La Corte d’appello di Salerno, con decreto depositato il 22 dicembre 2003, in accoglimento dell’eccezione sollevata dal convenuto Ministero della giustizia, dichiarava inammissibile il ricorso proposto da C.C., allo scopo di ottenere l’equa riparazione ex L. n. 89 del 2001, in riferimento ad un giudizio di risarcimento danni definito con sentenza del Tribunale di Cosenza in data 24 settembre 2001.
La Corte territoriale osservava che quest’ultima sentenza era passata in giudicato l’8 novembre 2002, quindi, il termine di decadenza semestrale fissato dall’art. 4, legge n. 89 del 2001, era maturato, in quanto il ricorso era stato depositato il 9 ottobre 2003. Inoltre, il ricorrente non aveva provato di avere depositato ricorso in data 28 gennaio 2003 alla Corte d’appello di Catanzaro – territorialmente incompetente – e di avere notificato tale atto al convenuto.
Avverso detto decreto ha proposto ricorso C.C., affidato ad un motivo.
Questa Corte, all’udienza del 3 aprile 2006, disponeva la rinnovazione della notificazione del ricorso, siccome notificato al convenuto presso l’Avvocatura distrettuale di Salerno, fissando il termine di giorni 60 per l’adempimento; l’istante ha provveduto alla rinotificazione in data 26 aprile 2003.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- C.C., con un unico motivo, denuncia la nullità del decreto per violazione di norme processuali (art. 360 c.p.c., n. 4), deducendo che la sentenza che ha definito il giudizio presupposto, depositata il 24 settembre 2001, è passata in giudicato l’8 novembre 2002 e che, allo scopo di ottenere l’equa riparazione ex L. n. 89 del 2001, egli avrebbe depositato ricorso in data 28 gennaio 2003 presso la Corte d’appello di Catanzaro.
A suo avviso, siffatto adempimento avrebbe impedito il maturare della decadenza stabilita dall’art. 4 della succitata legge, nonostante che il relativo giudizio si sia concluso "con una cancellazione", in quanto la proposizione della domanda impedirebbe la decadenza, anche qualora l’azione sia proposta innanzi ad un giudice incompetente, purchè la causa sia tempestivamente riassunta davanti al giudice competente.
L’istante sostiene di avere prospettato questa tesi alla Corte salernitana nelle note difensive del 2 dicembre 2003 e le circostanza di fatto che la fondano avrebbero dovuto essere considerate provate, in quanto non contestate dal convenuto. Pertanto, il decreto impugnato avrebbe erroneamente ritenuto non provata la circostanza del valido e tempestivo deposito del ricorso. In ogni caso agli atti allegati "al fascicolo di parte del presente procedimento" vi sono:
a) il decreto della Corte d’appello di Catanzaro, di fissazione dell’udienza di discussione per il 1 aprile 2003 e, in calce al medesimo, vi è la richiesta di copia conforme del ricorso per uso notifica: b) copia del verbale di camera di consiglio del 1 aprile 2003, recante l’ordinanza di rinvio ex art. 181 c.p.c. per l’udienza del 15 aprile 2003.
2.- Il ricorso è infondato e va rigettato.
La L. n. 89 del 2001, art. 4, disciplina termini e condizioni di proponibilità della domanda diretta ad ottenere l’equa riparazione in riferimento alla durata irragionevole di un giudizio, stabilendo che "può essere proposta durante la pendenza del procedimento nel cui ambito la violazione si assume verificata, ovvero, a pena di decadenza, entro sei mesi dal momento in cui la decisione, che conclude il medesimo procedimento, è divenuta definitiva". La lettera della norma rende palese che il termine semestrale è di decadenza ed è stato fissato esclusivamente con riferimento alla data di instaurazione del giudizio, con la conseguenza che, affinchè possa ritenersi soddisfatta la condizione di proponibilità prevista dalla disposizione, è necessario e sufficiente che entro detto termine la parte abbia proposto la domanda, e cioè che il giudizio possa ritenersi pendente.
Allo scopo di stabilire la pendenza del giudizio, secondo un principio affermato da questa Corte e che va qui ribadito, nei procedimenti che si introducono con citazione occorre avere riguardo alla data della notificazione della citazione; nei procedimenti promossi con ricorso occorre, invece, avere riguardo alla data di deposito del ricorso nella cancelleria del giudice (Cass. n. 7433 del 2002; n. 404 del 2000; n. 4236 del 1996; n. 2081 del 1988), che realizza la editio actionis, in quanto è in questo momento che si instaura un rapporto tra due dei tre soggetti tra i quali si svolge il giudizio (Cass. Sez. Un., n. 5597 del 1992; cfr anche n. 7901 del 2003; Cass. n. 4543 del 2006).
