1. F.S. veniva sottoposto alla misura cautelare della custodia in carcere per il periodo dal 23-11-1995 al 22-2-1996, perchè indagato per i delitti di estorsione ed usura.
Successivamente, il predetto veniva assolto, con sentenza del Tribunale di Catania in data 14-3-2006 passata in giudicato, con la formula il fatto non sussiste. Il F. proponeva istanza di riparazione per l’ingiusta detenzione sofferta chiedendo che gli venisse riconosciuta l’indennità nella misura di Euro 1.000.000,00.
2. La Corte di Appello di Catania rigettava la domanda.
Osservava che l’istante aveva dato causa all’emissione del provvedimento cautelare per avere tenuto un comportamento contrassegnato da colpa grave.
3. L’istante avanzava ricorso per cassazione avverso l’ordinanza della Corte di Appello, rappresentando che quest’ultima non aveva tenuto conto della circostanza che la Corte di Cassazione, nell’ambito del procedimento "de libertate", aveva annullato la misura cautelare riconoscendo la mancanza di gravi indizi di colpevolezza. Chiedeva l’annullamento del provvedimento della Corte di merito.
4. Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione chiedeva il rigetto del ricorso.
5. Il ricorso va accolto perchè fondato.
Invero, F.S. ha dimostrato che la Corte di Cassazione, con sentenza in data 21-2-1996, annullava senza rinvio il provvedimento cautelare (e l’ordinanza di rigetto del Tribunale del Riesame) per mancanza di gravi indizi di colpevolezza legittimanti l’adozione della misura coercitiva nei confronti dell’indagato per i reati di estorsione ed usura. Detta emergenza processuale configura, come è noto, un’autonoma ipotesi generatrice del diritto alla riparazione per ingiusta detenzione, qualificata come "ingiustizia formale", consistente nel fatto che l’ordinanza coercitiva risultava affetta da vizi genetici, tipizzati dal legislatore negli artt. 273 e 280 c.p.p., ed accertati con provvedimento irrevocabile. In base al senso letterale e logico del disposto ex art. 314 c.p.p., commi 1 e 2, deve ritenersi che la condizione ostativa contenuta nell’art. 314 c.p.p., comma 1, (non avere dato o concorso a dare causa alla misura cautelar per dolo o colpa grave) non sia applicabile all’ipotesi appunto di ingiustizia formale in cui l’illegittimità della custodia sia stata accertata con giudicato cautelare con la conseguenza che il titolo legittimante il riconoscimento del diritto ex art. 314 c.p.p., comma 2 si concretizza unicamente nel provvedimento irrevocabile anzidetto (nel caso, nella sentenza della Corte di Cassazione). V. in tema, Cass. 14.2.2007 n. 10985.
6. Pertanto, l’ordinanza impugnata va annullata con rinvio alla Corte di Appello di Catania, per nuovo esame della domanda di riparazione sulla base del principio di diritto enunciato.

P.Q.M.
La Corte di Cassazione 4^ sezione penale annulla con rinvio alla Corte di Appello di Catania.
Così deciso in Roma, il 16 aprile 2009.
Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2009