Con ricorso iscritto al n. 3119 dell’anno 2007, la parte ricorrente impugnava i provvedimenti indicati in epigrafe. A sostegno delle sue doglianze, premetteva:
– di essere presidente e legale rappresentante del consorzio edilizio di omissis, costituito dai proprietari degli immobili siti ai predetti numeri civici; che tali immobili furono demoliti in forza dei danni subiti dal sisma del 1980, in seguito alla non convenienza della riparazione, e che i fabbricati in questione furono inseriti nel Piano di Recupero ex lege n. 219/1981;
– che, tuttavia, non era mai stato possibile ricostruirli e, da ultimo, l’Amministrazione aveva nuovamente respinto l’istanza dei proprietari, benché il progetto presentato fosse conforme alle prescrizioni del Piano di Recupero, prevedendo la ricostruzione con eguali superfici e volumi, con aumento delle altezze per recuperare la cubatura persa in conseguenza dell’arretramento di 1,5 mt. rispetto al vecchio fronte di via Roma.
Instava quindi per l’annullamento degli atti impugnati, con vittoria di spese processuali.
Si costituiva l’Amministrazione chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.
All’udienza del 26.11.2009, con ordinanza n. 830/2009, veniva disposta un’istruttoria per acquisire il Piano di Recupero, in particolare per verificare quali fossero le prescrizioni dello stesso in materia di altezze delle costruzioni per le quali si prevede l’arretramento; e, in data 04.02.2010, il Comune depositava la documentazione richiesta.
Tuttavia, il ricorso non appariva ancora maturo per la decisione, occorrendo accertare quale fosse stato il procedimento che aveva portato all’approvazione del Piano di Recupero (e delle sue varianti) riguardante la zona ove è sito il fabbricato in discussione, in particolare per stabilire se fosse o meno stata effettuata una valutazione paesaggistica delle sue prescrizioni ad opera della competente Autorità; e quali fossero le previsioni del P.d.R. per la zona suddetta, eventualmente disciplinanti il singolo fabbricato oggetto di controversia.
Pertanto, all’udienza del 25.02.2010, con ordinanza n. 199/2010, tale accertamento veniva demandato al Comune di Castellammare di Stabia; e, in data 03.05.2010, il Comune depositava una nota in cui precisava che il PRG era stato adeguato al PUT sicché in sede di pianificazione urbanistica si era tenuto conto anche delle esigenze di tutela paesaggistica; che, inoltre, per il comparto urbanistico in cui si trova l’edificio in parola era stata approvata la scheda urbanistica contenente le prescrizioni per la ricostruzione degli edifici condominiali di via Roma 42 – 52, di cui al vigente Piano di Recupero, in conformità al disposto di cui all’art. 34 d.lgs. 76/1990.
All’udienza del 09.12.2010, il ricorso è stato assunto in decisione.

DIRITTO
La parte ricorrente impugnava i provvedimenti in epigrafe per i seguenti motivi: 1) violazione della l. reg. n. 35/1987, atteso che il permesso di costruire è stato negato perché il progetto contrasterebbe con il PUT approvato con la legge in questione; tuttavia, l’art. 5 della legge reg. 35/1987 contiene misure di salvaguardia valevoli fino all’approvazione dei PRG o al loro adeguamento, se già vigenti; nel caso di specie, il PRG del comune di Castellammare di Stabia è stato adeguato al PUT con delibera di CC n. 73/1999, approvata con decreto del Presidente della Provincia n. 324 del 22.03.05; il richiamo all’art. 5 del PUT è pertanto illegittimo; il limite di altezza di cui all’art. 19 del PUT è comunque inapplicabile, perché si riferisce a piani esecutivi tra cui non rientrano quelli ex lege n. 219/1981; le opere in questione risultano già inserite nelle previsioni urbanistiche del Comune, la cui conformità al PUT è stata già attestata dalle competenti amministrazioni; 2) violazione dell’art. 14 l. 219/1981, atteso che la norma in questione prevede il silenzio assenso sulla richiesta di permesso di costruire, ove il sindaco non provveda entro 15 giorni dal rilascio del parere della commissione tecnica comunale (rilasciato con esito favorevole in data 03.11.05); pertanto, l’Amministrazione avrebbe dovuto annullare l’autorizzazione formatasi per silenzio assenso con un atto in sede di autotutela, e non adottare un diniego tardivo; violazione dell’art. 7 l. n. 241/1990, attesa l’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento; 3) la normativa di cui alla l. 219/1981 è speciale ed eccezionale, e dunque prevale sulla disciplina vincolistica di cui alla l. reg. 35/1987; 4) violazione dell’art. 42 Cost., perché, ove s’impedisse la ricostruzione dell’immobile preesistente, risulterebbe ingiustificatamente violato il diritto di proprietà.
