In omaggio ad un principio di favor admissionis e tenendo nel debito conto il ragionevole affidamento ingeneratosi in capo alla ricorrente sulla tendenziale prevalenza, negli ultimi tempi, della soluzione favorevole, deve ritenersi ammissibile la revocazione ordinaria nei confronti della sentenza di primo grado, pur in pendenza del termine per l’appello.

Con il ricorso in trattazione – notificato il 16 novembre 2009 e depositato in segreteria il successivo giorno 27 – il sig. G. T. ha chiesto la revocazione – perché a suo dire frutto di un errore di fatto risultante dagli atti e documenti della causa, ai sensi dell’art. 395, primo comma, n. 4, c.p.c. – della sentenza 14 luglio 2009, n. 3904 con la quale questa Sezione ha dichiarato inammissibili i motivi aggiunti ed improcedibile il ricorso introduttivo n. 384 del 2005 Reg. Gen., sul rilievo, in particolare, della mancata notifica dei suddetti motivi aggiunti ad alcuni dei soggetti controinteressati collocati nella graduatoria concorsuale oggetto di contestazione.
Più nel dettaglio, l’originario ricorso aveva ad oggetto l’impugnativa del provvedimento regionale del 26 novembre 2004 di esclusione del ricorrente dal concorso pubblico per la copertura di n. 40 posti in categoria D, posizione economica D1, profilo professionale di "Istruttore Direttivo Programmazione e Controllo", pubblicato sul B.U.R.C. n. 63 del 23 dicembre 2002, della successiva nota del 14 dicembre 2004, di rigetto del ricorso amministrativo, nonché, giusta i motivi aggiunti depositati in data 22 aprile 2009, del decreto n. 205 del 15 aprile 2005 di approvazione della graduatoria generale di merito conclusiva del concorso pubblico suddetto.
Il gravame contestava l’esclusione, disposta per "carenza requisito titolo di studio (art. 2, lett. b del bando)", sul rilievo per cui il diploma di laurea in scienze economiche e bancarie, posseduto dal ricorrente, doveva considerarsi normativamente equipollente alla laurea in economia e commercio richiesta dal bando, come stabilito dai decreti interministeriali del 22 dicembre 1994 e del 5 agosto 1999.
La Sezione ha giudicato inammissibile il ricorso per motivi aggiunti spiegato dal T. avverso il provvedimento regionale di approvazione della graduatoria di merito del concorso in esame. Nella sentenza qui oggetto di domanda di revocazione si è in particolare affermato che dei 67 candidati collocati in graduatoria, "risultano raggiunti dalla notifica di tale ulteriore atto d’impugnazione soltanto 14 candidati, tutti indicati nell’epigrafe di questo giudizio. In particolare, per come si evince dall’esame del ricorso per motivi aggiunti depositato il 22 aprile 2009, il ricorrente ha incaricato l’Ufficiale giudiziario della notifica del ricorso anche a tutti gli altri candidati collocati in graduatoria, incombente eseguito da questi – secondo quanto risulta dalla relata di cui a pag. 20 – "mediante spedizione in plico racc.to con A.R. dall’Ufficio Postale di Napoli 2" il 9 aprile 2009. Tuttavia, non risultano depositate nel fascicolo di ufficio, al momento della decisione della causa, le cartoline postali di ritorno che costituiscono la prova dell’avvenuta notifica ai tutti i controinteressati dell’atto di impugnazione in parola". Alla affermata inammissibilità di tale atto di motivi aggiunti, la Sezione, con la sentenza in discussione, ha fatto conseguentemente seguire la declaratoria di improcedibilità del ricorso introduttivo.
Parte ricorrente ha sostenuto, nell’odierno ricorso per revocazione, di aver depositato in data 27 maggio 2009 "anche n. 61 avvisi di ricevimento comprovanti l’avvenuta notifica agli altri controinteressati, come peraltro risulterebbe da protocollo della segreteria – ricezione atti e dalla banca dati informatica del Tribunale". Da qui la proposta domanda revocatoria, per errore di fatto evincibile dagli atti e documenti della causa, e la domanda di decisione della controversia nel merito.
Si è costituita a resistere in giudizio la Regione Campania, con memoria di stile.
Alla pubblica udienza del 10 giugno 2010 la causa è stata chiamata e assunta in decisione.

DIRITTO
Il Collegio reputa ammissibile la domanda di revocazione ordinaria in trattazione, ma giudica inammissibile per tardività l’impugnativa del decreto direttoriale n. 205 del 15 aprile 2005, di approvazione della graduatoria definitiva, proposta, in seno al giudizio iscritto al n. 384/2005 Reg. Gen., solo con i motivi aggiunti depositati il 27 maggio 2009, con conseguente improcedibilità del ricorso introduttivo originario.
Il Collegio ritiene ammissibile il proposto ricorso per revocazione, ancorché resti dubbio in giurisprudenza l’ambito di ammissibilità di tale rimedio (revocazione ordinaria per errore sul fatto, ex art. 395 c.p.c.) riguardo alle sentenze di primo grado appellabili.
Giova rammentare che l’art. 28 della legge "Tar" 6 dicembre 1971, n. 1034 stabilisce, al primo comma, che "contro le sentenze dei Tribunali amministrativi è ammesso ricorso per revocazione, nei casi, nei modi e nei termini previsti dagli artt. 395 e 396 del Codice di procedura civile".
Il ricorso per revocazione in esame è stato proposto in data 16 novembre 2009, pendente il termine per l’appello avverso la sentenza 14 luglio 2009, n. 3904.
Ora, secondo un primo orientamento ìnterpretativo restrittivo, sebbene l’art. 28 della legge "Tar" del 1971 richiami sia l’art. 395 che l’art. 396 c.p.c., non dovrebbe ritenersi esperibile avverso le sentenze dei Tar il rimedio della revocazione nei casi previsti dall’art. 395 c.p.c., potendo e dovendo l’interessato far valere il vizio della sentenza con lo strumento dell’appello, gravame a cognizione piena ed esclusiva in cui ben possono confluire anche i motivi di revocazione, la quale, perciò, non potrebbe essere considerata alternativa, né concorrente con l’appello, atteso che la revocazione è ammessa in via subordinata all’appello, nel senso che è ammissibile solo quando il primo è escluso (Cons. Stato, sez. IV, sentenza n. 6237 del 2004). Ragion per cui, secondo questo indirizzo interpretativo, il ricorso per revocazione notificato in epoca antecedente rispetto alla scadenza del termine per l’appello sarebbe da giudicarsi inammissibile, essendo revocabili solo le sentenze rese in grado di appello o in un unico grado, ma non anche quelle pronunciate in prime cure, il cui mezzo di impugnazione resta quello dell’appello, nel quale devono confluire tutte le possibili ragioni di doglianza (Tar Campania, Napoli, sez. I, n. 2795 del 2006; