P.R. con ricorso ai sensi della L. n. 89 del 2001, con riferimento ad un contenzioso amministrativo riguardante la richiesta di annullamento della delibera n. 295/75 dell’Ospedale A. Cardarelli di Campobasso (con cui detto Ospedale aveva deciso di indire un pubblico concorso per la copertura di un posto di aiuto medico), contenzioso che ebbe inizio con ricorso straordinario al Capo dello Stato in data 28/2/1976, cui fecero seguito due distinti ricorsi al Tar Molise in data 29/5/1981 e 31/5/1982, e si concluse con parere del Consiglio di Stato in data 14/4/2003, chiedeva alla Corte d’Appello di Roma accertarsi la violazione dell’ art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, con condanna della Presidenza del Consiglio dei Ministri ad un equo indennizzo in suo favore, quantificato in Euro 36.000,00 per i danni morali subiti.
L’adita Corte territoriale di Roma, con il decreto in esame in data 20/11/2003, in parziale accoglimento del ricorso, condannava detta Presidenza alla somma di Euro 4.500,00, liquidando equitativamente il richiesto indennizzo e ritenendo il periodo di non ragionevole durata di anni 22. Ricorre per cassazione il P. con due motivi;
resiste con controricorso l’intimata Presidenza del Consiglio che a sua volta propone ricorso incidentale fondato su un unico motivo.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Ricorso principale:
con il primo motivo si deduce violazione della L. n. 89 del 2001, stante la non osservanza dei parametri della consolidata giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo in relazione all’ art. 6 CEDU, e relativo difetto di motivazione; in particolare si contesta che, in relazione ad un processo durato 27 anni, si è ritenuta la durata irragionevole per anni 22 con liquidazione di un indennizzo complessivo di Euro 4.500,00.
Si afferma che una volta accertata la violazione del termine ragionevole di durata del procedimento, in assenza di una obiettiva complessità del giudizio e di attività dilatorie delle parti processuali, come del resto espressamente chiarito dalla stessa Corte romana ove precisa "non emerge particolare e reiterato comportamento elusivo e defatigatorio della parte nel corso del procedimento", i giudici "capitolini non potevano non accogliere integralmente la richiesta di equa riparazione.
Con il secondo motivo si deduce violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 nonchè dell’artt. 2056 e 1226 c.c. e relativo difetto di motivazione, in relazione all’omessa equiparazione tra accertamento della violazione e risarcimento del danno, accertato equitativamente.
Ricorso incidentale con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione della L. 89 del 2001, art. 1 in quanto "il noto ristoro è stato dunque previsto per il solo caso in cui il giudizio a qua integri un vero e proprio processo e non, come nel caso di specie (ricorso straordinario al Presidente della Repubblica) quello che è unanimemente riguardato come un procedimento amministrativo, seppure di natura contenziosa.
A ragionare diversamente, anche il procedimento disciplinare, ove di irragionevole durata, potrebbe comportare diritto all’equo indennizzo di cui alla L. 89 del 2001, circostanza che è apparsa estranea alle reali intenzioni del legislatore che ha inteso sanzionare l’ingiustificato protrarsi di procedimenti di stretta natura giurisdizionale." Preliminarmente si riuniscono i ricorsi ai sensi dell’art. 335 c.p.c..
Fondato è quanto dedotto nell’unico motivo del ricorso principale, con conseguente assorbimento del ricorso principale.
Pienamente condivisibile, infatti, quanto sostenuto sia dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale (n. 282/2005), sia dalla giurisprudenza di questa Corte (S.U. n. 6075/88), secondo le quali, essendo il ricorso straordinario al Capo dello Stato un rimedio per assicurare la risoluzione non giurisdizionale di una controversia in sede amministrativa, deve escludersi che la decisione che conclude questo procedimento amministrativo di secondo grado abbia la natura o gli effetti degli atti di tipo giurisdizionale, per cui è escluso che la relativa pronuncia possa avere efficacia di giudicato.
Deve anche ricordarsi che la stessa Corte Costituzionale, nell’affermare la natura amministrativa del ricorso straordinario in questione, ha giudicato manifestamente infondata la questione di costituzionalità della normativa di cui al D.P.R. n. 1199 del 1971 (concernente appunto il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica) prospettata per violazione, tra l’altro, degli artt. 76 e 77 Cost., proprio sul rilievo che nonostante la peculiarità di tale ricorso esso è da ritenersi rientrante tra quelli amministrativi cui la legge di delegazione si riferiva (ordinanze nn. 301 e 56 del 2001 nonchè sentenza 298/86), ritenendo che il Consiglio di Stato, in sede di parere su ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, opera come organo non giurisdizionale ed è pertanto privo di legittimazione a sollevare questioni di legittimità costituzionale.
Non risultano vulnerati gli artt. 24 e 113 Cost., perchè la garanzia costituzionale da essi prevista si riferisce al diritto di agire nella sede giurisdizionale e non nella sede amministrativa del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.
Non è violato neppure l’art. 100 Cost. che individua nel Consiglio di Stato l’organo di consulenza giuridico-amministrativa e di tutela della giustizia dell’amministrazione essendo l’atto in esame del Consiglio di Stato espressione di una funzione consultiva.
Quanto esposto porta ad affermare che non è configurabile in relazione al processo in questione violazione della L. n. 89 del 2001, essendo il relativo indennizzo previsto soltanto per un processo comportante esercizio dell’attività giurisdizionale e non estensibile ad una procedura amministrativa sebbene di natura contenziosa.
Sussistono, quindi, i presupposti per applicare l’art. 382 c.p.c. e dichiarare che la domanda di indennizzo in questione non poteva essere originariamente proposta.
Ricorrono, infine, giusti motivi, data anche la particolare natura della controversia per dichiarare compensate dalle parti le spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi; accoglie il ricorso incidentale e dichiara assorbito il principale cassa l’impugnata sentenza e, ai sensi dell’art. 382 c.p.c. dichiara che la domanda non poteva essere proposta. Compensa spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, il 27 giugno 2006.
Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2006