura, ovvero, quanto alle opere interne agli edifici già esistenti e a quelle non destinate alla residenza, quando esse siano state completate funzionalmente"
La norma in questione, per quanto riguarda le opere interne e quelle non destinate alla residenza, non esclude il criterio del completamento delle opere ma introduce un altro criterio sussidiario "il completamento funzionale" per anticipare la data di ultimazione delle opere stesse ai fini dell’ammissione a condono. In questo modo un’opera che non sia ancora completata può tuttavia essere ritenuta tale dal punto di vista funzionale e ammessa a condono. La funzione dell’opere deve poi essere esaminata caso per caso. Nel caso di specie le opere consistenti nella posa di tettoie con coperture in onduline lamiera grecata e telo a volta appaiono dalle fotografie allegate alla domanda di condono già completate strutturalmente. Peraltro neppure può ritenersi che le stesse siano finalizzate all’esercizio dell’attività di macelleria essendo piuttosto e più propriamente destinate ad attività serventi a quest’ultima quale deposito, ovvero lavorazione della carne, ecc., onde non è possibile affermare che le stesse non fossero state completate funzionalmente alla data del 31 marzo 2003. Peraltro i ricorrenti non forniscono nessun elemento dal quale inferire la non veridicità di quanto affermato nella domanda di condono in ordine alla ultimazione delle opere. Si deduce poi (motivo n. 8) violazione degli artt. 1 e 3 l. 241/90, eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, in quanto, sarebbe mancata qualsiasi attività istruttoria, di cui risulti traccia in motivazione, sulla data di ultimazione delle opere.
Il motivo è infondato.
Si è già dato conto dell’infondatezza del precedente motivo relativo al termine di ultimazione delle opere oggetto di condono. Alla luce di quanto sopra deve escludersi la fondatezza del presente motivo dal momento che l’Amministrazione non aveva l’obbligo di farsi carico di una particolare istruttoria in ordine alla data di ultimazione delle opere non emergendo ictu oculi elementi tali da ingenerare il sospetto che la domanda di condono relativamente alla data di ultimazione delle opere fosse inveritiera.
Si deduce ancora (motivo n. 9) violazione dell’art. 4 d.p.r. 380/01, violazione del regolamento edilizio comunale, eccesso di potere per difetto di istruttoria, in quanto il provvedimento di condono sarebbe stato emesso in difetto di parere della Commissione edilizia comunale.
Sul punto la sezione ha recentemente espresso l’avviso secondo cui:considerata la specialità del procedimento di condono edilizio rispetto all’ordinario procedimento di rilascio della concessione edilizia e l’assenza di una specifica previsione in ordine alla sua necessità, per il rilascio della concessione in sanatoria il parere della Commissione edilizia non è obbligatorio; pertanto, il parere della Commissione edilizia, espressamente richiesto nell’ambito del procedimento di rilascio delle concessioni edilizie ordinarie, non è necessario nel caso di procedimento di rilascio delle concessioni nell’ambito del condono, in quanto trattasi di procedimento che ha una propria, autonoma e completa disciplina, nell’ambito della quale non è prescritto il parere della commissione edilizia; pertanto, non potendosi aggravare, in via di interpretazione, gli oneri procedurali in difetto di espressa previsione normativa, ai fini del rilascio delle concessioni edilizie in sanatoria il detto parere non è obbligatorio, ma al più facoltativo (Tar Liguria I, 27 gennaio 2009 n. 120).
Ne consegue l’infondatezza del motivo.
Occorre a questo punto esaminare le censure dedotte avverso il permesso di costruire 20 luglio 2007 n. 542.
Con il primo motivo si deduce violazione dell’art. 3 d.p.r. 380/01, violazione degli artt. 29, 39, 45, 62 e 63 BB delle n.t.a. del P.u.c. del Comune di Genova, eccesso di potere per difetto dei presupposti, travisamento dei fatti e carenza di istruttoria, in quanto il provvedimento impugnato si fonderebbe sull’erroneo presupposto che il provvedimento di condono 31 agosto 2006 n. 1302 (peraltro impugnato con il presente gravame) avesse sanato un ampliamento volumetrico, laddove invece tale provvedimento avrebbe sanato esclusivamente la realizzazione di alcune tettoie poste nel distacco tra il condominio dei ricorrenti e l’edificio ove la società contro interessata svolge la propria attività; di conseguenza non trovando il proprio titolo nel provvedimento di condono l’aumento volumetrico realizzato per il tramite dell’intervento assentito sarebbe in contrasto con le n.t.a. del Puc di Genova rubricate, che non consentono nella sottozona BB (ove è ubicato l’immobile) l’incremento di volume se non per il tramite del recupero di superficie abitabile derivante a da interventi di demolizione.
