Con ricorso ante causam ex art. 700 c.p.c. depositato il 5.6.209, il Condomino di Via P. in Bari chiedeva a questo Tribunale di ordinare a M.P. l’immediata consegna delle scritture contabili e di tutti gli altri documenti contabili relativi al condominio istante, con vittoria di spese, in vista di un giudizio di merito finalizzato: 1) alla declaratoria di inadempimento di controparte, rispetto ai propri obblighi di amministratore; 2) al risarcimento integrale dei danni subiti dal condominio ricorrente, per effetto di tale inadempimento; 3) ad ogni altra ed ulteriore domanda utile alla tutela dei diritti dell’istante per effetto delle circostanze descritte in narrativa.
Si costituiva il convenuto, chiedendo di: – dichiarare la carenza di legittimazione attiva di P.M. in qualità di amministratore del condominio ricorrente, per i motivi di cui alla narrativa della propria memoria; – dichiarare nullo e/o inammissibile e/o improcedibile il ricorso proposto dal condominio istante per carenza dei requisiti essenziali richiesti ex art. 700 c.p.c. del fumus boni juris e del periculum in mora e, per l’effetto, rigettarlo; – dichiarare nullo e/o improcedibile e/o inammissibile il ricorso proposto dal condominio, perché completamente destituito di ogni fondamento sia di fatto che di diritto, non provato e, per l’effetto, rigettarlo; con il favore delle spese di lite in distrazione.
All’udienza del 30.9.2009, la causa veniva riservata per la decisione.

IN DIRITTO
I. Il resistente, nel costituirsi in giudizio, ha eccepito anzitutto il difetto di legittimazione attiva di P.M. indicato nel ricorso introduttivo quale amministratore pro tempore del condominio istante, sul rilievo che in occasione dell’assemblea del 27.3.2009 era stato "nominato quale nuovo amministratore una persona giuridica ossia la Seventeen Studio s.a.s.", in contrasto con quanto previsto dalla giurisprudenza, e che quindi al P. non era stato conferito alcun incarico di proporre un ricorso, non rientrando nelle competenze a lui conferite ex lege quella di adire l’autorità giudiziaria nelle questioni de quibus senza appropriata delega dei condomini ad agire e, pertanto, agiva senza potere ed in nome proprio, e di qui la sua carenza di legittimazione attiva.
A ben vedere, quindi, la questione agitata dal resistente non atteneva alla legittimazione attiva della parte istante. Con l’eccezione in questione, sia pure posta nei termini giuridici inappropriati che si sono visti, veniva piuttosto sostenuto che la persona fisica di P.M. non fosse il legale rappresentante e amministratore del Condominio istante, come detto in ricorso, poiché amministratrice sarebbe l’indicata società Seventeen Studio s.a.s., così sollevandosi un problema di carenza di legitimatio ad processum (e non ad causam), ai sensi dell’art. 75 c.p.c..
Anche questo assunto, comunque, è errato in punto di fatto.
Come ben risulta dal verbale dell’assemblea del condominio ricorrente in data 27.3.2009, in quella sede venne "nominato quale amministratore’ il sig. P.M. che accetta …".
E’ perciò fuori discussione che l’organo sovrano del condominio si espresse nel senso di nominare la persona fisica del P. quale nuovo amministratore (la cui indicazione con tanto di prenome e cognome non avrebbe avuto altrimenti senso), e non già la s.a.s. Seventeen Studio (la cui indicazione a verbale quale proponente l’offerta posta ai voti in assemblea e poi approvata a maggioranza doveva ritenersi semplicemente volta a significare di quale compagine tecnica facesse parte il neoamministratore), tanto che contestualmente "l’amministratore entrante", come si è visto presente di persona nell’occasione, fu invitato "a contattare il sig. M.P. con sede in Bari alla Via P., per recuperare dallo stesso tutta la documentazione in suo possesso in capo al condominio".
