Con ricorso del 15 maggio 2002 P.S. conveniva in giudizio dinanzi alla Corte d’Appello di Roma la Presidenza del Consiglio dei Ministri per sentirla condannare al pagamento della somma dovuta a titolo di equa riparazione per la non ragionevole durata del processo promosso dal defunto consorte dinanzi alla Corte dei Conti in data 22 marzo 1988 per il riconoscimento dell’assegno di superinvalidità, da lei riassunto il (OMISSIS) e definito con sentenza del 16 febbraio 2000.
Con Decreto del 2 febbraio/11 marzo 2004la corte accoglieva la domanda e, calcolato in cinque anni il periodo di ritardo, condannava l’Amministrazione convenuta al pagamento della somma di Euro 1.500,00 a titolo di indennizzo per il danno non patrimoniale derivante dalla non ragionevole durata del processo.
Contro il decreto ricorre per cassazione S.P. con quattro motivi.
Resiste con controricorso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente esaminato il quarto motivo di ricorso con il quale si denuncia la violazione dellaL. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2e degliartt. 456,462e565 cod. civ.in relazione al l’ art. 6, p. 1, della Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomoin relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3e si contesta l’affermazione posta a fondamento del Decreto impugnato secondo cui la durata del procedimento andrebbe commisurata alla sola fase di riassunzione ad opera della vedova del ricorrente.
La censura merita accoglimento poichè le Sezioni Unite, superando l’originario indirizzo restrittivo della giurisprudenza, hanno riconosciuto la legittimazione degli eredi alla proposizione della do manda di equo indennizzo per l’eccessiva durata del processo instaurato dal loro dante causa prima dell’entrata in vigore dellaL. n. 89 del 2001in base alla considerazione che il fatto costitutivo del diritto all’indennizzo attribuito dalla legge nazionale coincide con la violazione dell’ art. 6 della Convenzione per la Salvaguardia del Diritti dell’Uomo, norma di immediata rilevanza nel diritto interno (SS.UU. 23 dicembre 2005, n. 28507).
L’accoglimento del quarto motivo e la conseguente necessaria rinnovazione della liquidazione dell’equa riparazione da parte del giudice di rinvio comportano l’assorbimento dell’esame dei primi tre motivi con i quali si contesta, sotto vari profili, la quantificazione della somma attribuita.
In conclusione il ricorso merita accoglimento e, conseguentemente, deve disporsi l’annullamento del Decreto impugnato con rinvio della causa ad altro giudice il quale si atterrà al principio di diritto secondo cui spetta agli eredi la legittimazione alla proposizione della domanda di equa riparazione per la non ragionevole durata del processo promosso dal loro dante causa prima dell’entrata in vigore dellaL. n. 89 del 2001e, conseguentemente va riconosciuto agli eredi, pro quota, l’equo indennizzo che sarebbe stato liquidato al loro dante causa per l’eccessiva durata del processo da lui promosso sino alla data della sua morte, al quale va aggiunto l’indennizzo eventualmente spettante per intero a ciascuno degli eredi per la eccessiva durata della fase del processo successiva alla sua riassunzione.
Al giudice di rinvio viene rimessa altresì la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso, dichiara assorbiti il primo, il secondo e il terzo, cassa il decreto impugnato e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, cui rimette altresì la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2006.
Depositato in Cancelleria il 9 novembre 2006