1. Con ricorso del 5 dicembre 2007, S.L. conveniva in giudizio il Ministero della Giustizia dinanzi alla Corte d’appello di Perugia, per sentirlo condannare a pagarle Euro 32.000,00, a titolo di equa riparazione, per la irragionevole durata di un processo civile per l’esecuzione specifica di un contratto preliminare ai sensi dell’art. 2932 c.c., iniziato con citazione notificata l’8 febbraio 1991 e terminato con sentenza del Tribunale di Velletri del 23 aprile 2007, durato oltre sedici anni, sviluppatosi solo in 19 udienze anche per essersi smarrito il fascicolo di ufficio, dal 1996 al 2002.
La Corte adita, attribuita a colpa della istante una durata di anni uno e mesi nove e affermato che l’intero processo era durato 12 anni, ha ritenuto che dei residui dieci anni e tre mesi, dovessero considerarsi ragionevoli i tre anni di solito necessari a chiudere ogni primo grado di qualsiasi causa, con conseguente ingiusta durata del residuo periodo di anni 7 e mesi tre, per i quali il danno non patrimoniale era liquidato in complessivi Euro 8000,00 e posto a carico, con le spese di causa, del Ministero convenuto. Per la cassazione del decreto del 13 agosto 2008 la S. propone ricorso di cinque motivi, notificato a mezzo posta il 29 – 31 ottobre 2008 al Ministero della giustizia, che resiste con controricorso e ricorso incidentale di sei motivi.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente va preso atto che i due ricorsi già sono stati riuniti con la iscrizione a ruolo.
1.1. Il primo motivo di ricorso principale denuncia l’errore di calcolo sulla durata del processo presupposto emergente dallo stesso decreto, che dopo avere rilevato che esso era iniziato nel 1991 e terminato nel 2007, ha determinato in soli dodici anni tale periodo, per cui occorre rettificare tale computo dovuto a errore di calcolo, con ogni conseguenza.
1.2 Il secondo motivo di ricorso principale denuncia violazione della L. n. 89 del 2001, artt. 2, 3 e 6, perchè, dato il carattere indennitario dell’obbligo oggetto della causa, gli interessi sulla somma liquidata non potevano che decorrere dalla domanda e erano dovuti anche in mancanza di domanda di essi in quanto destinati a compensare le perdite subite da indennizzare, trattandosi di debito di valore.
1.3. Violazione della normativa, genericamente qualificata in ricorso come comunitaria, sulla quantificazione temporale dell’ingiusta durata (art. 360 c.p.c., n. 3) e omessa o insufficiente motivazione (art. 360 c.p.c., n. 4), non essendosi la corte di Perugia adeguata ai parametri della Corte di Strasburgo, nel liquidare l’indennizzo in una somma inferiore alla forbice tra Euro 1.000,00 ed Euro 1.500,00 annui.
1.4. Disapplicazione dell’art. 81 disp. att. c.p.c. per non avere considerato che il termine di quindici giorni previsto in tale norma non è stato rispettato dal giudice, per cui solo in relazione alla condotta di questo anche i tempi di rinvio addebitati alla ricorrente e detratti dalla durata ingiusta del processo,dovrebbero ritenersi conseguenza di condotte imputabili all’apparato giudiziario italiano.
In ordine all’anno e 9 mesi attribuiti ai rinvii chiesti dalla S., una parte di tale tempo dovrebbe imputarsi allo Stato, per avere i rinvii violato i termini previsti dalla citata norma delle disp. att. c.p.c. essendo le dilazioni effetto dell’attesa dell’esito dell’appello di una sentenza parziale emessa in corso di causa.
2. Nel suo controricorso il Ministero, dopo avere eccepito la inammissibilità del ricorso per l’inconferenza e inidoneità dei quesiti a dar luogo ad un corretto esame dei motivi, deduce sei motivi di impugnazione incidentale.
2.1. Innanzitutto si lamenta violazione dell’art. 2719 c.c. per avere la corte giudicato sulle copie esibite dalla S. del processo, nonostante il disconoscimento di esse sin dal primo atto difensivo. Premesso che il disconoscimento è operato con la prima memoria difensiva e che nel caso la Corte ha deciso la causa sulle contestate copie, solo perchè esse apparivano una ordinata riproduzione dei verbali il Ministero ricorre avverso il decreto sia per violazione dell’art. 2719 c.c. che per motivazione insufficiente in ordine al superamento della eccepita non conformità all’originale delle copie in atti.
