Il relatore designato a norma dell’art. 377 c.p.c. ha depositato una relazione del seguente tenore:
"1. La Corte d’appello di Brescia, con decreto emesso il 21 ottobre 2009, ha dichiarato improponibili le domande di equa riparazione proposte dai sigg.ri A.M., G.G., L. N., N.E.G. e S.C., i quali avevano lamentato l’eccessiva durata di un giudizio, tuttora pendente dinanzi alla sezione di Brescia del Tar della Lombardia, da loro promosso sin dall’ottobre del 1999.
A tale conclusione la corte bresciana è pervenuta dopo aver richiamato sia il disposto del D.L. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2, convertito in L. n. 133 del 2008 (a tenore del quale la domanda di equa riparazione non è proponibile se nel giudizio amministrativo non sia stata presentata la c.d. istanza di prelievo, a norma del R.D. n. 642 del 1907, art. 51, comma 2), sia quello della L. n. 205 del 2000, art. 9, comma 2, come modificato dalla L. n. 133 del 2008, art. 58 (a tenore del quale, dopo che, a seguito dell’inutile decorso di cinque anni, la segreteria del tribunale amministrativo abbia notificato un apposito avviso alla parte interessata, occorre sia presentata una nuova istanza di fissazione d’udienza, personalmente sottoscritta dalla stessa parte, a pena d’improcedibilità del ricorso).
Rilevato che tanto l’istanza di prelievo quanto quella di fissazione d’udienza contemplate dalle norme anzidette, nel caso in esame, risultano essere state presentate dal difensore senza la sottoscrizione personale delle parti, la corte d’appello ne ha dedotto l’improponibilità della domanda di equa riparazione, il sig. A. e gli altri litisconsorti ricorrono per cassazione contro tale decreto.
L’amministrazione intimata resiste con controricorso.
2. Il ricorso è suscettibile di essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., potendosene ipotizzare la manifesta fondatezza.
Parrebbero persuasivi i rilievi formulati dai ricorrenti, laddove evidenziano come nessuna prescrizione imponga la sottoscrizione personale della parte in calce all’istanza di prelievo contemplata, nel giudizio amministrativo, dal R.D. n. 642 del 1907, art. 51, comma 2, dovendosi perciò applicare il principio generale per il quale gli atti processuali di parte sono posti in essere direttamente dal difensore costituito con rituale procura.
E’ vero che, viceversa, per l’istanza di fissazione d’udienza ora richiesta dalla L. n. 205 del 2000, art. 9, comma 2, è espressamente prescritta la firma personale della parte. Ma l’eventuale violazione di siffatta prescrizione può produrre conseguenze sul ricorso pendente dinanzi al giudice amministrativo, causando l’improcedibilità di quel giudizio, ma non può anche determinare effetti procedurali negativi sul diverso giudizio di equa riparazione promosso dalla parte dinanzi alla competente corte d’appello, alla quale d’altronde non spetta di stabilire se il giudizio presupposto, tuttora pendente davanti al giudice amministrativo, debba esser dichiarato improcedibile.
La proponibilità del giudizio di equa riparazione, come s’è accennato, è condizionata dall’essere stata a suo tempo presentata, nell’ambito del processo amministrativo presupposto, la c.d. istanza di prelievo (la quale, come s’è visto, non richiede la sottoscrizione personale della parte). Per il resto, l’atteggiarsi delle vicende processuali interne a detto procedimento presupposto potrà semmai aver rilievo nella considerazione del comportamento delle parti, ai fini della valutazione di merito in ordine al loro diritto all’equa riparazione, ma non riflettersi preliminarmente sulla proponibilità domanda di indennizzo per eccesso di durata.
3. Se si condividono tali rilievi, assorbenti rispetto all’esame ogni altro profilo di censura, il ricorso potrebbe esser accolto, con conseguente cassazione del decreto impugnato".
Nessuna memoria è stata depositata.
Il collegio, condividendo le osservazioni e le conclusioni della relazione, accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e rinvia la causa alla Corte d’appello di Brescia, in diversa composizione, demandandole di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.
La corte accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e rinvia la causa alla Corte d’appello di Brescia, in diversa composizione, demandandole di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 24 novembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2010