Va respinta la pretesa risarcitoria avente ad oggetto la perdita di chance ad ottenere la nomina a Dirigente Generale, atteso che, essendo la nomina a dirigente generale riservata ad un potere ampiamente discrezionale dell’Amministrazione, risulta indimostrato che la tempestiva nomina a dirigente avrebbe consentito al ricorrente di acquisire successivamente la nomina a dirigente generale.

L’odierno ricorrente ha partecipato al concorso indetto dall’intimato Ministero per la copertura di n. 11 posti di Dirigente tecnico, classificandosi al 27° posto della relativa graduatoria, approvata con DM n. 344 del 1° aprile 1999.
L’attuale istante ha impugnato presso questo Tribunale la suddetta graduatoria, nella parte in cui non lo vedeva collocato tra i vincitori della procedura concorsuale de qua, contestando a tal fine il punteggio assegnatogli, e la Sezione con sentenza n. 3414 del 5 aprile 2006, passata in giudicato, ha accolto il proposto gravame sul presupposto che la Commissione non aveva valutato una serie di titoli prodotti dall’ingegner M. che gli avrebbero consentito di avere un punteggio ulteriore, pari almeno a 4.30 punti.
In esecuzione della citata sentenza il resistente Ministero ha prima adottato il DM n. 11303 del 7 agosto 2006, con cui ha riconosciuto all’attuale istante il maggior punteggio di 4.30 punti collocandolo all’ottavo posto della graduatoria de qua nel novero dei vincitori, ed ha successivamente stipulato con l’interessato il contratto dirigenziale, fissando, tuttavia, la decorrenza degli effetti economici e giuridici della nomina a dirigente statale dalla data del 18.6.2007.
Con istanza del 23.5.2007 l’ingegner M. ha chiesto che gli effetti giuridici ed economici della tardiva nomina dirigenziale fossero retrodatati alla data del 19 ottobre 1999, come era stato disposto per gli originari 11 vincitori del concorso.
La suddetta istanza è stata rigettata con la gravata determinazione avverso la quale è stato dedotto il seguente motivo di doglianza:
Violazione del principio di ragionevolezza, del principio di uguaglianza stabilito dall’art. 3 della Costituzione, eccesso di potere per disparità di trattamento, contraddittorietà.
Sempre con il gravame in trattazione, sul presupposto che il mancato tempestivo inserimento nella graduatoria dei vincitori era dipeso da un comportamento negligente della Commissione esaminatrice, che come ha rilevato la Sezione nella menzionata sentenza n. 3414/2006, aveva omesso di valutare alcuni titoli regolarmente prodotti dal M., è stata chiesta la condanna dell’intimato Ministero al pagamento, con rivalutazione ed interessi, delle seguenti voci risarcitorie:
I) danno per minori compensi stipendiali percepiti dal ricorrente tra la data in cui avrebbe dovuto legittimamente assumere le funzioni dirigenziali (19.10.1999) e quella di effettiva assunzione della stesse (18.6.2007);
II) danni per minori assegni pensionistici, come precisati a pag. 14 del gravame;
III) danni conseguenti alla perdita della chance per ricorrente di conseguire la nomina a Dirigente generale;
IV) danni esistenziali ed all’immagine sofferti dall’interessato per non aver potuto tempestivamente espletare per un comportamento colposo dell’amministrazione le funzioni dirigenziali.
Si è costituito l’intimato Ministero contestando genericamente la fondatezza delle dedotte doglianze e concludendo per il rigetto delle stesse.
Alla pubblica udienza del 15 luglio 2010 il ricorso è stato assunto in decisione.
 
DIRITTO
Con il proposto gravame è stata impugnata la determinazione, in epigrafe indicata, con cui l’intimato Ministero ha rigettato l’istanza con cui l’odierno ricorrente aveva chiesto di retrodatare il proprio inquadramento a dirigente, sia sotto il profilo economico che giuridico, effettuato in esecuzione della sentenza di questa Sezione n. 3414 del 5 aprile 2006, passata in giudicato, che aveva accolto il ricorso proposto dall’ingegner M. avverso la mancata inclusione in posizione utile nella graduatoria dei vincitori della procedura concorsuale indetta per la copertura di n. 11 posti di Dirigente tecnico.