2.2. Il secondo motivo di ricorso lamenta il mancato esame degli atti di appello del processo presupposto, affermando che vi era stata una sentenza parziale impugnata alla corte d’appello di Roma, come risultante dagli atti di causa, per cui i due gradi dovevano entrambi considerarsi per poter valutare la durata del processo presupposto, dovendo la Corte acquisire di ufficio la documentazione di tale secondo grado.
2.3. Si censura poi la mancata valutazione della complessità del caso e dei due gradi del giudizio di merito per determinare la durata ragionevole del processo.
Erroneamente la Corte di merito ha ritenuto atto iniziale del processo la notifica della citazione e non la prima udienza del processo o la iscrizione a ruolo della causa.
Non si è valutata la fase incidentale di sequestro, da considerare separatamente nel primo grado, nè la sentenza parziale emessa nel corso di questo con il secondo grado avutosi per la impugnazione di questa per il computo della durata del processo presupposto, nè si considera la difficoltà degli accertamenti del c.t.u. durati diciannove mesi, nulla chiarendosi sulla complessità della causa e sul concreto svolgimento della stessa in due gradi.
E’quindi errata la determinazione della durata del processo come se si fosse svolto solo in primo grado e come se fosse stato di normale complessità.
Il motivo si conclude con quattro quesiti di diritto volti ad esplicare tutto quanto con esso dedotto.
2.4. In rapporto alla quantificazione dell’equa riparazione si lamenta la mancata considerazione del comportamento concreto della parte e del disinteresse della stessa all’esito del giudizio.
In sostanza, si è disposto un indennizzo maggiore del dovuto per la mancata considerazione dei due gradi di causa e del fatto che con il passare del tempo la ricorrente ha avuto giustizia parziale o cautelare nel tempo, per cui l’ansia da esito del processo è nel tempo progressivamente diminuita.
2.5. Con il quinto motivo di ricorso del Ministero si afferma che erroneamente il decreto dichiara di applicare il principio di soccombenza nel porre a suo carico le spese del grado di merito, anche se esso non si era opposto all’accoglimento del ricorso, per cui erroneamente è stato qualificato soccombente.
Su tale principio è invocata la giurisprudenza della cassazione penale in materia di spese.
2.6. Infine si denuncia sempre la condanna alle spese, anche per non avere la corte di merito condannato controparte a pagare le spese di giustizia, pur in presenza di una prevalente soccombenza della S..
3. I due ricorsi riuniti sono entrambi da rigettare.
3.1. Il primo motivo di ricorso principale è inammissibile, in quanto l’errore di calcolo può ritenersi o revocatorio o oggetto di rettifica ai sensi degli artt. 287 e ss. c.p.c., per cui è inammissibile la richiesta prospettata in questa sede di innalzare a sedici i dodici anni che la Corte d’appello afferma essere quelli di durata complessiva del processo presupposto (S.U. 7 luglio 2010 n. 16937).
Anche a non tenere conto che la minore durata potrebbe essere giustificata dalla esclusione dal calcolo del lungo periodo in cui si svolse l’appello avverso la sentenza parziale di cui è cenno nella impugnativa del resistente, comunque il motivo è inammissibile per la mancanza di quesito ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c..
3.2. Il secondo motivo di ricorso è infondato perchè, se è vero che gli interessi sull’equo indennizzo sono dovuti dalla domanda (Cass. 7 giugno 2010 n. 13681, tra altre) essi non devono necessariamente porsi a carico del condannato a pagare l’indennizzo in caso di mancata espressa domanda dell’interessato, potendo il giudice ritenere reintegratoria la determinazione equitativa dell’indennizzo anche senza tali accessori, rimanendo discrezionale la scelta del modo di liquidare le perdite subite dal danneggiato (in tal senso è la stessa Cass. 8 aprile 2004 n. 6939 citata in ricorso). Anche il secondo motivo di ricorso è quindi infondato e da rigettare.
3.3. Il terzo motivo di ricorso della S. che qualifica come comunitario il diritto vivente creato dalla Corte di Strasburgo con l’attuazione della Convenzione europea de diritti dell’uomo, erroneamente afferma che sarebbe incongrua la somma di Euro 8000,00 liquidata come indennizzo per poco di più di dieci anni di durata ingiusta, come peraltro è invece consentito dalla più recente giurisprudenza di questa Corte e degli stessi giudici sopranazionali (Cass. 24 luglio 2009 n. 17404).
