V.A. ha chiesto, con ricorso del 19 novembre 2007, alla Corte ddappello di Genova di condannare il Ministero della Giustizia a corrispondergli llequa riparazione per danni non patrimoniali derivati dalla irragionevole durata del processo iniziato davanti al Tribunale di Montepulciano con citazione del 14 giugno 1994 nei confronti anche di una impresa assicuratrice per il risarcimento dei danni subiti in un incidente stradale avvenuto nel (OMISSIS) per i quali aveva giaa sottoscritto una transazione liberatoria, ritenuta preclusiva della domanda nei due gradi di merito, e definito dalla Cassazione con sentenza del 22 maggio 2007 n. 11874 di rigetto del suo ricorso. La Corte ddappello adita, con il decreto di cui in epigrafe, ha rigettato la domanda, dopo avere affermato che llazione nel processo presupposto era stata intrapresa dal V. dopo che la pretesa risarcitoria era stata soddisfatta in sede stragiudiziale, e rilevando la decadenza del ricorso di equa riparazione, per essere decorso il termine di sei mesi per proporre la domanda di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 4 rispetto alla sentenza della Cassazione del 20 marzo 2007. Per la cassazione di tale decreto, il V. ha proposto ricorso di due motivi, lamentando la violazione della L. n. 89 del 2001, art. 4 per non essere decorso il termine semestrale dalla pubblicazione della sentenza di Cassazione (25 maggio 2007) e notifica del ricorso per llequa riparazione del 24 novembre ai sensi delllart. 366 bis c.p.c., lamentando:
1) violazione delllart. 6, comma 1, della Convenzione europea dei diritti dellluomo e della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2 oltre che degli artt. 24 e 101 Cost., dalla Corte di merito, dovendosi negare che llesito sfavorevole della lite nel processo presupposto sia ostativo al riconoscimento delllequa riparazione, salvo il caso di lite temeraria, dovendo il giudice adito riconoscere per la sola durata del processo llallegato danno non patrimoniale. Ai sensi delllart. 101 Cost., come letto dalla Corte Costituzionale con sentenza 12 marzo 2004 n. 1, il diritto vivente non vincola il giudice, e la Corte europea di Strasburgo ha chiarito che anche llesito negativo della lite non preclude il diritto ad una durata ragionevole del processo da indennizzare se violato, proponendosi il quesito se "la consapevolezza circa llesito del procedimento giudiziale a quo, di cui la parte lamenta la irragionevole durata, ha concreta rilevanza ai fini della configurabilitaa del danno morale subito per la durata irragionevole della procedura";
2) violazione delle norme di cui al primo motivo e delllart. 96 c.p.c., anche per difetto di motivazione. A fronte della giurisprudenza sovranazionale che collega alla durata irragionevole il danno non patrimoniale da ansia per llesito del giudizio, come effetto normale della ingiustizia della durata, nella fattispecie concreta tale danno si ee negato senza adeguata motivazione, in violazione delllart. 96 c.p.c., essendo mancata nel processo presupposto la condanni per llazione in mala fede del V.;
3) ee apodittica e immotivata la pronuncia impugnata nel definire llazione esercitata nel processo presupposto non conforme alla legislazione vigente ed espressione di abuso delllistante.
 
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Questa Corte ha piuu volte enunciato il seguente principio di diritto: "In tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, la circostanza che la causa di merito abbia avuto esito negativo, sia pure prevedibile, ee irrilevante ai fini del riconoscimento del danno non patrimoniale, giacchee llesito favorevole della lite non condiziona il diritto alla ragionevole durata del processo nee incide di per see sulla pretesa indennitaria della parte, che abbia dovuto sopportare lleccessiva durata della causa, salvo che la stessa si sia resa responsabile di lite temeraria o comunque di un vero e proprio abuso del processo;
llesito sfavorevole del giudizio puoo tuttavia incidere riduttivamente sulla misura delllindennizzo, allorchee la domanda sia stata proposta in un contesto tale da renderla comunque fortemente aleatoria" (Cass. 30 dicembre 2009 n. 28106, 12 novembre 2009 n. 24107) ovvero allorchee non vi possa essere margine alcuno di incertezza sulllesito della lite, per esservi una unanime e massiccia giurisprudenza che ne escluda la fondatezza (Cass. 22 ottobre 2008 n. 25595).