In memoria depositata in data 23.06.2010, il Comune chiedeva il rigetto del ricorso perché la parte ricorrente, avendo proposto una nuova soluzione progettuale, non avrebbe più interesse.
Preliminarmente, occorre osservare che l’eccezione dell’Amministrazione – relativa alla sopravvenuta carenza di interesse in forza della proposizione di una nuova valutazione progettuale da parte del ricorrente – non può essere accolta, atteso che la semplice presentazione di una nuova soluzione progettuale non può di per sé comportare la carenza di interesse alla decisione del ricorso ed all’annullamento del diniego impugnato, ed infatti la parte ricorrente, in udienza, ha confermato di avere comunque interesse alla decisione.
Nel merito, il ricorso non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.
È noto che, ex lege n. 219/1981, il proprietario di un immobile distrutto dal sisma del 1980 ha il diritto di ricostruirlo, con pari volumetria; se necessario, si consente la ricostruzione in altro sito.
Nel caso di specie, il progetto è stato presentato in modo conforme al Piano di Recupero, prevedendo la ricostruzione con eguali superfici e volumi, anche se con aumento delle altezze per recuperare il volume perso in conseguenza dell’arretramento di 1,5 mt. rispetto al vecchio fronte di via Roma: infatti, il previsto arretramento dell’area di sedime è finalizzato al soddisfacimento di esigenze pubbliche. Come evidenziato da parte ricorrente nella memoria depositata in data 25.02.2010, dalla scheda relativa alla Zona B1 – Ricostruzione dei fabbricati di via Roma 42 e 52 – risulta che l’altezza massima consentita è quella risultante dal "rispetto della vigente normativa sismica e fino al raggiungimento della superficie utile esistente", come stabilito dall’art. 15 delle NTA: il Piano di Recupero, dunque, non prevede un’altezza predeterminata dei fabbricati da ricostruire.
Tuttavia, l’Amministrazione ha rigettato l’istanza perché il PUT non consente, nella zona in questione, il superamento dell’altezza massima di metri 17,30 (art. 19 della l. reg. 35/1987).
Come si evince dalla nota depositata dal Comune in data 03. 05. 2010, il PRG era stato adeguato al PUT sicché in sede di pianificazione urbanistica si era tenuto conto anche delle esigenze di tutela paesaggistica; inoltre, per il comparto urbanistico in cui si trova l’edificio in parola era stata approvata la scheda urbanistica contenente le prescrizioni per la ricostruzione degli edifici condominiali di via Roma 42 – 52, di cui al vigente Piano di Recupero, in conformità al disposto di cui all’art. 34 d.lgs. 76/1990.
Vi è allora una discrepanza tra quanto consente il Piano di Recupero, integralmente assunto nella variante di adeguamento del PRG al PUT, ed il PUT. In altri termini, il PRG (che dovrebbe essere adeguato al PUT) consente un intervento che il PUT stesso preclude.
Orbene, non può essere accolta l’osservazione di parte ricorrente, secondo cui dovrebbe essere senz’altro applicato il PRG, perché il PUT sarebbe solo "uno strumento di indirizzo e di controllo dell’utilizzazione del territorio in grado di vincolare solo le amministrazioni locali che sono tenute all’adeguamento dei rispettivi strumenti urbanistici a detto piano territoriale", ma "Una volta avutosi l’adeguamento le disposizioni del PRG prevalgono su quelle del PUT e queste ultime non esplicano più efficacia" (memoria depositata in data 25.02.2010).
Tale osservazione non può essere condivisa atteso il principio di gerarchia tra le fonti del diritto: il PUT è stato approvato con una legge (ancorché regionale), sicché le prescrizioni dello stesso devono ritenersi prevalenti su quelle del Piano di Recupero e del PRG. In caso di contrasto tra Piano di Recupero e PRG ed il PUT, è quest’ultimo che deve prevalere, essendo stato approvato con legge; sicchè è il piano di recupero, nella parte in cui consente di superare il limite di altezza fissato dal PUT, ad essere illegittimo. Tale conclusione risulta confortata anche dal Codice per i beni culturali e paesaggistici: i piani regolatori generali e gli altri strumenti urbanistici si devono conformare alla pianificazione paesistica (art. 145 co. 3); il d.lgs. 63/08, modificando tale articolo ha aggiunto che le previsioni dei piani paesaggistici non sono derogabili da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico, e modificando altresì il precedente art. 143, ha, al co. 9, stabilito che "A far data dalla approvazione del piano le relative previsioni e prescrizioni sono immediatamente cogenti e prevalenti sulle previsioni dei piani territoriali e urbanistici".
Sicché, correttamente l’Amministrazione ha denegato il permesso di costruire, in applicazione della disciplina di cui alla legge in parola.
