Con atto di citazione in data 26.2.88 il Condominio dell’edificio sito in (OMISSIS), convenne davanti al Tribunale della citta’ L.G., condomino dello stesso stabile, lamentando che questi occupava il cortile condominiale con materiali, attrezzature e veicoli di sua proprieta’ e che tale occupazione aveva carattere permanente, impedendo il passaggio e la possibilita’ di carico e scarico di materiale nonche’ l’accesso alle cantine da parte degli altri condomini. Chiese pertanto la condanna del convenuto alla rimozione di quanto indicato e al risarcimento danni per l’abusiva occupazione per il periodo di tempo non coperto dalla prescrizione e fino alla rimozione.
Il convenuto, costituitosi, chiese il rigetto della domanda sostenendo la piena legittimita’ dell’uso da lui fatto del cortile condominiale in quanto non pregiudicava il possibile utilizzo degli altri condomini; l’assenza di qualsiasi danno per il Condominio; il difetto di legittimazione dell’amministratore a proporre l’azione risarcitoria.
All’esito dell’istruttoria, il Tribunale di Roma, con sentenza n. 36875/02, in accoglimento della domanda attorea, condanno’ il convenuto a rimuovere gli automezzi di sua proprieta’ dal cortile interno condominiale e a corrispondere al Condominio la somma di Euro 1.239,50 per ogni anno di occupazione abusiva, con decorrenza dalla data della domanda, oltre le spese di lite.
La decisione fu confermata dalla Corte d’appello di Roma che, con sentenza n. 5060/05, respinse il gravame proposto dal L. che condanno’ alla spese del grado.
Contro la decisione ha proposto ricorso per Cassazione il L. formulando cinque motivi di censura illustrati da una memoria.
Ha resistito l’intimato Condominio con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1 – Va anzitutto sgombrato il campo dall’eccezione preliminare formulata dal resistente Condominio, secondo il quale il ricorso proposto dal L. sarebbe inammissibile perche’ privo dell’indicazione completa dei dati anagrafici del ricorrente.
L’eccezione e’ infondata atteso che l’identita’ del ricorrente risulta dai dati del codice fiscale riportato nell’epigrafe del ricorso.
Si puo’ quindi procedere all’esame dei motivi di impugnazione.
2 – Con il primo motivo si denunciano la violazione dell’art. 1130 c.c. e degli artt. 81, 99 e 100 c.p.c. nonche’ omessa esame e motivazione di punto decisivo per avere la Corte d’appello respinto l’eccezione di difetto di legittimazione dell’amministratore del condominio a proporre la domanda risarcitoria ritenendo che si trattava di azione conservativa dei diritti dei condomini sulle parti comuni dell’edificio per la quale non e’ necessaria la preventiva autorizzazione dell’assemblea, non considerando che:
a) la domanda risarcitoria, avendo ad oggetto il danno derivante dal mancato guadagno, non poteva ritenersi conservativa e, quindi, non era equiparabile all’inibitoria, contro la quale infatti l’eccezione non era stata rivolta;
b) il potere di agire in giudizio era stato conferito all’amministratore con la Delib. 28 febbraio 2005, benche’ tale delibera, prodotta dal Condominio solo in appello, concernesse soltanto la cessazione dell’occupazione abusiva, e cioe’ soltanto un’azione conservativa.
La censura va disattesa.
Ritenendo l’amministratore legittimato a proporre anche l’azione risarcitoria la Corte di merito si e’ conformata alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale il potere rappresentativo che compete all’amministratore del condominio ex artt. 1130 e 1131 c.c. e che, sul piano processuale, si riflette nella facolta’ di agire in giudizio per la tutela dei diritti sulle parti comuni dell’edificio, comprende tutte le azioni volte a realizzare tale tutela, con esclusione soltanto di quelle azioni che incidono sulla condizione giuridica dei beni cui si riferiscono esulando, pertanto, dall’ambito degli atti conservativi (ex plurimis:
Cass. 24764/05, nonche’ Cass. 4845/99; Cass. 8246/97).
Sotto il primo profilo, quindi, il motivo e’ infondato.
