Con il proposto gravame l’odierno ricorrente, magistrato amministrativo e componente effettivo dell’intimato Consiglio di Presidenza per la consiliatura 1992-1994, ha chiesto l’accertamento del proprio diritto a percepire il compenso per la partecipazione alle sedute del suddetto organo, impugnando, altresì, le deliberazioni, in epigrafe indicate, che avevano rigettato le istanze a tal fine avanzate dal dottor D..
Il ricorso è affidato al seguente ed articolato motivo di doglianza:
Violazione degli artt. 30 della L. n. 186/1982 e 40 della L. n. 195/1958.
Si sono costituite le intimate amministrazioni contestando la fondatezza delle prospettazioni ricorsuali e concludendo per il rigetto delle stesse.
Alla pubblica udienza del 15 luglio 2009 il gravame è stato assunto in decisione.

DIRITTO
Con il proposto gravame l’odierno ricorrente, magistrato amministrativo e componente effettivo dell’intimato Consiglio di Presidenza per la consiliatura 1992-1994, ha chiesto l’accertamento del proprio diritto a percepire il compenso per la partecipazione alle sedute del suddetto organo, impugnando, altresì, le deliberazioni, in epigrafe indicate, che avevano rigettato le istanze a tal fine avanzate dal dottor D..
A sostegno della fondatezza della pretesa ricorsuale è stato invocato il combinato disposto dell’art. 40, comma 4, della L. n. 195/1958 – il quale prevede a favore dei componenti del Consiglio Superiore della Magistratura un’indennità per la partecipazione ad ogni seduta del suddetto organo di autogoverno – e dell’art. 30 della L. n. 186/1982 il quale stabilisce che si applicano le norme di legge sul trattamento dei magistrati ordinari – con la conseguenza, secondo la prospettazione ricorsuale, che il diritto all’indennità si estendeva automaticamente ai componenti del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa.
La dedotta doglianza non è suscettibile di favorevole esame.
Al riguardo il Collegio intende uniformarsi a quanto disposto dalla sentenza n. 1026/1997 del Consiglio di Stato, la quale, sul presupposto che ai magistrati amministrativi si applicano le norme di legge sul trattamento economico dei magistrati ordinari e non automaticamente il trattamento economico di questi ultimi, ha affermato che per il venire ad esistenza del diritto all’indennità de qua erano necessari atti discrezionali di competenza del Consiglio di Presidenza che ne dovevano stabilire la misura.
Ugualmente da rigettare è la successiva censura con cui è stato fatto presente che il consigliere D. aveva titolo a percepire la ripetuta indennità in quanto la delibera del Consiglio di Presidenza del 28.5.1998 che l’aveva istituita, aveva previsto la corresponsione della stessa anche ai componenti dell’organo in questione relativamente alle consiliature antecedenti l’entrata in vigore della menzionata delibera.
In merito deve essere sottolineato che la delibera de qua nulla prevedeva al riguardo, tant’è che un provvedimento del Segretario Generale aveva riconosciuto il diritto alla percezione dei gettoni di presenza a favore dei magistrati amministrativi a decorrere dal momento della ripetuta delibera.
In assenza di tale specifica previsione, quindi, non poteva in alcun modo sorgere il diritto in questione, tenuto conto del carattere costitutivo della menzionata delibera ai fine della nascita del suddetto diritto e del principio generale di irretroattività degli atti amministrativi.
Da rigettare è anche la successiva censura con cui l’attuale ricorrente, sul presupposto che la propria istanza era stata accolta con delibera del 19/7/2001, ha censurato le successive delibere CPGA del 24/1/2002 e del 4/11/2004, che avevo formalmente rigettato la ripetuta istanza, in quanto tali ultimi due deliberazioni, essendo annoverabili tra gli atti di autotutela, non avevano motivato in ordine alla sussistenza di un concreto ed attuale interesse pubblico che ne aveva legittimato l’adozione.
Al riguardo deve essere rilevato che:
a) nella seduta del 19/7/2001 la proposta della competente commissione, favorevole all’accoglimento dell’istanza del consigliere D., aveva ottenuto 5 voti favorevoli, 4 contrari e 4 astenuti;
b) secondo il regolamento del Consiglio di Presidenza vigente a quella data doveva ritenersi accolta la proposta che avesse ottenuto la maggioranza dei voti espressi, ivi compresi gli astenuti;
c) per un macroscopico errore verificatosi in sede di proclamazione del risultato della votazione e del successivo verbale la proposta della Commissione era stata ritenuta accolta, mente alla luce della menzionata disciplina regolamentare era palese che doveva ritenersi rigettata.
In tale contesto, quindi, in presenza di un macroscopico errore avvenuto in sede di verbalizzazione, in nessun modo rapportabile all’avvenuta formazione di una legittima volontà dell’organo di autogoverno, quest’ultimo con la successiva deliberazione del 24.1.2002 – confermata dalla successiva deliberazione del 4.11.2004 – ha provveduto alla correzione dell’errore de quo, e, conseguentemente ha rigettato l’istanza del consigliere D..
Alla luce di tali considerazioni, pertanto, le successive delibere essendosi limitate in sostanza alla mera correzione di un palese errore avvenuto in sede di accertamento della volontà dell’organo assembleare, in nessun caso possono essere annoverabili tra gli atti di annullamento, e, di conseguenza, non era necessario in alcun modo che fossero indicate la ragioni in ordine alla sussistenza di un concreto ed attuale interesse pubblico legittimante l’adozione delle stesse, né sussistevano, trattandosi di atti meramente vincolati e privi di un autonomo contenuto dispositivo, le condizioni per l’applicazione dell’art. 7 della L. n. 241/1990.
Infondato è, infine, l’ultimo motivo di doglianza con cui il consigliere D. ha invocato l’accertamento del proprio diritto "ad ottenere la equa remunerazione della propria prestazione lavorativa in applicazione dell’art. 36 della Costituzione, atteso che, come correttamente rilevato dalla Difesa Erariale, il gettone di presenza non può in alcun modo ritenersi avere natura retributiva.
Ciò premesso, il proposto gravame deve essere rigettato.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente giudizio.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione III, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 3135 del 2005, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 luglio 2009 con l’intervento dei Magistrati:
Domenico Lundini, Presidente FF
Giuseppe Sapone, Consigliere, Estensore
Mario Alberto di Nezza, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 29 SET. 2009.