Si può osservare che, evidentemente, quando il PRG è stato adeguato al PUT, non sono stati adeguatamente considerati i limiti di altezza fissati dalla legge n. 35/1987.
Né si può sostenere che la legge n. 219/1981, attesa la sua natura speciale, debba prevalere sulle esigenze di tutela paesaggistica. Infatti, come già ritenuto da questo Tribunale, non è ravvisabile alcuna ragione valida per ritenere che l’opera di ricostruzione del patrimonio edilizio danneggiato dal sisma debba avvenire con sacrificio della tutela paesaggistica, che, per giurisprudenza costante della Corte Costituzionale, è valore primario che a nessun altro può essere subordinato (Tar Campania, Napoli, sez. IV, n. 9570/2004; sez. II, n. 7164/2006). Come precisato in quest’ultima pronunzia, "Le opposte esigenze, quella di agevolare la ricostruzione degli edifici danneggiati dal sisma, e quella di garantire una trasformazione del territorio coerente con la salvaguardia dei valori ambientali, trovano composizione nella disposizione in argomento, che presuppone, giustappunto, la previa approvazione di strumenti urbanistici, ancorché settoriali ed attuativi, conformi al P.U.T.. Di contro, non risulta richiamata la diversa fattispecie regolata al comma 15 dell’art. 28 della legge 219/1981, vale a dire quella che prevede la diretta assentibilità di interventi ricostruttivi nel caso di edifici isolati o case sparse da ritenersi, pertanto, implicitamente esclusa dalla portata operativa della suddetta disposizione regionale. Orbene, la previsione normativa in argomento, anzitutto, vale a sconfessare, in via definitiva, l’assunto secondo cui l’intero impianto normativo di cui alla l. n. 219/1981, in ragione della logica emergenziale che lo connota, sarebbe impermeabile alla sopravvenuta disciplina regionale".
Risultano pertanto infondati il primo ed il terzo motivo di ricorso.
Infondato è anche il secondo motivo, in forza del quale sarebbe stato violato l’art. 14 l. 219/1981, atteso che la norma in questione prevede il silenzio assenso sulla richiesta di permesso di costruire, ove il sindaco non provveda entro 15 giorni dal rilascio del parere della commissione tecnica comunale; pertanto, l’Amministrazione avrebbe dovuto annullare l’autorizzazione formatasi per silenzio assenso con un atto in sede di autotutela, e non adottare un diniego tardivo.
La norma di cui all’art. 14 co. 7 l. n. 219/1981 prevede infatti il silenzio assenso non sulla domanda di permesso di costruire, bensì sulla domanda di concessione dei contributi di ricostruzione e riparazione. Pertanto, non può sostenersi che il permesso di costruire sia stato rilasciato per silenzio assenso.
Non risulta fondato neanche il quarto motivo: l’impossibilità di superare i limiti di altezza fissati dalla l. reg. n. 35/1987 non comporta, di per sé, alcuna ingiustificata lesione del diritto di proprietà, ben potendosi elaborare altre soluzioni progettuali che consentano il recupero della volumetria preesistente rispettando i limiti di altezza in questione; in ogni caso, le limitazioni al diritto di proprietà dettate da esigenze di tutela paesaggistica, come è noto, non comportano l’obbligo di corrispondere un indennizzo.
Infine, non può ritenersi di per sé inapplicabile la normativa vincolistica sopravvenuta: il sopravvenuto vincolo paesaggistico è stato ritenuto opponibile (con conseguente necessità della richiesta di autorizzazione paesaggistica) per interventi edilizi – quale quello in questione – che non siano stati ancora autorizzati nemmeno sotto il profilo edilizio (così CdS, VI, n. 3851/2010).
Non può essere accolta neanche la domanda risarcitoria, per come formulata: infatti, la parte ricorrente ha chiesto il risarcimento del danno derivante dall’illegittimo diniego del permesso di costruire; sicché, accertata la legittimità del predetto diniego, il diritto al risarcimento del danno non può essere riconosciuto. La fondatezza di una domanda risarcitoria fondata sul complessivo comportamento tenuto dall’Amministrazione non può, dunque, essere valutata in questa sede.
Sussistono giusti motivi, attesa la particolare complessità della questione, per compensare interamente tra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.
definitivamente pronunciando, disattesa e respinta ogni diversa istanza, domanda, deduzione ed eccezione, così provvede:
1. Respinge il ricorso n. 3119 dell’anno 2007;
2. Rigetta la domanda di risarcimento dei danni;
3. Compensa integralmente le spese tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 9 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:
Michelangelo Maria Liguori, Presidente FF
Guglielmo Passarelli Di Napoli, Primo Referendario, Estensore
Carlo Polidori, Primo Referendario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 14 GEN. 2011.