Con due distinti ricorsi al TAR Lombardia, sezione staccata di Brescia, iscritti rispettivamente al nrg n. 368/02 e n. 437/02 la soc. PINO S.R.L. ha agito per l’annullamento:
– quanto al primo ricorso, della delibera del C.C. di Moglia n. 36 del 18.6.2001 di approvazione definitiva del piano di recupero per l’area "ex Macello" e della relativa convenzione; della concessione edilizia n. 67 del 15.3.2002 per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria relative al suddetto piano di recupero; degli atti connessi, compresa la delibera C.C. n. 16 del 15.3.2001 di adozione del medesimo piano di recupero;
– quanto al secondo, della concessione edilizia n. 82 del 2.4.2002 per la realizzazione di un fabbricato a destinazione commerciale/residenziale in esecuzione del piano di recupero per l’area "ex Macello" approvato con delibera C.C. n. 36 del 18.6.2001 ed atti connessi.
Con sentenza n. 965/2003 il TAR di Brescia ha dichiarato irricevibili ed inammissibili i due ricorsi riuniti, sul presupposto principale che la ricorrente, in quanto soggetto terzo, non proprietaria delle aree comprese nel piano in contestazione, avrebbe dovuto impugnazione entro il termine di decadenza di sessanta giorni decorrente dall’ultimo giorno di pubblicazione all’albo pretorio del comune di Moglia della delibera di approvazione del piano medesimo.
Avverso la predetta sentenza ha interposto appello la società Pino, contestando anzitutto la declaratoria di tardività, assunta sull’erroneo presupposto che i provvedimenti di adozione ed approvazione del piano di recupero " ex Macello " non dovessero esserle notificati direttamente.
In particolare, l’appellante – ritrascrivendo integralmente il contenuto del ricorso al TAR – osserva che l’ambito del comparto si estende obiettivamente al di là del perimetro disegnato nel P.R.G., fino a ricomprendere l’area di sua proprietà destinata alla realizzazione della viabilità di accesso – denominata via Tiziano – ai tre lotti ( A, B e C) in cui si articola l’intervento edilizio previsto dal piano di recupero e perciò innegabilmente "posta al diretto servizio della futura edificazione".
Ciò sarebbe ulteriormente confermato dal fatto che il Comune si è impegnato a realizzare le opere di urbanizzazione necessarie per l’accesso agli alloggi con ingresso ad est, verso la proprietà di Pino s.r.l., già previste al punto 2.2.1 della convenzione attuativa del Piano di Recupero e che, ancora più esplicitamente, in sede di rilascio della concessione edilizia relativa alle opere di urbanizzazione in data 15 marzo 2002, lo stesso Comune ha precisato che la realizzazione delle opere e degli stacchi su via Tiziano – che sarebbe la denominazione "prematuramente" attribuita all’area esproprianda, è subordinata alla acquisizione della stessa da parte dell’amministrazione.
Conseguentemente, avendo erroneamente il TAR ritenuto di applicare i principi giurisprudenziali in tema di sufficienza della mera pubblicazione degli atti di pianificazione urbanistica nei confronti di soggetti terzi, altrettanto erroneamente lo stesso Giudice avrebbe omesso di vagliare i motivi di ricorso, che pertanto vengono integralmente riproposti con l’atto d’appello in epigrafe.
Si è costituita in giudizio la soc. UNIECO controinteressata, per contestare diffusamente l’appello prima con memoria dell’avv. Davolio e, quindi, con memoria di nuovo difensore nominato a seguito del decesso stesso del predetto originario difensore.
Parte appellante ha illustrato il gravame con ulteriore memoria.
Alla pubblica udienza del 21 dicembre 2010 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1 – Preliminarmente, ritiene il Collegio di tener distinti i tre ricorsi proposti dalla stessa società appellante, aventi ad oggetto tre distinte sentenze del TAR, solo in parte riguardanti la medesima vicenda pianificatoria connessa all’attuazione del P.d.R. "ex Macello" del comune di Moglie.
Ciò, anche al fine di non affastellare eccessivamente l’esposizione in fatto e diritto, in ossequio al principio di chiarezza e sinteticità, di cui all’art. 3, comma 2, c.p.a..
