che R.A. e C.G. adivano la Corte d’appello di Venezia, allo scopo di ottenere l’equa riparazione ex L. n. 89 del 2001, in riferimento al giudizio promosso innanzi alla Corte dei conti, con ricorso del 6.8.99, avente ad oggetto il diritto alla rivalutazione dell’assegno di funzione, da inserire nella base pensionabile e da computare ai fini della determinazione dell’indennità di buonuscita, definito con sentenza di rigetto del 18.4.06;
che la corte d’appello, con decreto del 3.2.2008, fissato il termine di ragionevole durata del giudizio in anni tre, liquidava, a titolo di equa riparazione per il danno non patrimoniale, per il periodo eccedente detto termine (anni 3, mesi 8, giorni 12), Euro 500,00 per anno di ritardo, quindi Euro 1.800,00 per ciascun ricorrente, tenuto conto del carattere collettivo del ricorso, con il favore delle spese del giudizio;
che per la cassazione di questo decreto hanno proposto ricorso R. A. e C.G.; ha resistito con controricorso il Ministero dell’economia e delle finanze;
che è stata depositata e notificata relazione ex art. 380 bis c.p.c..

RITENUTO IN DIRITTO
che il primo motivo denuncia violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, art. 2056 c.c., art. 6, par. 1 e art. 41 CEDU (art. 360 c.p.c., n. 3), nella parte in cui il decreto ha stabilito il risarcimento per il danno non patrimoniale discostandosi dal parametro della Corte EDU (Euro 1.000,00 ad anno, oltre Euro 2.000,00, trattandosi di controversia in materia pensionistica), in considerazione dell’entità della "posta in gioco" e del carattere collettivo del ricorso, senza considerare che il danno è da ritenersi presunto;
che il secondo motivo denuncia difetto di motivazione su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, nella parte in cui il decreto ha motivato la quantificazione del risarcimento facendo riferimento alla posta in gioco e del carattere collettivo del ricorso;
che i motivi, da esaminare congiuntamente, in quanto giuridicamente e logicamente connessi, sembrano soltanto in parte manifestamente fondati;
che, secondo la più recente giurisprudenza della Corte di Strasburgo, è possibile affermare che, ferma la presunzione di sussistenza del danno non patrimoniale – salvo che non ricorrano circostanze che permettano di escluderlo, qualora la parte non abbia allegato, comunque non emergano, elementi concreti in grado di far apprezzare la peculiare rilevanza di detto danno (costituiti, tra gli altri, dal valore della controversia, dalla natura della medesima, da apprezzare in riferimento alla situazione economico-patrimoniale dell’istante, dalla durata del ritardo, dalle aspettative desumibili anche dalla probabilità di accoglimento della domanda), l’esigenza di garantire che la liquidazione sia satisfattiva di un danno e non indebitamente lucrativa, alla luce delle quantificazioni operate dal giudice nazionale nel caso di lesione di diritti diversi da quello in esame, impongano una quantificazione che deve essere, di regola, non inferiore ad Euro 750,00, per anno di ritardo;
che, in applicazione di tali principi le censure meritano accoglimento, in quanto il giudice del merito ha liquidato per il danno non patrimoniale Euro 400,00 per anno di ritardo, discostandosi in modo irragionevole dal parametro del giudice europeo, facendo solo riferimento alla "posta in gioco" ed al carattere collettivo del ricorso;
che la domanda di attribuzione di una somma forfettaria di Euro 2.000 in relazione alla natura previdenziale della controversia, non è fondata perchè non appare decisivo il richiamo alla sentenza della corte europea dei diritti dell’uomo 10 novembre 2004, Zullo, in quanto se la decisione richiamata ha ritenuto di riconoscere tale somma in caso di violazione del termine di durata ragionevole nei giudizi aventi particolare importanza, tra le quali ha annoverato le cause previdenziali, non ne deriva automaticamente che tutte le cause previdenziali debbano essere considerate di particolare importanza, spettando al giudice del merito valutare se, in concreto, la causa previdenziale abbia avuto una particolare incidenza sulla componente non patrimoniale del danno, tale da giustificare l’attribuzione del bonus e tale valutazione discrezionale non implica un obbligo di motivazione specifica, essendo sufficiente, in caso di diniego di detta attribuzione, una motivazione implicita;
che, in relazione alle censure accolte, il decreto deve essere cassato e la causa potrà essere decisa nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto;
che la circostanza che il ricorso è affidato ad argomenti standardizzati, non avendo neppure in questa sede gli istanti indicato quali sarebbero stati gli effetti concreti della domanda, in caso di accoglimento e quale la loro situazione economico- patrimoniale, rende peraltro palese che, anche alla luce dell’entità del ritardo maturato, nonchè dell’entità della posta in gioco evidenziata dal decreto impugnato e non contrastata in relazione al quantum, in applicazione dello standard minimo CEDU per il risarcimento del danno non patrimoniale – che nessun argomento del ricorso impone e consente di derogare in melius – da quantificare per le ragioni sopra svolte in Euro 750,00 per ciascuno dei primi tre anni di ritardo, nei quali minore è il patema d’animo, e in Euro 1.000,00 per ogni anno successivo, stante l’assoluta carenza di concreti elementi addotti per apprezzare la sussistenza di un più elevato danno;
che l’indennizzo, pertanto, deve essere liquidato in Euro 2.750,00, oltre agli interessi dalla domanda al soddisfo;
le spese del giudizio di merito debbono essere liquidate per intero mentre quello di questo giudizio possono essere compensate fino alla metà.

P.Q.M.
la corte accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione; cassa il provvedimento impugnato e, decidendo nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., condanna l’amministrazione al pagamento in favore di ciascuno dei ricorrenti della somma di Euro 2.750,00, oltre agli interessi legali dalla data della domanda e le spese del giudizio che liquida in Euro 945,00 (di cui Euro 450,00 per onorari ed Euro 346,00 per diritti) per il giudizio di merito e, previa compensazione fino alla metà, in Euro 350,00 (di cui Euro 50,00 per esborsi) per il giudizio di legittimità, oltre, in entrambi i casi, alle spese generali e agli accessori come per legge. Spese da distrarre a favore dell’avv. Pietro L. Frisani che si è dichiarato antistatario.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi civili, Sezione Prima, il 4 febbraio 2010.
Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2010