C.M. impugna con ricorso per cassazione affidato ad unico motivo il decreto della Corte d’appello di Roma che ha rigettato la sua domanda di equa riparazione in relazione agli ultimi 5 mesi di un procedimento amministrativo in relazione al quale aveva già ottenuto indennizzo ad analogo titolo, non avendo ravvisato, in relazione al periodo denunciato, patema d’animo ulteriore rispetto a quello già indennizzato.
Il motivo, che si conclude con esposizione del quesito di diritto, contesta l’approdo sull’assunto che il risarcimento del danno discende dall’accertata eccedenza, e deve essere attribuito ancorchè sia stato già riconosciuto in relazione ad altra frazione del processo presupposto.
La PdCM non ha spiegato attività difensiva.
Ad avviso del collegio la censura espressa nel motivo in esame deve essere accolta.
Il diritto all’equa riparazione scaturisce dall’accertata violazione della ragionevole durata del processo considerato. Il prolungarsi della sua trattazione oltre il limite di congruità, apprezzato in ragione della sua natura e del suo oggetto, procura il disagio psichico che la L. n. 89 del 2001, ha inteso indennizzare anche nel caso in cui, in relazione ad altro segmento eccedente, la parte istante abbia già ottenuto relativo ristoro. Del resto l’art. 3 comma della legge citata attribuisce alla parte processuale la facoltà di chiedere l’equa riparazione anche in relazione a processo ancora pendente. La cristallizzazione del’oggetto della domanda alla data del primo ricorso, affermata dalla Corte territoriale, trova pertanto positiva smentita. Finchè la vicenda processuale rimane aperta, vi è spazio per ottenere il ristoro derivante dal incongruo prolungarsi.
Il decreto impugnato deve essere pertanto cassato. Non essendo necessarie ulteriori indagini, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c., determinando l’indennizzo spettante al ricorrente in Euro 450,00, secondo metro equitativo, oltre interessi legali dalla domanda al saldo.
Tenuto conto del comportamento processuale della parte istante, che frazionato la domanda di equa riparazione, formulandola dopo la definizione del processo presupposto in relazione alla cui pendenza, risultata eccessiva rispetto a parametro standard di ragionevolezza, aveva già chiesto ed ottenuto solo pochi mesi prima precedente liquidazione, si reputa opportuno disporre la compensazione integrale delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.
Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione; cassa il decreto impugnato e decidendo nel merito, condanna la PdCM al pagamento in favore della ricorrente della somma di Euro 450,00 oltre interessi legali dalla domanda al saldo. Compensa le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, il 9 aprile 2009.
Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2009