Non ricorre, perciò, alcun difetto di rappresentanza in capo allo stesso in relazione al condominio attore, di cui era ed è tuttora unico amministratore e quindi rappresentante legale anche sul piano processuale.
II. Passando allora al merito del procedimento cautelare, secondo la Corte Suprema, l’amministratore del condominio configura un ufficio di diritto privato, assimilabile al mandato con rappresentanza, con la conseguente applicabilità, nei rapporti tra l’amministratore e ciascuno dei condomini, delle disposizioni sul mandato. Pertanto, a norma dell’art. 1713 c.c., alla scadenza l’amministratore è tenuto a restituire ciò che ha ricevuto nell’esercizio del mandato per conto del condominio, vale a dire tutto ciò che ha in cassa, indipendentemente dalla gestione alla quale le somme si riferiscono (così Cass., sez. 11, 16.8.2000, n. 10815), precisandosi, peraltro, che l’amministratore non può trattenere i documenti concernenti la gestione finché non rimborsato delle somme anticipate per conto del condominio avvalendosi e del principio inadimplenti non est adimplendum, non essendovi corrispettività né interdipendenza tra dette prestazioni, originate da titoli diversi (in tal senso Cass., sez. II, 3.12.1999, n. 13504).
Inoltre, l’amministratore cessato, nel caso in cui non provveda a restituire all’ente di gestione mandante tutta la documentazione ad esso pertinente, rimane responsabile di tutti i danni che il condominio affermi e dimostri di aver subito per effetto di tale mancata e/o ritardata restituzione (cfr. Trib. Roma, sez. V, 25.1.2007, n. 10818).
Tale impostazione, che si fonda sull’applicabilità dell’art. 1713, comma 1, c.c. al caso dell’amministratore di condominio, è praticamente pacifica in dottrina e nei precedenti di merito e di legittimità.
Dunque è la stessa previsione dell’art. 1713, comma 1, c.c. a presupporre ovviamente la previa dimostrazione che l’amministratore abbia "ricevuto a causa del mandato" "tutto ciò" di cui poi si esige la restituzione.
II. Giova allora ricordare che l’art. 2697, comma 1, c.c. recita: "Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento".
Tale regola generale è dettata dal codice civile (e non in qualche parte del codice di rito civile, ad es. in quella dedicata all’ordinario giudizio di cognizione) ed anche nel suo tenore letterale (che si riferisce genericamente al "giudizio" senza altre specificazioni o limitazioni) vale per qualsiasi procedimento.
Tuttavia, nei procedimenti cautelari il principio subisce un parziale temperamento sul duplice rilievo: che sull’attore incombe l’onere di allegazione e di prova solo del fumus boni juris (e non di dare un’esaustiva dimostrazione di tutti i presupposti della posizione giuridica fatta valere), e che è regola processuale (e non sostanziale), propria di tali procedimenti, ma correlata al suddetto più circoscritto onere, quella secondo la quale il diritto alla prova dell’istante, da un lato, non può esprimersi al suo massimo grado (come di regola, nei riti a cognizione piena, ordinario o speciali) e, dall’altro, può imbattersi in limiti, ma anche in iniziative probatorie, di tipo officioso (in quanto, a termini dell’art. 669 sexies, comma 1, c.p.c., "Il giudice, sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione indispensabili in relazione ai presupposti ed ai fini del provvedimento richiesto …").
Per completezza, e pur con la prudenza con la quale deve considerarsi una sostanziale novità nel panorama giurisprudenziale, mette conto aggiungere che, di recente, sembra fare breccia tra i precedenti di legittimità il principio secondo il quale l’onere della prova dev’essere ripartito, oltrechè secondo la descrizione legislativa della fattispecie sostanziale controversa, con l’indicazione dei fatti costitutivi e di quelli estintivi o impeditivi del diritto, anche secondo il principio della riferibilità o vicinanza, o disponibilità del mezzo (in tal senso Cass., sez. lav., 25.7.2008, n. 20484, che ritiene il principio riconducibile all’art. 24 Cost., che connette al diritto di azione in giudizio il divieto di interpretare la legge rendendone impossibile o troppo difficile l’esercizio, citando a sostegno di tale prospettiva Cass., sez. un., 30.10.2001, n. 13533 e id., sez. un., 10.1.2006, n. 141).