Anche nel resto il motivo e’ infondato.
Dalla sentenza risulta infatti che la legittimazione dell’amministratore e’ stata affermata non in base alla delibera dell’assemblea (che peraltro, in quanto prova precostituita decisiva, poteva essere prodotta anche in appello), ma ex lege, in base al disposto degli artt. 1130 e 1131 c.c..
2 – Con il secondo motivo si denunciano violazione degli artt. 1102 e 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c. nonche’ omesso esame e motivazione su punto decisivo per avere la CA ritenuto che il ricorrente, occupando in modo permanente l’area di proprieta’ condominiale, aveva "impedito un pari, o comunque possibile, anche potenziale uso agli altri condomini" senza tenere conto:
a) che in base a quanto dichiarato da alcuni testi non era provato che l’occupazione dell’area era permanente;
b) che l’area era assoggettata a servitu’ di passaggio, costituita con il regolamento condominiale contrattuale a favore dei garages di proprieta’ del ricorrente, per cui l’uso che il ricorrente faceva dell’area costituiva esercizio della servitu’;
c) che su otto garages, sei erano di proprieta’ del ricorrente, ditalche’ il potenziale pari uso dell’area da parte degli altri condomini, come accertato dal CTU, era puramente teorico, non potendo nessuno, tranne il ricorrente, fruire dell’area per parcheggiare i propri veicoli. In ogni caso, prosegue il ricorrente, la Corte di merito non ha chiarito quale possibile uso dell’area da parte degli altri condomini era impedito, o ridotto, dall’uso fattone dal ricorrente, limitandosi ad indicare come unico pregiudizio il rischio dell’usucapione, senza pero’ fornire al riguardo riscontri concreti.
Nessuno dei rilevi merita accoglimento.
Anzitutto va detto che la questione dell’esistenza della servitu’, prospettata sub b), viene dedotta per la prima volta in questa sede e, pertanto, ne e’ precluso l’esame da parte del Collegio. Ne consegue che, sotto questo profilo, il motivo e’ inammissibile.
Anche i restanti rilievi sono inammissibili.
Dalla sentenza risulta che la Corte d’appello ha ritenuto provato il carattere permanente dell’occupazione del cortile da parte del L. sulla base della valutazione complessiva di tutte le risultanze di causa, che non erano costituite solo dalla prova testimoniale (da cui comunque era emerso che "il L., con propri veicoli, materiali e macchinari, tra cui una gru, aveva occupato abitualmente e con continuita’ sistematica l’area condominiale"), ma anche dalle dichiarazioni di contenuto ammissivo (testualmente riportate nella sentenza), rese dallo stesso L. nell’assemblea (OMISSIS), al cui o.d.g. risultava posta proprio "l’autorizzazione ad adire le vie legali contro l’occupazione abusiva del suolo condominiale" e nella quale il L. era stato espressamente invitato a sgomberare il cortile.
Rispetto alla ratio decidendi, fondata sulla ragionata e dettagliata valutazione del materiale probatorio, i rilievi mossi sub a) del motivo risultano privi di specificita’ in quanto non solo non viene riportato il contenuto delle deposizioni testimoniali asseritamente di segno contrario a quello indicato in sentenza, ma non attaccano la complessiva valutazione delle prove compiuta dal giudicante.
Ne consegue che anche sotto questo profilo il motivo di ricorso e’ inammissibile.
Altrettanto generici, e percio’ inammissibili anch’essi, sono i rilievi sub c), i quali si appuntano soltanto sull’impossibilita’ "tecnica" per gli altri condomini di servirsi del cortile come parcheggio dei quattro posti auto di cui aveva riferito l’ausiliare, senza pero’ censurare la sentenza nella parte in cui, correttamente applicando al caso di specie i principi di diritto elaborati nella materia dalla giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis: Cass. 11268/98; Cass. 3368/95), ha posto in evidenza che l’occupazione in via esclusiva del cortile da parte del L. impediva non gia’ l’uso identico dell’area da parte degli altri condomini, bensi’ l’uso anche solo potenziale del bene comune in relazione ai diritti di ciascuno. Quanto al "rischio" di usucapione, la critica mossa dal ricorrente riguarda una parte non decisiva della sentenza, contenente considerazioni svolte dal giudicante solo ad abundantiam.