Il motivo è infondato.
Deve, infatti, rilevarsi come il titolo edilizio in sanatoria 31 agosto 2006 n. 1302 abbia sanato l’ampliamento di superficie e di volume realizzato a mezzo della copertura mediante tettoie di varia foggia il distacco posto sul retro dell’esercizio commerciale di cui era titolare la società So.Ti. Ba. S.a.s. onde viene meno il presupposto per inferire la dedotta illegittimità.
Deve essere esaminato il motivo n. 2 con cui si deduce violazione dell’art. 3 d.p.r. 380/2001 violazione degli artt. 29, 39, 45, 62 e 63 BB delle n.t.a. del P.u.c. del Comune di Genova, eccesso di potere per difetto dei presupposti, manifesto travisamento dei fatti e carenza di istruttoria, in quanto il progetto assentito prevede la realizzazione di due vani chiusi destinati ad ospitare ciascuno una cella frigorifera; tali vani che non potrebbero in alcun modo essere considerati "vani tecnici", essendo inerenti allo svolgimento di attività produttive, non sarebbero stati ricompresi che in minima parte nel provvedimento di condono, con la conseguenza che gli stessi si qualificherebbero come nuovi volumi non ammessi dalle rubricate norme tecniche del Puc di Genova.
La controinteressata eccepisce in primo luogo che le celle frigorifere costituirebbero in realtà strutture simili ad armadiature che non sarebbero suscettibili di avere prodotto un incremento della superficie agibile. In secondo luogo si sostiene che la cella frigorifera non integrerebbe gli estremi della nuova costruzione atteso che è di dimensioni minime è solamente posata al suolo e non soddisfa esigenze di permanenza delle persone.
Da un primo punto di vista occorre rilevare come la giurisprudenza richieda anche per la posizione di celle frigo la concessione edilizia (oggi permesso di costruire) (Cass. pen. III, 23 giugno 1987).
Ma, anche a prescindere dalla considerazione di cui sopra, occorre rilevare come sia il progetto originario sia la variante ex art. 25 l. r. 16/08 qualifichino espressamente la porzione in questione come locale tecnico. Orbene l’espressione locale tecnico indica chiaramente una ben precisa tipologia edilizia. Tale tipologia edilizia non è all’evidenza quella della cella frigo. La locuzione in questione rimanda immediatamente alla circolare del ministero dei lavori pubblici 3 gennaio 1973 n. 2474 che detta indicazioni in materia di volumi tecnici. Quindi il locale tecnico è, in primo luogo, un locale, un volume; che poi tale locale possa ospitare anche una cella frigo è circostanza che non muta la sua natura. E che i locali in questione, poi ridotti ad uno con la variante ex art. 25 comma 2 l.r. 16/08, costituiscano veri e propri volumi può inferirsi dalla tavola n. V1 allegata alla variante ex art. 25 comma 2 l.r. 16/08 (si cfr. sub doc. n 5 delle produzioni 18 marzo 2010 della controinteressata). Si deve, infatti, notare come il locale in questione sia tratteggiato con lo stesso tratteggio utilizzato per indicare le opere in muratura. Pertanto nel caso di specie è stato realizzato un volume, poi ricondotto (erroneamente come si vedrà) alla categoria dei volumi tecnici, e lo stesso è stato occupato dalla cella frigorifera. Tutto ciò depone nel senso dell’illegittimità in parte qua del titolo edilizio. Invero una volta accertato che nel caso di specie si è realizzato un volume, non compreso se non in minima parte nel volume oggetto di condono edilizio (provvedimento 31 agosto 2006 n. 1302), occorre verificare se tale volume, realizzato ex novo, sia ammesso o meno dalla normativa del Puc . L’art. 29 della n.t.a del puc di Genova stabilisce che: "ai fini del computo della S.A. si definiscono locali tecnici tutti i locali funzionali a ospitare esclusivamente impianti di servizio del fabbricato o di reti tecnologiche, quali riscaldamento, illuminazione, acqua potabile, condizionamento, raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani con esclusione di quelli adibiti ad attività produttive". Pertanto, essendo destinato ad attività produttive, il suddetto locale non gode della esenzione di cui all’art. 29 della n.t.a. del puc di Genova.