Ancora secondo l’orientamento di questa Corte, al quale va data continuità, in virtù del principio, desumibile dall’art. 2966 c.c. quando l’atto richiesto per impedire una decadenza consista nell’esercizio di un’azione, la tempestiva proposizione della domanda giudiziale, ancorchè davanti a giudice incompetente, rappresenta un evento idoneo a detto scopo (Cass. n. 3473 del 2000), purchè la riassunzione della causa innanzi al giudice dichiarato competente avvenga in presenza dei presupposti e nell’osservanza delle condizioni che permettono di ritenere che il processo sia continuato, ai sensi dell’art. 50 c.p.c., davanti al nuovo giudice, mantenendo una struttura unitaria e, perciò, conservando tutti gli effetti sostanziali e processuali del giudizio svoltosi dinnanzi al giudice incompetente (Cass. n. 1241 del 1995), posto che al termine di decadenza non è possibile applicare le norme sull’interruzione della prescrizione (art. 2964 c.c.) e, in particolare, non trova applicazione l’art. 2945 c.c., comma 3 (in riferimento all’art. 2945 c.c.Cass. n. 18145 del 2002).
Dunque, la realizzazione di questo effetto richiede che la domanda sia stata proposta ad un giudice investito di giurisdizione, ma incompetente in ordine alla domanda in concreto a lui rivolta; che il giudice officiato si sia dichiarato incompetente; che il giudizio sia stato tempestivamente riassunto dinanzi al giudice competente, con atto che deve avere il contenuto prescritto dall’art. 125 disp. att. c.p.c., e cioè; il richiamo dell’atto introduttivo del giudizio (Cass. 18170 del 2004), il riferimento esplicito alla precedente fase processuale e la manifesta volontà di riattivare il processo già iniziato attraverso il ricongiungimento delle due fasi in uno stesso ed unico processo (Cass. n. 8752 del 1994), l’indicazione del provvedimento del giudice in base al quale è fatta la riassunzione (Cass. n. 2276 del 2001; n. 8124 del 2004), restando escluso che possa verificarsi l’effetto conservativo – anche ai fini dell’impedimento della decadenza – nel caso di estinzione dell’originario procedimento e di instaurazione di un nuovo procedimento (al riguardo cfr. Cass. n. 6717 del 1991).
Nella specie, difettano i presupposti perchè questo possa ritenersi realizzato, in quanto il ricorso alla Corte d’appello di Salerno – che può qui essere esaminato in considerazione della natura del vizio denunciato – manca dei requisiti stabiliti dall’art. 125 disp. att. c.p.c..
Invero, nel ricorso definito dal decreto non vi è il richiamo, dell’atto introduttivo del procedimento promosso davanti alla Corte d’appello di Catanzaro, al quale non è fatto alcun cenno. Inoltre, difetta ogni riferimento esplicito o implicito – alla precedente fase processuale; in alcun modo è dato desumere la volontà di riattivare il procedimento già iniziato attraverso il ricongiungimento delle due fasi in uno stesso ed unico procedimento e, infine, manca anche l’indicazione del provvedimento del giudice in base al quale sarebbe stata fatta la riassunzione.
Pertanto, in carenza della produzione del citato effetto conservativo, il provvedimento impugnato ha correttamente fatto riferimento alla data del passaggio in giudicato della sentenza del giudizio presupposto – che è incontestato essere quella dell’8 novembre 2002 – e, quindi, essendo stato depositato il ricorso innanzi alla Corte salernitana il 9 ottobre 2003, esattamente (benchè la motivazione vada integrata nei termini sopra indicati) ha ritenuto maturato il termine semestrale stabilito dalla L. n. 89 del 2001, art. 4, dichiarando l’atto inammissibile. Peraltro, alla luce di dette argomentazioni, è evidentemente ininfluente la considerazione della avvenuta proposizione del ricorso alla Corte di appello di Catanzaro, in quanto ciò è insufficiente a realizzare l’invocato effetto conservativo, in difetto dei requisiti necessari a detto fine nel secondo ricorso, quale sopra indicati. Tanto va rilevato indipendentemente da ogni considerazione in ordine alla rituale introduzione e coltivazione della domanda innanzi al giudice incompetente, al contenuto del provvedimento che sarebbe stato da questi reso, alla sua idoneità a fondare la produzione di detto effetto (nel ricorso neppure è indicato che l’atto fu notificato alla controparte) ed alla circostanza che la produzione del certificato della cancelleria della corte calabrese in data 9.2.04 è inammissibile. Si tratta infatti di documento non riconducibile tra quelli che possono essere depositati, per la prima volta, in questa fase ex art. 372 c.p.c., in quanto le ipotesi di nullità della sentenza che consentono, ai sensi di detta norma, la produzione di nuovi documenti in sede di giudizio di legittimità, sono limitate a quelle derivanti da vizi propri dell’atto per mancanza dei suoi requisiti essenziali di sostanza e di forma, e non si estendono a quelle originate, in via riflessa o mediata, da vizi del procedimento, quantunque idonei, in astratto, a spiegare effetti invalidanti sulla sentenza (Cass. n. 21140 del 2004; n. 3735 del 2004; n. 7863 del 1998).
In conclusione il ricorso va rigettato; non avendo l’intimato svolto attività difensiva non deve essere resa pronuncia sulle spese di questa fase.
 
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 21 settembre 2006.
Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2006