2 – Nel merito vale ulteriormente precisare che la società appellante, proprietaria di un immobile, attualmente gestito dalla soc. Cartes Equipment per la produzione di macchinari dell’industria grafica e tessile, sito nel comune di Moglia con annessa un’area di cortile di pertinenza del fabbricato (accatastato al fg. 26, mappali, rispettivamente 185, nonché 244, 251 e 255), nel dichiarato intento di opporsi alla decisione dell’amministrazione comunale di espropriare una parte del proprio terreno per i lavori di prolungamento della via Tiziano, ha impugnato le delibere indicate in epigrafe, con le quali il consiglio comunale di Moglia ha adottato ed approvato il piano di recupero ad iniziativa privata per l’area "ex Macello", unitamente alla relativa convenzione, nonché le concessioni edilizie dallo stesso comune rilasciate alla società controinteressata per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria relative al piano di recupero e per la costruzione di un fabbricato a destinazione commerciale/residenziale in esecuzione del piano medesimo.
Con due distinti ricorsi riuniti con la sentenza del TAR di Brescia n. 965 del 2003 la società appellante aveva dedotto vari vizi di legittimità, tra cui, in particolare e per quel che rileva preliminarmente in relazione a quanto statuito dalla sentenza di primo grado, la violazione degli artt. 27 e ss. della legge n. 457 del 1978, dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990, eccesso di potere per difetto di istruttoria, per violazione dei principi sulla perequazione urbanistica, per violazione dell’art. 23 della legge urbanistica n. 1150 del 1942 e del principio di unitarietà degli interventi, atteso che la ricorrente non avrebbe ricevuto alcuna comunicazione dell’avvio del procedimento teso all’emanazione degli atti relativi all’approvazione del piano di recupero: in particolare, con tale doglianza, l’interessata lamentava che l’amministrazione non avrebbe valutato a sufficienza gli interessi dei soggetti coinvolti, non includendo la medesima società tra i destinatari dei vantaggi scaturenti dal piano di recupero, per l’adozione del quale non sarebbe stata neanche richiesta la sua adesione.
3 – Con la ricordata sentenza n. 956 il Giudice di primo grado ha dichiarato irricevibile il ricorso avverso gli atti relativi al piano di recupero, i quali avrebbero dovuto essere impugnati nel termine di decadenza decorrente dall’ultimo giorno di pubblicazione delle delibere comunali di adozione ed approvazione del piano, nonché l’irricevibilità e l’inammissibilità anche del secondo gravame, in quanto proposto contro la c.e. n. 82 del 2.4.2002 esclusivamente per l’invalidità derivante dai vizi degli atti gravati con il primo ricorso.
4 – Con il presente atto d’appello la società Pino insorge contro la statuizione del giudice, osservando che la sentenza si sarebbe limitata a dar rilievo al dato, incontestato dalla stessa società ricorrente in primo grado, della collocazione esterna delle aree di proprietà di Pino s.r.l. rispetto al perimetro del piano di recupero, trascurando tuttavia il dato tratto dall’esperienza giurisprudenziale, puntualmente richiamata nell’atto introduttivo, nonché, in particolare, nella memoria datata 20 maggio 2003, secondo la quale l’attribuzione della caratteristica di terzietà si basa su altri presupposti, ricorrenti tutti nel caso di specie.
In particolare, su tale punto l’appellante ribadisce quanto già dedotto innanzi al TAR, circa il fatto che l’area di proprietà della società ricorrente "interessata dall’espropriazione" era pacifìcamente esterna al perimetro di comparto, così come disegnato dal Piano Regolatore.
Peraltro e per contro, tale perimetro non poteva individuare il criterio distintivo tra i soggetti nei confronti dei quali esiste l’obbligo di notifìca, ai sensi dell’art. 16, penultimo comma, della legge urbanistica del 1942, ed i soggetti terzi.
Infatti, il comparto, in forza di un principio di elaborazione giurisprudenziale puntualizzato proprio a proposito dei Piani di Recupero, nel localizzare e dimensionare le aree destinate a standards non può gravare disomogeneamente le diverse proprietà, come sarebbe avvenuto nel caso di specie, ove addirittura le aree di proprietà della ricorrente sono per intero destinate a soddisfare il fabbisogno di standard, ed in particolare di opere di urbanizzazione primaria, senza poter beneficiare di alcuna possibilità edificatoria.