III. Ebbene, tale ultimo approccio sembra pertinente rispetto alla fattispecie in esame (nel caso esaminato nell’ora cit. sentenza, in cui un lavoratore aveva agito in giudizio per rivendicare il diritto al premio di produttività aziendale, la Corte ne ha fatto applicazione sul rilievo che si deve presumere che i risultati economici legati all’andamento dell’impresa possano essere noti all’imprenditore, ma non al lavoratore, onde il primo dev’essere onerato della prova negativa).
Infatti, non è seriamente discutibile che anche nel rapporto tra l’amministratore-mandatario ed i condomini-mandanti, più che nel normale rapporto tra un singolo mandatario ed un singolo mandante (che è l’ipotesi che il legislatore ha avuto soprattutto di vista agli artt. 1703 e segg. c.c.), sia il primo, in costanza di rapporto, ad avere la diretta continuativa disponibilità di tutti i dati conoscitivi (documentali e non) afferenti lo svolgimento del suo incarico (tanto che il mandatario, da un lato, ex art. 1710, comma 2, c.c., tenuto a rendere note al mandante le circostanze sopravvenute che possano determinare la revoca o la modificazione del mandato, e, dall’altro, ai sensi dell’art. 1711, comma 2, c.c. può addirittura discostarsi dalle istruzioni ricevute qualora circostanze ignote al mandante, e tali che non possano essére comunicate in tempo, facciano ragionevolmente ritenere che lo stesso mandante avrebbe dato la sua approvazione). Laddove i singoli partecipanti alla compagine condominiale, di fronte all’amministratore, solo in determinate occasioni e con diversi limiti hanno accesso alle informazioni riguardanti la gestione condominiale.
Quindi, questa indubbia posizione di supremazia informativa dell’amministratore-mandatario rispetto alla collettività condominiale ed ai suoi singoli componenti non manca di riflettersi allorquando, oramai cessato il rapporto, il condominio reclami dal precedente amministratore "tutto ciò che a ricevuto a causa del mandato".
In primo luogo, "tutto ciò che ha ricevuto" l’amministratore "a causa del mandato" consisterà ovviamente, non solo in quanto gli è stato affidato dai condomini-mandanti o dal precedente amministratore all’atto dell’assunzione dell’incarico, ma anche in tutto ciò che, sempre in ragione dell’incarico, egli ha a qualsiasi titolo ricevuto (danaro, documenti formati da lui stesso o da altri, etc.) in costanza dello stesso.
Dunque, quando insorga una controversia come quella che qui ci occupa, non è chi non veda che la collettività condominiale possa trovarsi in situazione di estrema difficoltà nel dimostrare quanto è stato nella disponibilità del cessato amministratore, appunto perché si tratterà di documenti o altri beni ed oggetti, i quali sono stati sotto il suo diretto controllo anche materiale, e magari da lui stesso in gran parte formati oppure che gli sono stati consegnati da un soggetto, e cioè il precedente amministratore, in analoga posizione di supremazia informativa.
IV. Premessi tutti tali rilievi, nella fattispecie in esame occorre, tuttavia, considerare che la domanda cautelare è, da un lato, limitata e, dall’altro, alquanto generica.
E’ limitata in quanto la richiesta è circoscritta alla "consegna delle scritture contabili e di tutti gli altri documenti contabili relativi al condominio", e non estesa ad altri documenti, cose, beni o danaro eventualmente ritenuti essere rimasti nella disponibilità del cessato amministratore.
