A. G., nella qualità di proprietaria di un appartamento sito al settimo piano dello stabile in Bari, sottostante ad altro appartamento di proprietà di tale C. A. cui accedevano due terrazzi a livello che costituivano il solaio in corrispondenza del proprio salone e della propria camera da letto, dopo aver dedotto la esistenza d fenomeni infiltrativi conseguenti alla scorretta realizzazione della impermeabilizzazione, ha agito nei confronti del
Condominio dello stabile per ottenere la rimozione dei vizi o, in via alternativa, il pagamento della somma necessaria, quantificata in lire 5.000.000 e il risarcimento del danno per il mancato utilizzo delle dette camere.
Il Condominio ha resistito eccependo il difetto di legittimazione passiva e la prescrizione del diritto e contestando il quantum della pretesa.
La domanda è fondata.
Quanto alla legittimazione passiva, l’assunto secondo cui l’attrice avrebbe dovuto avanzare la propria pretesa nei confronti del proprietario dell’appartamento sovrastante al suo, cui accedono le terrazze a livello da cui provenivano le denunciate infiltrazioni, è infondata.
E’ noto che il lastrico solare, come del resto le terrazze a livello, anche nell’ipotesi in cui vengano sfruttate esclusivamente da un determinato soggetto, conservano la funzione prioritaria di copertura dell’intero edificio. Si pone, pertanto, il problema di stabilire se la responsabilità per i danni da infiltrazioni provenienti dalla detta superficie debba ricadere sul proprietario esclusivo, sul condominio o su entrambi.
Nel caso in esame l’assunto della attrice, in ragione del quale deve individuarsi la legittimazione, è che queste ultime dipendano da un difetto di impermeabilizzazione, e, pertanto da un difetto delle strutture funzionali alla copertura dello stabile e non da un cattivo utilizzo del lastrico che, in quanto tale sarebbe imputabile esclusivamente al suo proprietario. Ciò posto, in passato, la questione in ordine alla responsabilità per tale ipotesi di danno è stata ampiamente dibattuta in dottrina e giurisprudenza; il contrasto creatosi, tuttavia, è stato risolto dalle sezioni unite della Cassazione che, con sentenza n. 3672/1997, ha precisato che del danno sono chiamati a rispondere tutti i condomini secondo le proporzioni di cui agli artt. 1126 c.c.. Sulla scorta di tale pronuncia, ci si è uniformata tutta la giurisprudenza successiva, la Cassazione ha, poi, escluso "la titolarità passiva" in capo al proprietario esclusivo del lastrico del diritto al risarcimento danni azionato dal proprietario dell’appartamento interessato dalle infiltrazioni, precisando che la relativa domanda va proposta nei confronti del Condominio in persona dell’amministratore, quale rappresentante di tutti i condomini obbligati, compreso il proprietario o titolare del diritto d’uso esclusivo del lastrico il quale può essere chiamato in giudizio a titolo personale soltanto ove frapponga impedimenti all’esecuzione dei lavori di manutenzione o ripristino, deliberata dagli altri obbligati, e al solo fine di sentirsi inibire comportamenti ostruzionistici od ordinare comportamenti di indispensabile cooperazione, non anche al fine di sentirsi dichiarare tenuto all’esecuzione diretta dei lavori medesimi (cfr. Cass. n. 10233/2002).
Non soltanto la domanda, per come impostata, è stata correttamente avanzata nei confronti del Condominio e non del proprietario del terrazzo a livello, ma la medesima è anche fondata nel merito avendo l’assunto della attrice trovato pieno riscontro nella consulenza in atti, la quale ha accertato che i fenomeni infiltrativi riscontrati, così come descritti già nella relazione di atp, erano riconducibili "a errata opera di impermeabilizzazione e coibentazione".