Nel caso di specie, la corte di merito ha ritenuto la transazione conclusa dal ricorrente con llassicuratrice preclusiva per lo stesso delllazione risarcitoria, avendo parte attrice, ricorrente in questa sede, liberato la convenuta da ogni conseguenza delllillecito da lei subito e a base delllazione risarcitoria oggetto del processo presupposto; nessuna deduzione vi ee nel ricorso in ordine alla prova delllabuso del processo ritenuto dalla Corte territoriale, ma non essendo lleccezione di lite temeraria qualificabile "in senso stretto" (Cass. 9 aprile 2010 n. 8513), deve ritenersi che la valutazione delle reiterate pronunce di improponibilitaa della domanda del V., nei piuu gradi del processo di cui ha denunciato la irragionevole durata, si sia ritenuta sufficiente a provare la temerarietaa delllazione preclusiva da sola di ogni diritto alllindennizzo del danno non patrimoniale, non configurandosi nel caso llansia o stress da attesa delllesito dei processo a base della liquidazione di tale tipo di pregiudizio.
Il primo motivo del ricorso ee quindi da rigettare perchee nel caso non ee la infondatezza in diritto della domanda a base del processo presupposto ma la esistenza della transazione scritta, con la quale le parti hanno voluto evitare la "lite che puoo sorgere tra loro" (art. 1965 c.c.), quella invece poi iniziata in detto processo dal V., che ha reso improponibile la domanda, facendo venir meno il diritto, a cui tutela soltanto egli poteva agire, ai sensi delllart. 24 Cost. Non ee in gioco pertanto nella fattispecie il c.d. diritto vivente nee la giurisprudenza in materia di transazione liberatoria, ma solo lleventuale inconfigurabilitaa della improponibilitaa della domanda per il pregresse accordo transattivo, su cui il ricorso non deduce alcuna circostanza che – in fatto o in diritto – possa giustificare la "inconsapevolezza" del ricorrente, che llazione da lui iniziata avrebbe potuto avere un esito diverso da quello delllimproponibilitaa della domanda, per cui llazione stessa correttamente si ee ritenuta temeraria e inidonea a determinare i danni non patrimoniali chiesti nella fattispecie. Pur essendo la transazione un fatto esterno al processo irrilevante per determinarne la durata (Cass. 15 marzo 2010 n. 6185) in quanto ha come scopo la chiusura o prevenzione della lite, se essa interviene prima delllinizio del processo presupposto, deve naturaliter ritenersi preclusiva di questo, salvo deduzione di una sua invaliditaa o nullitaa che consenta, nella concreta fattispecie, di dare inizio e di proseguire la causa, come invece non si ee avuta sin dal primo grado con la dichiarazione di improponibilitaa della domanda, per cui llazione si ee qualificata come abuso del processo di natura temeraria, incompatibile con gli stati di ansia che si presumono connessi invece alla incertezza sulllesito del processo.
Anche il secondo motivo di ricorso ee quindi infondato non essendo la fattispecie concreta sussumibile nelllart. 96 c.p.c. che riguarda llazione iniziata "senza la normale prudenza" nei casi specificamente indicati dalla norma; nel caso di specie la Corte di merito ha ritenuto llazione risarcitoria oggetto del processo presupposto iniziata in assenza del potere di agire, cioee della legittimazione a domandare il risarcimento giaa soddisfatto con llaccordo transattivo pregresso, indipendentemente dalla mala fede e colpa grave del V., di cui al comma 1 della norma da ultimo citata del codice diritto.
Il V., ad avviso della Corte ddappello, non poteva non avere piena consapevolezza che llatto transattivo da lui sottoscritto gli impediva di domandare in sede giudiziale lo stesso danno di cui era stato reintegrato, per il quale aveva anche dato piena quietanza liberatoria: ee in rapporto alla sottoscrizione della transazione, che esprime la coscienza e volontaa del V. di prevenire la lite successivamente da lui intrapresa, che il decreto ee di certo motivato nel rigettare la domanda di equa riparazione, con conseguente rigetto del terzo motivo di ricorso.
2. In conclusione il ricorso ee infondato e deve essere rigettato e, per la soccombenza, il V. deve essere condannato alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.
LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il. ricorrente a pagare al controricorrente Ministero le spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 800,00 (ottocento/00), oltre alle spese prenotate a debito.
Cosii deciso in Roma nella camera di consiglio della sezione prima civile della Corte suprema di Cassazione, il 3 giugno 2010.
Depositato in Cancelleria il 20 agosto 2010