E’ inoltre parecchio generica, in quanto l’istante, non solo non ha indicato in dettaglio i documenti contabili di cui sollecita la restituzione, ma neppure ha allegato quando, a suo dire, il cessato amministratore aveva ricevuto l’incarico poi revocatogli, e tanto meno se in quell’occasione vi fosse stato un passaggio di consegne, in qualche modo documentato, tra il suo predecessore ed il M..
Osserva infatti il Tribunale che è prassi comune quella secondo la quale tra cessato amministratore ed amministratore subentrante vi sia un passaggio di consegne, sovente documentato da apposito verbale sottoscritto da entrambi. In ogni caso, rientra nella diligenza del buon padre di famiglia, cui è tenuto il mandatario nell’esecuzione del mandato ex art. 1710, comma 1, c.c., far risultare in modo documentato o comunque verificabile tale passaggio, anche nel proprio interesse peraltro.
Devesi, peraltro, osservare a quest’ultimo proposito, piuttosto, che all’odierno convenuto fu impedito un tale passaggio di consegne prima del presente giudizio.
Più in particolare, nel ricorso si asserisce che il neo-amministratore P., con racc.ta del 14.4.2009, rispedita al mittente per compiuta giacenza, aveva invitato il M. alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso afferente la gestione del condominio ricorrente, ma che il M. non aveva inteso consegnare tale documentazione.
La realtà che emerge per via documentale è, però, piuttosto diversa.
La nota cui si riferisce il condominio risulta sì rispedita al mittente per compiuta giacenza (ed aperta la relativa busta da questo Giudice è risultàto che la lettera che vi è contenuta corrisponde alla c.d. "copia interna" pure prodotta dal condominio istante), ma non è stata prodotta una cartolina di ricevimento che attesti che la racc.ta fosse stata indirizzata ad un recapito sicuramente riferibile al M. (essendo stata prodotta la sola ricevuta di accettazione di tale racc.ta).
Dal canto suo, il resistente ha comprovato per via documentale di aver ricevuto dal P. un singolare telegramma in data 20.5.2009 del seguente testuale tenore: "Mancato ritiro mia raccomandata del 14 aprile 2009 la invito e diffido alla consegna della documentazione del condominio sito in Bari alla via P. entro e non oltre 3 giorni lavorativi.".
A tale telegramma, il M. replicò: "A seguito di vostro telegramma sono ad informarvi che il sottoscritto non intrattiene alcun, rapporto con il condominio di via P.. Pertanto non sono in grado di fornirvi e/o consegnarvi alcuna documentazione in riferimento al Condominio di via P. in Bari come da voi richiesto nel telegramma", con nota datata 15.6.2009 (della quale è stata prodotta la ricevuta di accettazione della relativa racc.ta che la difesa attorea, comunque, non ha contestato di aver ricevuto).
Alla luce di tanto, quindi, molti dubbi aleggiano sul punto che il M. pacificamente non presente all’assemblea del 7.3.2009, anteriormente al presente giudizio, fosse stato posto in condizioni di apprendere, prima, della nomina di diverso amministratore in sua vece e, poi, della necessità di restituire al condominio e/o al neo-amministratore la documentazione rimasta in suo possesso.
V. In ogni caso, a seguito di rinvio disposto in prima udienza per l’udienza del 15.7.2009 "per la comparizione delle parti ai fini della risoluzione bonaria della controversia e per la consegna della documentazione del condominio di via P. in Bari in possesso del sig. M.P.", quest’ultimo in tale successiva udienza dichiarava di consegnare "banco judicis tutta la documentazione relativa al condominio e le chiavi di via P. in Bari in suo possesso" (documenti e oggetti attualmente custoditi nella cassaforte in uso all’Ufficio come da annotazione a matita sulla copertina del fascicolo).
