F.S. adiva la Corte d’appello di Roma per sentir condannare il Ministero della Giustizia al pagamento in proprio favore dell’equa riparazione ex L. n. 89 del 2001, a causa dell’irragionevole durata di un giudizio da lei introdotto avanti al Giudice del lavoro di Torre Annunziata in data 12.7.1995, definito, in primo grado, con sentenza in data 24.11.2000 ed ancora pendente, in grado di appello, all’atto della proposizione della domanda di equa riparazione.
La Corte d’appello di Roma determinata, in riferimento al primo grado, in anni tre la ragionevole durata del giudizio ed in mesi ventotto l’irragionevole protrarsi del giudizio medesimo condannava il Ministero della Giustizia a corrispondere alla F. la somma di Euro 1.800,00 oltre alle spese che liquidava nella misura di Euro 800,00.
Respingeva la domanda in relazione al giudizio di appello sulla base della considerazione che trattandosi di vertenza relativa solo alla liquidazione delle spese di primo grado non era idonea ad ingenerare stress o patemi, stante la modestia della posta in gioco.
Per la cassazione del decreto della Corte d’appello propone ricorso, fondato su sei motivi, F.S..
Resiste con controricorso il Ministero della Giustizia.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Con i sei motivi di ricorso la ricorrente censura in sintesi la durata ragionevole del giudizio che a suo giudizio doveva essere determinata in meno di tre anni; il quantum liquidato che doveva essere determinato nella misura di Euro 1.500/00 per ogni anno di durata del giudizio oltre ad un bonus di Euro 2.000/00 e l’entità delle spese liquidate in misura insufficiente, nonchè l’omessa valutazione della fase del giudizio di appello a causa della modestia della posta in gioco.
In ordine logico va per prima esaminata la censura relativa alla valutazione del giudizio di appello effettuata dalla Corte di merito.
Al riguardo si osserva che ai fini del disconoscimento dell’an debeatur non rileva la così detta posta in gioco, la cui modestia è idonea solo ad incidere sull’ammontare dell’indennità da liquidare ma non ad escludere il diritto all’indennnizzo, sicchè erroneamente la Corte territoriale ha omesso di valutare il giudizio di appello e di applicare quindi, ai due gradi di giudizio svoltisi, da considerarsi unitariamente, i parametri elaborati dalla CEDU. Il motivo testè esaminato va quindi accolto con conseguente assorbimento degli altri posto che potendosi definire il giudizio ai sensi dell’art. 384 c.p.c., non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, si dovrà valutare la durata dell’intero processo presupposto, svoltosi fino alla definizione della domanda di equa riparazione, applicando per la determinazione della ragionevole durata dei due gradi i parametri elaborati dalla CEDU (tre anni per il primo grado e due anni per il secondo, salvo eventuali discostamenti in più o in meno ricorrendone le condizioni di legge) e calcolando sulla accertata e ritenuta irragionevolezza i parametri di liquidazione elaborati sempre dalla CEDU (1.000,00/1.500,00 Euro per anno di irragionevolezza) Pertanto il ricorso va accolto l’impugnato decreto va cassato e giudicando sul ricorso, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., va liquidata in favore della ricorrente la somma di Euro 4.450/00 ritenuta una ragionevolezza di anni cinque, per i due gradi svoltisi ed un irragionevolezza di anni 4 e mesi 5, calcolate sulla base dei parametri della CEDU (Euro 1.000/00 ad anno di irragionevolezza, e non per l’intera durata del giudizio, non avendo la ricorrente fornito dati che giustifichino un discostamento dai minimi CEDU, per il periodo da 12.7.1995 al 21.12.2005, data di deposito dell’impugnato decreto, non risultando che il giudizio presupposto sia stato definito prima).
Sulla somma come su determinata sono inoltre dovuti i gli interessi legali a decorrere dalla domanda.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, in relazione al giudizio di merito e di legittimità, con compensazione in relazione a quest’ultima fase in ragione di 1/2, a causa della reiezione di alcune censure contenute nel ricorso.

P.Q.M.
accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa l’impugnato decreto e decidendo nel merito ex art. 384 c.p.c., condanna il Ministero della Giustizia a corrispondere alla ricorrente, a titolo di equa riparazione, la somma di Euro 4450/00, oltre agli interessi dalla domanda, ed a rimborsare a F.S. le spese di giudizio che liquida in relazione al merito in complessive Euro 1.285/00 di cui Euro 800/00 per onorari ed Euro 385/00 per diritti ed in relazione alla fase di legittimità, per l’intero, in complessive Euro 1.100/00 di cui Euro 100/00 per esborsi, che compensa in ragione di 1/2,; dispone distrarsi entrambe le liquidazioni in favore dell’avv. A. L. Marra che si è dichiarato antistatario.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 4 giugno 2009.
Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2009