In conclusione il volume in questione non è stato condonato dal provvedimento 31 agosto 2006 n. 1302 e non rientra nell’esenzione stabilita per i locali tecnici. Lo stesso pertanto è assoggettato al divieto di cui all’art. 6 BB7 punto 1.2. secondo cui la nuova costruzione è "consentita, limitatamente alla realizzazione di edifici compatibili, esclusivamente per effetto di recupero di S.A., derivante da contestuali o anticipati interventi di demolizione".
Con il terzo motivo si deduce violazione degli artt. 11, 20 e 23 d.p.r. 380/01, eccesso di potere per carenza di istruttoria, eccesso di potere per travisamento dei fatti, eccesso di potere per carenza di legittimazione e di titolo alla presentazione dell’istanza, violazione dell’art. 97 Costituzione, violazione degli artt. 1120 e 1102 codice civile, in quanto l’intervento assentito prevede l’appoggio delle travi di sostegno della realizzanda soletta in cemento armato sulla parete del condominio dei ricorrenti senza che sia stato chiesto ed ottenuto il consenso del condominio.
Il motivo è infondato.
Deve premettersi che la società contro interessata è condomina dello stabile di Genova via Certosa n. 4 B. Deve, altresì, rilevarsi come l’intervento non sia "tale da pregiudicare la stabilità o la sicurezza locale e globale del paramento murario" (si cfr. relazione ing. De Martino 24 gennaio 2008 pag. 7 sub doc. n. 13 delle produzioni della controinteressata 18 marzo 2010).
Appare, quindi, applicabile alla fattispecie l’insegnamento giurisprudenziale, condiviso anche dalla sezione secondo cui non è necessario richiedere il previo assenso del condominio interessato ovvero degli altri condomini in caso di realizzazione di un’opera da parte di un singolo sulle parti comuni di un edificio se l’opera medesima sia strettamente pertinenziale alla sua unità immobiliare (TAR Liguria, I 24 gennaio 2002 n. 63). In questa sede quindi si deve escludere la censurabilità della condotta dell’amministrazione che ha omesso di verificare la legittimazione della controinteressata a richiedere il titolo edilizio.
Con il quarto motivo si deduce eccesso di potere per perplessità, violazione dell’art. 1 della l. 7.8.1990 n. 241, violazione del principio di tipicità degli atti amministrativi, violazione dell’art. 18 della l.r. 24 marzo 1999 n. 9, in quanto, pur avendo l’amministrazione attivato il procedimento di cui all’art. 18 l.r. 9/99 ed avendo convocato la conferenza di servizi istruttoria, il procedimento è stato concluso unilateralmente dall’amministrazione senza convocazione della conferenza di servizi decisoria come imposto dalla norma rubricata.
Il motivo è infondato.
Il provvedimento impugnato spiega come non si sia proceduto alla convocazione della conferenza di servizi decisoria "in quanto a seguito di istruttoria sono pervenuti presso lo Sportello unico per le imprese i pareri, le autorizzazioni e le altre forme di assenso comunque denominate, contenenti valutazioni dell’iniziativa espresse da tutti i Soggetti che partecipano al procedimento, tali da consentire la formalizzazione del presente provvedimento abilitativo edilizio".
La conferenza di servizi in sede decisoria non è stata convocata in quanto lo scopo della conferenza di servizi, quello di acquisire l’assenso di tutti i soggetti variamente coinvolti dal procedimento, era già stato conseguito. Pertanto, avuto riguardo alla natura di modulo procedimentale della conferenza di servizi non sussiste l’illegittimità dedotta. E anzi la circostanza che l’amministrazione non abbia convocato la conferenza di servizi appare maggiormente garantista per gli interessi pubblici coinvolti atteso che l’omissione della conferenza di servizi presuppone l’unanimità dei consensi mentre la conferenza di servizi delibera a maggioranza.
Con il quinto motivo si deduce eccesso di potere per difetto di presupposto, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e di motivazione, in quanto il progetto assentito prevederebbe la copertura di una superficie pari a ml. 1,90 x 5, 21 che non sarebbe stata interessata dal precedente provvedimento di condono.
Il motivo è fondato.