5 – Dallo stesso principio di oggettiva unitarietà del comparto l’appellante fa derivare la necessità di una valutazione della effettiva e reale estensione dello stesso, tenendo appunto conto della necessaria appartenenza al comparto sia delle aree direttamente destinate all’edificazione, sia delle aree destinate a servire tale edificazione, a renderla concretamente possibile e giuridicamente legittima; solo ricomprendendo nel comparto le une e le altre lo stesso potrà dirsi tale.
Nel caso di specie, conclude l’appellante, la configurazione dell’intervento rende evidente il ruolo assegnato all’area dell’appellante, che assume la "funzione di viabilità interna al comparto", seppur perimetrale, del tutto simmetrica alla viabilità che separa la parte residenziale.
6 – Già da quest’ultima affermazione, riportata a pg. 6 dell’atto d’appello, si coglie l’inconsistenza della censura, essendo contradditorio parlare di "viabilità interna al comparto seppur perimetrale", dopo avere ribadito la collocazione esterna delle aree di proprietà di Pino s.r.l. rispetto al perimetro del piano di recupero.
7 – Per cogliere meglio l’infondatezza del motivo d’appello, occorre, tuttavia ed ulteriormente, precisare che il Piano di recupero ed il relativo "comparto di intervento", collocato nel capoluogo comunale, si estende per mq. 11.985 su una superficie di pianta regolare a forma di parallelogramma, perimetrato a nord da via Michelangelo, a sud dall’area verde adiacente il centro polivalente Mondo Tre, ad est da via Tiziano e ad ovest da Corso Garibaldi.
Sulla predetta area era ubicata una serie di fabbricati, divenuti con il tempo fatiscenti, prima adibiti ad uso macello e da diverso tempo ormai abbandonati.
L’intervento prevedeva la totale demolizione dei fabbricati, tranne per il corpo di fabbrica collocato all’estremo sud-ovest, che sarebbe stato "ceduto come standard urbanistico al Comune per futuri utilizzi pubblici" ( cfr. relazione illustrativa allegata alla delibera comunale n. 16 del 2001, oggetto di impugnativa al TAR ).
L’area in contestazione è quella di sedime della predetta via Tiziano, identificata, secondo i dati catastali e le planimetrie versate in atti, con i mappali 244 e 251 del fg. 26.
Il predetto tracciato di via Tiziano non è la denominazione " prematuramente " attribuita all’area esproprianda, come asserito nell’atto d’appello, ma una previsione viaria contenuta sin dal 1986, nel P. R.G. del medesimo comune.
In particolare, dalla Tav. 2 del predetto strumento urbanistico generale, relativa alla "zonizzazione capoluogo sud" risulta ben evidente e riportata in bianco, al pari delle altre principali vie di comunicazione, la via Tiziano, quale asse di collegamento ortogonale tra via Michelangelo a nord e via Giotto a sud, proseguendo poi oltre quest’ultima sino alla successiva via Mantegna e parallela, a sua volta, al Corso Garibaldi e alla via Botticelli, rispettivamente ad ovest e ad est.
8 – Pertanto – come pure ben evidenziato nella memoria dell’appellata – la strada in questione non è stata introdotta dal P.d.R. qui contestato, quale opera di urbanizzazione primaria, strumento di viabilità necessaria per dare accesso dall’esterno al comparto inserito nel Piano, ma era già da tempo prevista nei precedenti strumenti urbanistici generali ed era, sin dall’inizio, destinata a servire non già un singolo comparto, ma un intero quartiere allocato ad est del corso Garibaldi, comprendente, oltre al comparto in questione, anche gli isolati serviti dalla via Michelangelo, dalla via Botticelli e dalla via Giulio Romano.
Ad ulteriore conferma (ove ve ne fosse eventualmente bisogno; ma così non è) della preesistenza di via Tiziano al P.d.R. in oggetto, valgono le precisazioni contenute negli scritti della medesima appellata – non contestate dall’appellante ma, anzi, suffragate dalle prove fotografiche e documentali in atti – secondo le quali la strada in esame era stata costruita intorno agli anni ’60 – ’70, segnalata con appositi cartelli stradali collocati dal comune all’inizio di via Michelangelo, sul lato nord.
