Che:
F.E. e M.F. in F. adivano la Corte d’appello di Venezia per ottenere l’equa riparazione ai sensi della legge 24 novembre 2001, n. 89, in relazione ad una causa civile da essi promossa nel 1991 e conclusasi con sentenza in data 19 luglio 2004 davanti al Tribunale di Bergamo;
che essi esponevano che in data 15 gennaio 1991 avevano ottenuto un sequestro conservativo nei confronti della s.r.l. Immhaus che si era con loro obbligata a cedere una villetta e l’aveva poi ceduta a terzi pur incassando da loro la somma di lire 150 milioni; che ne era seguita la causa di merito, introdotta pochi giorni dopo, nel corso della quale il sequestro era stato revocato previa prestazione da parte della società Immhaus di una fideiussione bancaria fino a lire 210 milioni;
che, tanto premesso, essi chiedevano sia il danno non patrimoniale sia il danno patrimoniale, quest’ultimo consistente della differenza tra l’importo dovuto in base alla sentenza eccedente quello coperto da fideiussione (Euro 47.663,09) e il minore importo che sarebbe comunque rimasto scoperto da fideiussione se la sentenza fosse stata resa dopo quattro anni, nel febbraio 1995 (Euro 12.006,10);
che la Corte d’appello di Venezia, con decreto in data 8 febbraio 2005, ha ritenuto che la durata ragionevole del processo presupposto era di quattro anni e che il periodo di durata irragionevole era quindi di nove anni;
che, a titolo di danno non patrimoniale, la Corte territoriale ha riconosciuto in favore di ciascuno dei ricorrenti la somma di Euro 10.800,00, (pari ad Euro 1.200,00, per ogni anno di ritardo);
che, in relazione al danno patrimoniale, la Corte di Venezia ha rilevato che, in dipendenza del protrarsi del procedimento, la fideiussione non era riuscita a coprire tutto l’importo maturato a favore degli attori:
Se essi avessero ottenuto la sentenza dopo quattro anni, e cioè nel febbraio 1995, la fideiussione – calcolati capitale, interessi maturati fino ad allora, spese liquidate e spese successive alla sentenza avrebbe lasciato scoperto solo un importo di Euro 12.006,10;
Invece, proprio il ritardo nell’emanazione della sentenza, ha fatto si che l’importo non coperto da fideiussione salisse a Euro 46.027,68;
che la Corte d’appello ha precisato inoltre che sebbene non avessero provato di avere escusso, vista l’incapienza della fideiussione, la società debitrice i ricorrenti avevano provato documentalmente che la società era stata messa in liquidazione da oltre dieci anni e che non disponeva di alcuna risorsa che potesse giustificare l’escussione;
che per la cassazione il Ministero ha proposto ricorso, al quale gli intimati non hanno resistito.
Considerato che con l’unico motivo il Ministero denuncia violazione della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, con riferimento agli artt. 2056 e 1223 c.c., nonchè motivazione insufficiente su punto decisivo, in riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5;
che, con esso, il ricorrente censura che in favore dei ricorrenti la Corte d’appello abbia riconosciuto il danno patrimoniale, senza considerare che i danni risarcibili sono soltanto quelli derivanti quale conseguenza immediata e diretta dal ritardo, laddove nella specie il danno deriva esclusivamente dall’inadempimento del debitore e dalla parvità della fideiussione;
che il ricorso è manifestamente fondato;
che, per costante giurisprudenza di questa Corte, in tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, in forza del principio di causalità adeguata il danno economico può ritenersi ricollegato al ritardo nella definizione del processo solo se sia l’effetto immediato e diretto di tale eccessiva durata sulla base di una normale sequenza causale (Sez. 1, 4 novembre 2005, n. 21391; Sez. 1, 1 dicembre 2006, n. 25630);
che l’accertamento del nesso causale tra la durata irragionevole del processo e l’evento dannoso rientra tra i compiti del giudice di merito ed è sottratto al sindacato di legittimità della Corte di cassazione, ma ad essa, nei limiti dell’art. 360 c.p.c., n. 5, è consentito il controllo sull’idoneità delle ragioni addotte dal giudice del merito a fondamento della propria decisione (cfr. Cass. Sez. 1, 5 aprile 2005, n. 7086; Cass. Sez. 3, 10 maggio 2005, n. 9754);
che, nella specie, la Corte d’appello ha errato nel ritenere la riconducibilità dell’incapienza della fideiussione prestata al fini della revoca del sequestro conservativo dei beni del debitore all’eccessivo ritardo del processo, perchè non ha adeguatamente dato rilievo alla circostanza, assorbente, che la fideiussione bancaria che la parte interessata aveva ottenuto in luogo di sequestro era, in relazione al tetto massimo garantito, inadeguata a coprire la somma reclamata dagli attori anche se la sentenza di primo grado fosse stata emessa rispettando il termine ragionevole del processo, cioè nel febbraio 1995;
che, pertanto, gli attori ricorrenti nel giudizio di equa riparazione ben avrebbero potuto pretendere di vedere aggiornata la fideiussione in alternativa al ripristino del sequestro, quando per l’entità degli accessori la garanzia non era più sufficiente;
che non è di ostacolo alla pronuncia in camera di consiglio il fatto che le conclusioni del pubblico ministero fossero per la manifesta infondatezza (Cass. Sez. 2, 10 ottobre 2006, n. 21707);
che, dunque, il decreto impugnato deve essere cassato, in relazione alla censura accolta, e la causa rinviata, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Venezia, che, in diversa composizione, la deciderà adeguandosi al principio sopra ricordato secondo cui, in tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, in forza del principio di causalità adeguata il danno economico può ritenersi ricollegato al ritardo nella definizione del processo solo se sia l’effetto immediato e diretto di tale eccessiva durata sulla base di una normale sequenza causale.
 
P.Q.M.
La Corte:
Accoglie il ricorso;
Cassa il decreto impugnato e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della prima sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 18 ottobre 2007.
Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2007