Il provvedimento di condono 31 agosto 2006 n. 1302 ha sanato solo l’aumento di volume derivante dalla realizzazione di alcune tettoie. L’ampiezza del volume condonato risulta chiaramente dalla pianta allegata alla domanda di condono. In particolare si tratta dell’area tratteggiata in grigio (si cfr. sub doc. n. 3 delle produzioni di della contro interessata 18 marzo 2010, si cfr. altresì tav. n. 1 allegata alla richiesta di permesso di costruire 20 luglio 2007 n. 542 sub doc.n. 1 delle produzioni della controinteressata). Come è agevole notare tale area non copre la porzione che era stata oggetto del precedente condono 21 settembre 1993 n. 12725, si tratta in particolare della realizzazione di una tettoia in lamiera nel distacco retrostante i civv. 47 e 43 r della stessa via (si cfr. sub doc. n. 7 delle produzioni di della contro interessata 18 marzo 2010). Orbene, poiché il provvedimento di condono 21 settembre 1993 n. 12725 non sanava la realizzazione di un volume ma semplicemente la posa di un tettoia, per questa parte il provvedimento si appalesa illegittimo. Da notare che nella tavola n. 1 – stato di fatto – allegata alla richiesta di permesso di costruire 20 luglio 2007 n. 542 l’area in questione risulta tramezzata come se la stessa costituisse già volume. Tale rappresentazione non corrisponde alla realtà giuridica non esistendo alcun provvedimento versato in atti che abbia sanato il volume in questione.
Con il sesto motivo si deduce violazione degli artt. 5 e 20 d.p.r. 380/01, eccesso di potere per difetto di presupposti e carenza di parere obbligatorio, in quanto, pur non ricorrendo un’ipotesi in cui è possibile utilizzare l’autocertificazione ai sensi delle norme rubricate il parere di competenza dell’A.s.l. n. 3 genovese sarebbe intervenuto successivamente al rilascio del titolo abilitativo con conseguente illegittimità dello stesso non essendo ammessa ex post la sanatoria della funzione consultiva.
Il motivo è infondato.
La società contro interessata ha autocertificato la conformità dell’intervento alle norme igienico sanitarie (si cfr. sub doc. n. 9 delle produzioni del Comune di Genova 18 marzo 2010).
L’art. 17, comma 1, della l.r. 24 marzo 1999 n. 9 consente di ricorrere all’autocertificazione, attestante la conformità del progetto alla vigente disciplina territoriale ed urbanistico-edilizia, alla normativa vigente in materia di sicurezza degli impianti, di tutela sanitaria, di tutela ambientale, per la realizzazione, la ristrutturazione, l’ampliamento, la cessazione, la riattivazione, la localizzazione, la rilocalizzazione e la riconversione di impianti produttivi.
Attesa la legittimità, alla luce della normativa regionale, del ricorso all’autocertificazione, appare irrilevante la circostanza che il parere dell’Asl n. 3 Genovese, peraltro positivo, sia intervenuto successivamente alla conclusione del procedimento.
Con i motivi aggiunti i ricorrenti impugnano la dichiarazione di variante presentata dalla contro interessata ai sensi dell’art. 25, comma 2, l.r. 16/08, chiedendo altresì l’accertamento dell’inesistenza delle condizioni per l’applicazione della norma in questione.
Sul punto il Collegio ritiene che il meccanismo delineato dall’art. 25, comma 2, l.r. 16/08 configuri una variante del titolo edilizio soggetta a mera attestazione in sede di dichiarazione di ultimazione dei lavori. Orbene, trattandosi di una variante ad un titolo edilizio già rilasciato, il regime impugnatorio deve ritenersi quello proprio del provvedimento originario di cui costituisce variante onde oggetto dell’impugnativa è il titolo edilizio originario come modificato dalla attestazione di variante.
Ciò posto, si appalesa fondato il primo motivo nella parte in cui la variante ripete l’illegittimità del precedente permesso di costruire 20 luglio 2007 n. 542 come evidenziato poc’anzi.
Il secondo motivo aggiunto, con cui si deduce violazione dell’art. 49 dello statuto della regione Liguria, violazione degli artt. 25 e 37 l.r. 16/08, violazione dell’art. 11 disp. prel. c.c., violazione del principio tempus regit actum, eccesso di potere per contraddittorietà e difetto di istruttoria, in quanto le difformità oggetto di dichiarazione ex art. 25 l.r. 16/08 (come risulta dal sopralluogo effettuato dai tecnici comunali in data 17 aprile 2008), essendo state realizzate ben prima dell’entrata in vigore della l.r. 16/08 non potevano formare oggetto di dichiarazione, è infondato.
L’art. 25, comma 2, l.r. 16/08 prevede che la variante sia attestata dal professionista in sede di comunicazione di ultimazione dei lavori. Ne consegue che la previsione stessa si applica a tutte le ipotesi, indipendentemente dal momento della realizzazione, per le quali non sia già stata inviata la dichiarazione di ultimazione di lavori. Nel caso di specie la dichiarazione di ultimazione lavori è stata inviata in data 2 luglio 2009 successivamente all’entrata in vigore della l.r. 16/08.