Sempre con il gravame de quo è stata chiesta, altresì, la condanna dell’intimato Ministero alle seguenti voci di danno conseguenti al tardivo inquadramento dell’attuale istante nella qualifica dirigenziale dovuto all’illegittima esclusione dello stesso dall’originaria graduatoria dei vincitori:
I) danno per minori compensi stipendiali percepiti dal ricorrente tra la data in cui avrebbe dovuto legittimamente assumere le funzioni dirigenziali (19.10.1999) e quella di effettiva assunzione della stesse (18.6.2007);
II) danni per minori assegni pensionistici, come precisati a pag. 14 del gravame;
III) danni conseguenti alla perdita della chance per ricorrente di conseguire la nomina a Dirigente generale;
IV) danni esistenziali ed all’immagine sofferti dall’interessato per non aver potuto tempestivamente espletare per un comportamento colposo dell’amministrazione le funzioni dirigenziali.
In ordine alla proposta impugnazione è fondato il motivo di doglianza dedotto con cui è stata prospettata la disparità di trattamento nei confronti degli originari vincitori del concorso de quo, atteso che la mancata tempestiva inclusione del ricorrente tra questi ultimi è da imputare, come chiarito dalla citata sentenza della Sezione, al negligente operato della Commissione esaminatrice che aveva omesso di valutare alcuni titoli regolarmente prodotti dall’ingegner M., i quali, se fossero stati tempestivamente valutati, avrebbero consentito a quest’ultimo di conseguire un punteggio tale da permettergli di collocarsi tra i vincitori.
In tale contesto, quindi, non è in alcun modo individuabile alcuna plausibile ragione tale da giustificare la penalizzazione subita dall’odierno istante a causa dell’illegittimo e negligente operato dell’amministrazione.
Inoltre con riferimento alla retrodatazione giuridica, il Collegio, in linea con una precedente sentenza del Tribunale (n. 4160/2009), sottolinea che gli effetti conformativo e ripristinatorio derivanti dalla sentenza che aveva annullato la mancata inclusione del ricorrente nella graduatoria dei vincitori impongono, come da consolidata giurisprudenza (in questo senso Cons. Stato sez. IV n. 4263/07; Cons. Stato sez. VI n. 3338/06; Cons. Stato sez. IV n. 5825/03), la ricostruzione della carriera ai fini giuridici e la conseguente retrodatazione dell’inquadramento alla data a cui lo stesso avrebbe dovuto essere riferito se l’amministrazione non avesse adottato l’illegittimo provvedimento.
Per quanto concerne la pretesa ricorsuale con cui è stata richiesta la condanna dell’intimato Ministero al risarcimento di una serie di voci di danno il Collegio osserva che la vicenda in questione attiene alla problematica del risarcimento di un interesse legittimo, in relazione alla quale tradizionalmente si ritiene (ex multis, Cons. Stato, V, 18.3.2002, n. 1562) che il risarcimento del danno non è una conseguenza automatica dell’annullamento giurisdizionale, ma, pur non prescindendo da questo, richiede la positiva verifica di tutti i presupposti previsti dalla legge ed in particolare quelli di cui all’art. 2043 cod. civ. e, in tema di liquidazione del danno, all’art. 2056 cod. civ.: ciò significa che, oltre alla 1) sussistenza di un evento dannoso ed alla 2) lesione della situazione soggettiva di interesse tutelata dall’ordinamento (il cd. "danno ingiusto"), sono necessari altresì il 3) nesso di causalità, accertandosi il collegamento materiale tra condotta ed evento secondo il principio della "condicio sine qua non" temperato con la teoria della "causalità adeguata" e verificando la sussistenza del collegamento giuridico tra il fatto illecito e l’entità del danno, e 4) l’elemento soggettivo in quanto l’evento dannoso sia imputabile a dolo o colpa dell’Amministrazione agente.
Ciò premesso, applicando questi principi al caso di specie, la Sezione, in linea con la giurisprudenza in materia (Tar Campania, NA, sez.V, n. 5868/2008) sottolinea che nel caso di nomina tardiva per effetto di una sentenza che introduca modifiche alla graduatoria del concorso, è configurabile una responsabilità extracontrattuale dell’Amministrazione datrice di lavoro, fonte anch’essa di risarcibilità dei diritti patrimoniali consequenziali, in quanto collegati al rapporto di lavoro con un nesso di mera occasionalità, derivante dalla violazione dei doveri che la Pubblica Amministrazione ha nei confronti della generalità dei cittadini in virtù della clausola generale del "neminem laedere" di cui all’art. 2043 c.c. (T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 6.12.2006, n. 1771; T.A.R. Molise, 1.9.2003, n. 665; Cons. Stato, V, 2.10.2002, n. 5174; Cass.Civ., SS.UU., 21.12.2000, n. 1324).