9 – La via Tiziano si presenta, dunque, come strumento di collegamento viario significativo e si colloca, dunque, tra le principali vie di comunicazione stradale, di cui il piano regolatore deve essere munito, ai sensi dell’articolo 7 della legge urbanistica n. 1150 del 1942.
10 – Per tentare di aggirare tale dato incontrovertibile e introdurre un elemento di collegamento fra gli interventi su via Tiziano ed il Piano di recupero dell’ex macello, parte appellante torna a riproporre il motivo, già formulato in primo grado, di violazione del punto 2.2.1 della convenzione in data 4.8.2001, sottoscritta dal comune di Moglia e dalla Unieco S.c.r.l., che prevede l’obbligo del comune medesimo di "completare le opere di urbanizzazione primaria di via Tiziano contemporaneamente a quelle realizzate dalla società lottizzante".
La stessa appellante invoca, altresì e sempre agli stessi fini di collegamento fra strada e Piano, il punto 27 della concessione edilizia n. 82 del 2.4.2002, laddove essa contemplerebbe, invece, la necessità di procrastinare la realizzazione delle opere di completamento della via Tiziano ad un momento successivo all’acquisizione della relativa area di proprietà della ricorrente, consentendo, nel frattempo, l’esecuzione delle opere di urbanizzazione da parte del privato lottizzante.
11 – Il tentativo prospettico della parte appellante rimane, però, tale.
Ribadito che via Tiziano resta fuori del piano, costituendone perimetro esterno, come ammesso dall’interessata, vale ricordare che i piani di recupero del patrimonio edilizio esistente, disciplinati dagli artt. 27 – 30 e 34 della legge 5 agosto 1978, n. 457, sono strumenti di pianificazione urbanistica di secondo livello, a carattere esecutivo; pertanto, essi sono vincolati al rispetto delle previsioni del piano regolatore generale (Cons. Stato, V Sez., 20 novembre 1989 n. 749).
I piani di recupero, nella configurazione loro fornita dagli artt. 28 e 30 della citata legge n. 457, sono, dunque, strumenti di pianificazione urbanistica a finalità attuative e di livello gerarchicamente subordinato, ai quali si riconnettono obblighi di trasformazione edilizia e urbanistica per i proprietari e per il Comune e che non hanno, quindi, una natura meramente programmatica.
Trova, dunque, applicazione ad essi, per esplicita volontà di legge, la disciplina statale per i piani particolareggiati, la quale prevede(va) la notifica individuale, ma soltanto per i proprietari di immobili direttamente incisi dalla disciplina del piano di recupero: art. 16, comma 10, legge 17 agosto 1942, n. 1150, come modificato dall’art. 5 l. 6 agosto 1967, n. 765 (oggi abrogato dall’art. 58 del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, ma all’epoca dei fatti di causa pienamente vigente), il quale dispone(va) che "Il decreto di approvazione di un piano particolareggiato deve essere depositato nella segreteria comunale e notificato nelle forme delle citazioni a ciascun proprietario degli immobili vincolati dal piano stesso entro un mese dall’annuncio dell’avvenuto deposito.".
12 – Da quanto sin qui rilevato, discende che le invocate disposizioni della convenzione attuativa del P.d.R. e le previsioni-prescrizioni della concessione edilizia n. 67/2001 non si inseriscono all’interno del piano stesso quali momenti di sua esecuzione ed attuazione, ma rappresentano soltanto una fase attuativa del PRG, la quale si correla allo strumento attuativo in questione, ma solo in termini temporali ed occasionali e non anche funzionali.
Si vuol dire, in altri termini, che la realizzazione del PdR dell’ex macello ha costituito l’occasione – con la conseguente dichiarata contestualità temporale – per portare a compimento il tracciato stradale di via Tiziano, la quale, tuttavia, si pone al di fuori del piano stesso e non ne rappresenta contenuto.
Ne è riprova evidente la citata prescrizione di c.e., secondo la quale "La realizzazione delle opere e degli stacchi su via Tiziano è subordinata all’acquisizione stessa da parte dell’Amministrazione comunale in quanto, come indicato anche sulle tavole di progetto allegate, la zona è esterna al Piano e sottoposta ad apposita concessione o atti autorizzativi.".
