Con il decreto impugnato la Corte d’appello dell’Aquila ha rigettato la domanda proposta da M.G. per l’equa riparazione da durata irragionevole di una procedura fallimentare protrattasi dal 1994 al 15 giugno 2007, nella quale egli era intervenuto il 30 settembre 2003, quale cessionario del credito di 1.934.313,56 vantato dalla Banca Carire Bipop, a sua volta cessionaria del Banco di Napoli, e aveva ottenuto solo nel gennaio 2006 l’80% del suo credito, benchè una liquidità sufficiente fosse disponibile sin dal 2001.
Ricorre per cassazione M.G. e propone un unico motivo d’impugnazione, illustrato anche da memoria. Resiste con controricorso il Ministero della Giustizia, che ha proposto altresì ricorso incidentale affidato a un unico motivo.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Disposta ai sensi dell’art. 335 c.p.c., la riunione dei ricorsi proposti contro la medesima sentenza, va esaminato in via preliminare il ricorso incidentale, il cui accoglimento potrebbe risultare assorbente del ricorso principale.
Vero è infatti che, secondo la giurisprudenza più recente di questa Corte, il ricorso incidentale della parte vittoriosa, da considerarsi sempre condizionato, va esaminato con priorità solo quando ponga una questione rilevabile d’ufficio (Cass., sez. un., 31 ottobre 2007, n. 23019, m. 600072). Tuttavia nel caso in esame il ricorso incidentale pone appunto una questione rilevabile d’ufficio.
2. Con l’unico motivo del suo ricorso il ricorrente indentale deduce violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, e dell’art. 6 C.E.D.U., lamentando che l’equa riparazione sia stata applicata anche per l’eccessiva durata di una procedura fallimentare, pur essendo prevista esclusivamente per le controversie civili e penali e non per le procedure esecutive, individuali o collettive.
Benchè eccepisca l’inammissibilità della domanda, il ricorrente ne deduce in realtà l’infondatezza in jure, perchè; nega che la L. n. 89 del 2001, riconosca il diritto all’equa riparazione per l’eccessiva durata dei procedimenti di esecuzione individuale o concorsuale. E l’inesistenza del diritto postulato dall’attore, benchè attenga al merito e non al rito, può essere rilevata d’ufficio anche dal Giudice di legittimità, in quanto non richieda accertamenti di fatto.
Il ricorso è tuttavia infondato.
Nella giurisprudenza di questa Corte è indiscusso invero che la disciplina dell’equa riparazione per l’irragionevole durata del processo trova applicazione anche nel caso in cui il ritardo lamentato si riferisca al procedimento esecutivo concorsuale cui da vita la dichiarazione di fallimento (Cass., sez. 1^, 3 settembre 2003, n. 12807, m. 566490, Cass., sez. 1^, 5 dicembre 2002, n. 17261, m. 558997), come vi rientrano i procedimenti di esecuzione individuale (Cass., sez. 1^, 26 luglio 2002, n. 11046, m. 558851, Cass., sez. 1^, 4 aprile 2003, n. 5265, m. 561873). E questa giurisprudenza trova la sua giustificazione nella complessiva giurisdizionalizzazione dei procedimenti esecutivi, che, pur prevedendo fasi non contenziose, ammettono incidenti destinati alla garanzia appunto giurisdizionale di interessi e diritti individuali, attraverso processi di cognizione piena.
3. Infondato è peraltro anche il ricorso principale, con il quale M.G. lamenta il ritardo nel riconoscimento delle sue ragioni di credito. Come ricorda lo stesso ricorrente, in realtà, è indiscusso nella giurisprudenza di questa Corte che "il subingresso di un soggetto ad un altro nella titolarità di un credito concorsuale già ammesso al passivo in seno ad una procedura fallimentare non dispensa il nuovo creditore dall’onere di presentare domanda di insinuazione L. Fall., ex art. 101, a prescindere dalla causa del subingresso (cessione di credito ovvero surrogazione "ex lege" in favore del terzo che abbia eseguito il pagamento), poichè la definitiva ammissione al passivo fallimentare, risultando finalizzata alla realizzazione del concorso dei creditori sul patrimonio del fallito, postula una valutazione del credito non nella sua a-stratta oggettività, ma riferita ad un ben determinato soggetto, la cui concreta individuazione non è irrilevante per il debitore che, in caso di errore, è esposto al rischio della mancata liberazione dall’"obbligazione" (Cass., sez. 1^, 2 luglio 1998, n. 6469, m. 516898, Cass., sez. 1^, 26 luglio 2002, n. 11038, m.
556265).
Nel caso in esame dunque il procedimento relativo alla pretesa fatta valere da M.G. si protrasse dalla fine del 2003, quando egli propose la richiesta di insinuazione tardiva, al gennaio 2006, quando egli ottenne il pagamento quasi integrale del suo credito, dopo il riconoscimento con sentenza n. 1999 del 205 dell’intervenuta cessione. La durata complessiva del procedimento fu dunque di poco più di due anni, del tutto ragionevole per un giudizio conclusosi con la soddisfazione quasi integrale delle ragioni M.G., nei limiti delle disponibilità della procedura.
4. Il rigetto di entrambi i ricorsi giustifica l’integrale compensazione delle spese tra le parti.

P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, li rigetta entrambi e compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio.
Così deciso in Roma, il 8 gennaio 2009.
Depositato in Cancelleria il 13 febbraio 2009