Disposto ulteriore rinvio allo scopo di consentire alla difesa dell’attore di verificare la documentazione depositata, all’ultima udienza detta difesa faceva rilevare che nella documentazione esibita dal resistente all’udienza precedente del 15.7.2009 vi era completa mancanza di tutti i giustificativi di spesa, quali bollette utenze AQP ed ENEL, fatture fornitori, quali ditta pulizia, nonché vi era mancanza di tutte le ricevute di incasso delle quote condominiali da parte dei condomini, ed inoltre evidenziava che vi era assoluta mancanza della documentazione relativa ai lavori di ristrutturazione straordinaria eseguiti allo stabile e, da ultimo, dei bilanci relativi agli esercizi di competenza dell’amministratore uscente. Chiedeva, pertanto, a questo Giudice di emettere i provvedimenti di legge, utili e necessari alla continuazione della gestione condominiale ed in particolare di ordinare il deposito e/o la consegna all’istante della predetta documentazione. Dal canto suo, il patrono del resistente insisteva nelle proprie difese, sottolineando di aver consegnato nel corso del giudizio la documentazione in suo possesso relativa al condominio ricorrente, e che quest’ultimo nel ricorso introduttivo non aveva indicato analiticamente i documenti richiesti né aveva dato prova che il resistente avesse qualche altro documento in suo possesso.
Osserva il Tribunale che, tanto più a fronte della produzione in corso di causa della cennata documentazione (oltre che delle chiavi condominiali) da parte del cessato amministratore, incombeva sul condominio ricorrente l’onere di meglio allegare, prima che di dimostrare, sia pure nei limiti avanti segnati, quali ulteriori documenti (contabili) potessero essere rimasti ancora nella disponibilità del M.
D’altronde, dell’esistenza stessa di bilanci redatti a cura di tale revocato amministratore per gli anni di esercizio di sua competenza è lecito dubitare visto che nel verbale di assemblea del 27.3.2009 si faceva presente che "da oltre due anni l’amministratore uscente non la convocava (n.d.r.: l’assemblea) per l’approvazione del relativo rendiconto condominiale".
Va da sé, per altro verso, che il M., ove dovesse risultare veritiera tale omissione, ne dovrebbe rispondere, ma ciò non forma oggetto della domanda cautelare.
Quanto, poi, ai restanti documenti indicati solo all’ultimo verbale dalla difesa attorea e di cui essa lamenta la mancanza, in termini generali la loro esistenza sarebbe ovviamente verosimile (rientrando tali documenti tra quelli che, secondo l’id quod plerumque accidit, si formano normalmente nel corso di una gestione condominiale), ma l’attore, a fronte della contestazione del convenuto, non ha offerto alcun concreto elemento, sia pure indiziario, che deponga nel senso che tali ulteriori documenti siano tuttora detenuti dal M., tanto più a fronte delle considerazioni in precedenza già svolte riguardo la mancata deduzione persino della durata dell’incarico da quello svolto.
VI. Circa poi il periculum in mora, qui delibato per sola completezza di disamina, v’è da notare che in ricorso non era stato dedotto assolutamente nulla in proposito, mentre solo in prima udienza era stato aggiunto genericamente che la condotta del M. aveva creato e stava creando i notevoli problemi al condominio che ancora, a 6 mesi dalla richiesta della documentazione, non poteva essere compiutamente gestito.
D’altronde, una volta eseguito sia pure in corso di procedura il deposito della documentazione di cui si è detto, ammesso e non concesso che tale deposito sia incompleto, sarebbe difficile credere che il pregiudizio gestionale che il condominio potrebbe ancora risentire raggiunga la soglia dell’irreparabilità richiesta dall’art. 700 c.p.c..
Tenendo conto del confuso e deficitario comportamento extraprocessuale e processuale di entrambe le parti, ricorrono comunque giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese di questo procedimento cautelare.
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P.Q.M.
Visto l’art. 669 septies c.p.c., rigetta la domanda cautelare avanzata dal Condominio di Via P. in Bari, con ricorso depositato il 5.6.2009, nei confronti di compensa M.P., compensa interamente tra le parti le spese di procedura.
Si comunichi.
Bari, 2.10.2009
Giudice Francesco Caso