Il che significa che lo strumento di acquisizione delle aree per realizzare o completare via Tiziano non è quello collegato alla tecnica di partecipazione preventiva dei proprietari delle aree da espropriare inserite nel comparto, ai sensi dell’articolo 23 della legge urbanistica n. 1150 del 1942, ma quella, del tutto diversa, di diretta acquisizione delle aree necessarie per dare esecuzione alle previsioni di PRG in materia di viabilità collettiva, ben anteriori, come sopra esposto, alla data di adozione ed approvazione del P.d.R..
La stessa parte appellante, d’altronde, riconosce che la sua proprietà era "gravata esclusivamente da un vincolo preordinato all’espropriazione, quale è il vincolo di PRG" (pag. 18 memoria del 17.11.20109).
13 – Stante l’estraneità delle aree necessarie a realizzare la viabilità comunale precedentemente disegnata con lo strumento pianificatorio generale, l’appellante, proprietaria delle stesse, non poteva né doveva considerarsi "proprietario degli immobili vincolati dal piano" (di recupero), cui doveva notificarsi direttamente e singolarmente notificarsi il piano medesimo, ai sensi dell’articolo 16 della legge n. 1150 del 1942, relativo alle forme di partecipazione e comunicazione dei piani particolareggiati, applicabile anche ai piani di recupero, per effetto del richiamo di carattere generale contenuto nell’art. 28, comma 4, del legge n. 457 del 1978, già ricordata sopra sub p. 11.
14 – Del pari infondate sono le censure mosse alla sentenza di primo grado, nella parte in cui l’impugnativa del P.d.R. è dichiarata inammissibile, in quanto il piano di recupero in questione era stato adottato ed approvato in attuazione del piano regolatore generale, che lo prevedeva, approvato con delibera del consiglio comunale di Moglia n. 68 del 30.9.95 e con delibera della giunta regionale n. 30354 in data 25.7.1997.
Il profilo di inammissibilità rilevato dal TAR è da condividere non solo e non tanto perché lo strumento urbanistico presupposto non era stato impugnato tempestivamente dalla società, ma, soprattutto, perché neppure nel gravame avverso il predetto piano attuativo la ricorrente aveva mosso specifiche e puntuali censure al piano generale sovraordinato.
A ciò, si aggiunga, ulteriormente, che nessun interesse è stato addotto per contrastare l’adozione ed approvazione dello stesso piano esecutivo, non essendo idonei a sostenere tale interesse (da non confondere, come fa parte appellante, con la legittimazione a ricorrere connessa alla titolarità di una posizione soggettiva) né il completamento di via Tiziano, che, come ripetutamente detto, è fuori del piano, né la generica ed indimostrata pretesa violazione del principio di perequazione urbanistica, che sembrerebbe avere inciso sulle capacità edificatorie delle aree dell’appellante, senza che vi sia la minima indicazione al riguardo.
15 – Ugualmente meritevole di condivisione è la sentenza del TAR, laddove essa ha giustamente ritenuto che anche il motivo afferente l’illegittimità della concessione edilizia impugnata con il primo gravame fosse inammissibile per carenza di interesse.
Infatti, la società appellante, non essendo proprietaria di aree ricomprese nel perimetro del piano di recupero, non era interessata (seppur legittimata per effetto della vicinitas) a dolersi delle eventuali discrepanze tra la concessione edilizia (afferente solo opere di urbanizzazione secondaria interne al comparto) e la convenzione urbanistica del piano di recupero stipulata tra il comune di Moglia e la società controinteressata in data 4.8.2001.
Il criterio della vicinitas, seppur idoneo a supportare la legittimazione al ricorso, non esaurisce certo gli ulteriori profili dell’interesse concreto all’impugnazione, costituito dalla lesione effettiva e documentata delle facoltà dominicali del ricorrente.
16 – In conclusione l’appello va respinto con conseguente integrale conferma della sentenza appellata e della legittimità degli atti e provvedimenti impugnati in primo grado. Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta),
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma integralmente la sentenza appellata.
Spese a carico dell’appellante in favore della parte appellata costituita, liquidate in euro 5.000,00 (cinquemila) oltre spese generali, IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:
Paolo Numerico, Presidente
Armando Pozzi, Consigliere, Estensore
Sandro Aureli, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
Dante D’Alessio, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 29 DIC. 2010.