Accertati ali elementi costitutivi del diritto, appare infondata la eccezione di prescrizione sollevata dal Condominio convenuto sul solo assunto che era onere della attrice allegare e dimostrare che le infiltrazioni non si erano manifestate antecedentemente ai cinque anni. L’argomento, infatti, non appare condivisibile atteso che l’eccezione di prescrizione, in quanto eccezione in senso stretto, deve fondarsi su fatti allegati dalla parte che intenda avvalersene. Ne consegue che il debitore, ove eccepisca la prescrizione, ha l’onere di allegare e provare il fatto che, permettendo l’esercizio del diritto, determina l’inizio della decorrenza del termine.
Ciò detto, parte attrice – che in atto di citazione aveva agito in via principale per il risarcimento del danno in forma specifica con condanna del convenuto alla esecuzione di tutte le opere necessarie alla eliminazione dei vizi riscontrati, chiedendo solo in via subordinata il risarcimento del danno per equivalente – in sede di comparsa conclusionale ha insistito per detta ultima domanda.
Il consulente di ufficio sul punto nella relazione depositata il 7 agosto 2002 ha accertato, rimandando quanto alle opere necessarie alla tabella C di cui alla consulenza di parte attrice dell’ing. L., ma provvedendo a diversa quantificazione dei costi, che l’importo dei lavori ammonta ad euro 7257,94 comprensivo di Iva al 10%. Il Condominio convenuto va, pertanto condannato al risarcimento del danno nella misura indicata da ritenersi, in ragione di quanto accertato dal ctu, idonea a coprire tutte le spese necessarie per il completo ripristino delle zone ammalorate. Detta somma va rivalutata in quanto il debito da illecito aquiliano è debito di valore sicché tali effetti della svalutazione vanno addebitati all’obbligato in quanto nell’intervallo di tempo intercorrente fra il sorgere del credito e la sua liquidazione l’espressione monetaria del bene deteriorato è mutata sicché occorre adeguare la prestazione dovuta all’effettivo valore da reintegrare. Al danneggiato spettano anche gli interessi legali sulla somma non rivalutata giacché l’equivalente pecuniario soddisfa il credito per il bene perduto, ma non anche il godimento delle utilità che avrebbe potuto dare se fosse stato immediatamente rimpiazzato con una somma di danaro equivalente. Tale danno da ritardo consiste, pertanto, nei frutti della somma di danaro equivalente al valore del bene al momento del fatto. Inoltre, conformemente a quanto riconosciuto dalle Sezioni Unite della Cassazione (sent. n. 1712/95), al danneggiato spettano, ancora, gli interessi legali sugli importi annui della svalutazione dalla relativa maturazione Interessi e rivalutazione vanno corrisposti a decorrere dall’agosto 2003 cui risale la stima del ctu.
Va rigettata, invece, la ulteriore domanda di risarcimento del danno per mancato utilizzo dei vani dell’immobile interessati dal fenomeno infiltrativo non essendovi prova della effettiva totale inagibilità delle stanze né di alcuno specifico pregiudizio.
Le spese del giudizio, ivi comprese le spese di atp e ctu seguono la soccombenza

P.Q.M.
Definitivamente decidendo sulla domanda proposta da A. G. nei confronti del Condominio in Bari, con atto di citazione notificato il 07 marzo 2001 così provvede:
accoglie per quanto di ragione la domanda principale e, per l’effetto, condanna il Condominio convenuto al pagamento in favore dell’attore della somma di euro 7257,94 oltre rivalutazione ed interessi sul capitale non rivalutato dall’agosto 2003 e gli ulteriori interessi maturati sui singoli rate di rivalutazione per ogni anno successivo.
Condanna il Condominio convenuto a rifondere all’attore le spese di lite che si liquidano in complessivi euro 2308,77 (euro 208,77 spese euro 900,00 diritti euro 1200,00 onorario) oltre accessori di legge e tariffa.
Pone definitivamente a carico del convenuto le spese di atp e ctu, condannandolo a rifondere quanto pagato a tale titolo dall’attore.
Bari 26 aprile 2010
Giudice Rosanna Angarano