Pertanto anche tale motivo di ricorso può essere respinto.
3.4. In ordine poi alle richieste di rinvio da parte della S., che hanno fatto attribuire ad essa i tempi derivati dalla loro concessione, è condivisibile la scelta della Corte di merito che attribuisce alla parte la conseguenza di una parte del ritardo derivato da tali rinvii richiesti dalla S., senza considerare il termine di cui all’art. 81 disp. att. c.p.c., esattamente ritenuto ordinatorio e comunque non vincolante per il giudice.
La imputabilità alla parte che ha chiesto i rinvii invece che al giudice che li ha disposti del prolungamento dei tempi ad essi connessi risulta comunque parziale e fa presumere che la Corte abbia in concreto valutato la condotta della ricorrente ritenendola negligente o dilatoria, valutando come fisiologici i tempi superiori ai quindici giorni nei quali la causa venne rinviata e non connessi a disfunzioni organizzative degli uffici giudiziari (Cass. 10 maggio 2010 n. 11307).
4. Va anzitutto respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso per la presupposta inidoneità dei quesiti conclusivi dei ricorsi, in quanto possono prospettarsi insieme violazioni di legge e difetti motivazionali, purchè mantenuti distinti anche nelle conclusioni di sintesi di ciascun motivo.
Deve quindi rigettarsi l’eccezione del Ministero di inammissibilità dell’intero ricorso principale sopra esaminato, senza l’esame analitico dei singoli motivi e dei rispettivi quesiti conclusivi.
4.1. I sei motivi di ricorso incidentale sono tutti inammissibili facendo riferimento a fatti in gran parte nuovi, senza precisare in quale sede gli stessi si siano prospettati in sede di merito e comunque domandando, per la prima volta in cassazione, di rivalutare tali circostanze per giungere a una valutazione diversa di esse, sia per limitare la durata giusta del processo che per liquidare una somma minore di quella decisa nel merito.
In ordine alla conformità all’originale delle copie dei verbali del processo presupposto che effettivamente fu prospettata con la prima difesa nel merito, la risposta della Corte che ha considerato le fotocopie conformi agli originali in mancanza di ragioni, che consentano di rilevarne la eventuale difformità, neppure con il ricorso del Ministero risulta smentita tale conclusione nè si chiarisce quale incidenza essa, se sussistente; avrebbe avuto sulla concreta decisione di merito della condanna all’equo indennizzo.
La Corte di merito avrebbe potuto anche di ufficio acquisire agli atti gli originali dei verbali, ma ha ritenuto inutile tale ulteriore adempimento con scelta discrezionale incensurabile senza la indicazione di specifiche difformità incidenti negativamente per il ricorrente sulla decisione impugnata.
In ordine alla esistenza di un sequestro cautelare, di una sentenza parziale e di un appello avverso quest’ultima nel primo grado del processo presupposto, non risulta dal ricorso nè dove nè quando tali fatti siano stati denunciati e dedotti nel giudizio di merito, per cui il loro esame deve considerarsi precluso in questa sede; ciò comporta l’inammissibilità del terzo motivo di ricorso che deduce questioni nuove su tali circostanze, senza precisare se e in quale contesto del processo di merito le stesse furono proposte.
Neppure si comprende quali ragioni abbiano comportato una riduzione dell’ansia per l’esito della causa presupposta e una diminuzione dell’interesse della ricorrente alla conclusione del giudizio che avrebbero comportato comunque un ridotto danno non patrimoniale, su cui non risulta si sia fatta questione nel merito per cui anche il quarto motivo è inammissibile, così come gli ultimi due motivi del ricorso incidentale, anche essi relativi a ipotesi astratte, per essere chiara la soccombenza del Ministero nella causa conclusa dal decreto impugnato, avendo la disorganizzazione degli apparati predisposti dal convenuto determinato il danno da indennizzare.
5. In conclusione i due ricorsi riuniti devono entrambi rigettarsi perchè infondati e le spese di causa possono interamente compensarsi tra le parti.

P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi riuniti e compensa le spese del presente giudizio di cassazione tra le parti.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte di Cassazione, il 12 ottobre 2010.
Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2010