Il motivo, nella sua interezza, e’ pertanto inammissibile.
3 – Con il terzo motivo si denunciano violazione degli artt. 1223 e 2697 c.c. nonche’ insufficiente esame e motivazione su punto decisivo per avere la Corte d’appello riconosciuto al Condominio il risarcimento del danno, pur non essendo risultata provata la sussistenza di alcun danno, neppure virtuale, derivante al Condominio dalla limitazione del pari uso. Inoltre, non era stata provata la possibilita’ del Condominio di locare gli spazi a terzi e che il cortile servisse da accesso alle cantine. Lamenta, infine, la ricorrente la violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere Corte di merito accolto la domanda del Condominio a titolo di indebito arricchimento ex art. 2041 c.c. benche’ il Condomino non avesse proposto domanda in tal senso, avendo chiesto soltanto il risarcimento danni.
Anche questa censura va disattesa.
Correttamente la Corte di merito ha riconosciuto il danno in favore del Condominio. Ed invero, una volta accertata che l’occupazione era stabile, protratta nel tempo ed estesa al punto da impedire agli altri condomini anche l’uso potenziale del cortile comune, il danno era in re ipsa.
Non risulta dalla sentenza che il giudicante abbia ritenuto compresa nel danno anche la limitazione dell’accesso alle cantine.
La possibilita’ di locare gli spazi a terzi risulta considerata soltanto come parametro di riferimento ai fini del calcolo della liquidazione equitativa del danno a cui il giudicante poteva, in base al potere assegnatogli dall’art. 1226 c.c., fare ricorso nell’impossibilita’ di determinarne il preciso ammontare, e poiche’ si tratta di un parametro oggettivo, peraltro non censurato specificamente, la liquidazione non e’ sindacabile in sede di legittimita’.
Non ricorre la lamentata violazione dell’art. 112 c.p.c. perche’ il risarcimento e’ stato riconosciuto in relazione alla ritenuta abusivita’ dell’occupazione e non a titolo di ingiustificato arricchimento.
Il motivo, pertanto, va respinto.
4 – Con il quarto motivo si denunciano violazione degli artt. 1223 e 1226 c.c. nonche’ insufficiente motivazione su punto decisivo per avere la Corte d’appello liquidato il danno in base al valore locatizio di quattro posti auto, benche’ tale parametro di riferimento dovesse essere escluso perche’ nessuno, tranne il ricorrente, poteva fruire dell’area come parcheggio.
Il motivo, ripetitivo dei due precedenti, non puo’ che seguirne la sorte.
5 – Con il quinto motivo si denunciano violazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c. nonche’ insufficiente motivazione su punto decisivo per avere la Corte d’appello fatto decorrere la liquidazione del danno dal 26.2.1983, anziche’ dalla domanda giudiziale, proposta nel 1988.
Si lamenta inoltre che l’occupazione e’ stata ritenuta provata sulla base del verbale di assemblea (OMISSIS), in cui era pero’ comparso L.M., soggetto diverso dal ricorrente.
Anche questo motivo va disatteso.
Trattandosi di danno da occupazione illegittima, e cioe’ di natura extracontrattuale, il risarcimento non poteva che decorrere dalla data dell’illecito, risalente al 1973. Nel caso di specie, tuttavia, la Corte di merito, tenendo conto della prescrizione, ha correttamente liquidato il risarcimento soltanto per il periodo non coperto dalla prescrizione, e cioe’ dal 1983.
La prima parte del motivo e’ percio’ infondata.
La questione posta nell’ultima parte del motivo, in quanto riferita al periodo di tempo coperto dalla prescrizione, e’ inammissibile per difetto di interesse.
Il ricorso va, pertanto, respinto ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese, liquidate come segue.

P.Q.M.
LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 1.200,00 (milleduecento/00), di cui 1.000,00 (mille/00) per onorari.
Così deciso in Roma, il 21 maggio 2009.
Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2009