Nel caso di ritardo nella nomina nella qualifica dirigenziale, in particolare, non viene leso il diritto soggettivo all’inquadramento nella qualifica de qua con la stessa decorrenza degli altri vincitori del concorso, quanto piuttosto l’interesse legittimo al corretto svolgimento della procedura concorsuale che qualora, come nella fattispecie, avesse avuto un andamento regolare, non avrebbe comportato il ritardo o l’omissione nell’assunzione della suddetta qualifica dirigenziale.
Peraltro, non può non osservarsi che la mancata assegnazione a parte ricorrente del punteggio spettante per il titolo come tempestivamente prodotto è da attribuire, come si evince dalla richiamata sentenza della Sezione, a colpa dell’Amministrazione resistente, che ha tenuto un comportamento negligente in sede di omesso esame della documentazione prodotta; sussiste, nella fattispecie, anche il nesso di causalità tra l’omessa attribuzione del punteggio spettante e la mancata collocazione in posizione utile nella graduatoria del concorso a dirigente, con la consequenziale mancata percezione delle retribuzioni.
Accertata la sussistenza del diritto di parte ricorrente al risarcimento dei danni, devono essere individuate le singole voci che il resistente Ministero è tenuto a risarcire.
Al riguardo spettano sicuramente:
a) le differenze retributive quantificate tenendo conto di quanto percepito dal ricorrente e quello che gli sarebbe stato corrisposto nella qualifica dirigenziale per il periodo 19/10/1999-18/6/2007;
b) l’ammontare delle contribuzioni pensionistiche che in relazione a dette differenze retributive l’Amministrazione avrebbe dovuto versare all’ente di previdenza obbligatoria;
c) sulle somme di cui i punti a) e b) dovranno essere riconosciuti gli interessi legali e la rivalutazione monetaria come per legge, atteso che sul dovuto a titolo di risarcimento del danno, che è debito di valore, competono rivalutazione monetaria e interessi nella misura legale fino al soddisfo.
Per quanto concerne, invece, la richiesta pretesa risarcitoria avente ad oggetto la perdita della chance ad ottenere la nomina a Dirigente Generale, la suddetta pretesa deve essere rigettata atteso che, essendo la nomina a dirigente generale riservata ad un potere ampiamente discrezionale dell’amministrazione, risulta indimostrato che la tempestiva nomina a dirigente avrebbe consentito al ricorrente di acquisire successivamente la nomina a dirigente generale.
Relativamente, infine, alla pretesa risarcitoria avente ad oggetto i danni esistenziali e di immagine conseguenti alla tardiva nomina dirigenziale ed all’espletamento delle relative funzioni, il Collegio in linea con la giurisprudenza in materia (Tar Calabria, RC, n. 1397/2006) la ritiene fondata. in quanto trattasi di danni direttamente conseguenti all’illegittimo operato dell’amministrazione e riferibili a lesioni di situazioni soggettive (diritti della personalità) pacificamente ritenute tutelabili in sede risarcitoria; trattandosi di danni che non è possibile provare nel loro preciso ammontare, gli stessi, ai sensi degli artt. 1226 e 2056 cod. civ, devono essere liquidati in via equitativa.
A tal fine il Collegio intende individuarli in una percentuale pari al 10% dell’ammontare delle differenze retributive riconosciute a titolo risarcitorio; su tali somme, trattandosi di debito di valore, dovranno poi essere riconosciuti gli interessi legali e la rivalutazione monetaria come per legge.
Relativamente alla quantificazione delle somme dovute occorre far ricorso al meccanismo di cui all’art. 35, comma 2, del D.L.vo 31 marzo 1998 n. 80, con la conseguenza che spetterà al Ministero resistente formulare al ricorrente, entro il termine di 60 gg, la proposta di pagamento di una somma che tenga conto sia delle voci di danno ritenute risarcibili sia dei criteri previsti per la quantificazione delle stesse, giusta quanto sopra affermato.
Ciò premesso, il proposto gravame va accolto, con conseguente annullamento della gravata determinazione e con condanna dell’intimata amministrazione al risarcimento del danno, da quantificare secondo i criteri indicati per le singole voci risarcitorie.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione III, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 8681 del 2007, come in epigrafe proposto, lo accoglie.
Condanna il resistente Ministero al pagamento delle spese di giudizio, liquidata in 2.000,00 (euro duemila)
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 luglio 2010 con l’intervento dei Magistrati:
Bruno Amoroso, Presidente
Domenico Lundini, Consigliere
Giuseppe Sapone, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 08 SET. 2010.