Con il secondo motivo aggiunto si deduce violazione degli artt. 25 e 37 l.r. 16/08, eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti, eccesso di potere per contraddittorietà e difetto di presupposti, in quanto la possibilità di applicare il meccanismo previsto dall’art. 25 l.r. 16/08 sarebbe nella specie esclusa in quanto le difformità in questione determinerebbero una variazione in aumento della volumetria e della sagoma del manufatto assentito.
L’art. 25 l.r. 16/08 stabilisce: "1. Le varianti a progetti già assentiti con permesso di costruire o con DIA che incidano sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che modifichino le destinazioni d’uso, la sagoma, le caratteristiche tipologiche, formali e strutturali dell’edificio di cui all’articolo 83 e le eventuali prescrizioni contenute nel titolo originario devono essere autorizzate prima dell’inizio dei relativi lavori mediante rilascio del pertinente titolo abilitativo in relazione al tipo di intervento. 2.Le varianti in corso d’opera a permessi di costruire o a DIA che non comportino le modifiche di cui al comma 1 e, per quanto concerne gli spazi esterni agli edifici, non alterino le loro caratteristiche architettoniche essenziali, possono essere eseguite, senza applicazione di alcuna sanzione, purché attestate dal progettista o da un tecnico abilitato in sede di dichiarazione di ultimazione dei lavori di cui all’articolo 37, comma 4, lettera b) o di cui all’articolo 26, comma 10, fatta salva comunque la preventiva acquisizione delle autorizzazioni prescritte dalle disposizioni di cui al d.lgs. 42/2004 e successive modifiche. In tale fattispecie l’obbligo di presentazione della documentazione di regolarità contributiva di cui al d.lgs. 494/1996 e successive modifiche e integrazioni opera esclusivamente nel caso di mutamento dell’impresa esecutrice dei lavori".
Il motivo è fondato. L’assentibilità delle varianti ex art. 25, comma 2, l.r. 16/08 presuppone che le stesse non incidano, tra l’altro, sulle volumetrie. Nel caso di specie è la stessa contro interessata ad ammettere che vi è stata una modifica delle altezze della copertura. Tale elevazione della copertura non rilevando l’entità della stessa, esclude la possibilità di ricorrere alla semplice attestazione della variante ai sensi dell’art. 25, comma 2, l.r. 16/08.
Con il quarto motivo aggiunto si deduce violazione dell’art. 27 d.p.r. 380/01, violazione dell’art. 40 l.r. 16/08, violazione degli artt. 53, 64 e 65 del regolamento edilizio del Comune di Genova, eccesso di potere per difetto di presupposto e contraddittorietà manifesta, in quanto il Comune, una volta accertate le difformità rispetto al titolo edilizio rilasciato avrebbe dovuto emettere un provvedimento ripristinatorio e non consentire alla società contro interessata di usufruire della possibilità prevista dall’art. 25 l.r. 16/08.
Il motivo è inammissibile.
Da un lato, infatti, si censura il mancato esercizio di poteri repressivi. Tale inerzia avrebbe dovuto essere stigmatizzata mediante l’attivazione dell’apposito giudizio sul silenzio della p.a..
Dall’altro lato la nota 8 luglio 2009 con cui si invitava la contro interessata a sanare le difformità non sembra avere carattere provvedimentale atteso che non legittima, senz’altro, le difformità riscontrate, ma, invitando a presentare apposita dia, rinvia a quella sede per le valutazione (in particolare sull’ammissibilità di un aumento della volumetria alla luce della disiciplina della n.t.a. relative alla pertinente zona) sull’assentibilità o meno della difformità stesse.
In conclusione il ricorso si appalesa fondato avuto riguardo alle censure dedotte con i motivi n. 2 e 5 del ricorso originario ed alla censura n. 3 dedotta con i motivi aggiunti.
Il ricorso deve essere respinto nel resto.
La domanda risarcitoria deve essere respinta per difetto di prova del danno subito.
La soccombenza parziale giustifica la compensazione integrale delle spese di lite.

P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria, sezione prima, definitivamente pronunciando, accoglie, in parte e nei limiti di quanto espresso in motivazione, il ricorso epigrafe, lo respinge nel resto.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 8 aprile 2010 con l’intervento dei Signori:
Santo Balba, Presidente
Luca Morbelli, Primo Referendario, Estensore
Angelo Vitali, Primo Referendario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 06 MAG. 2010.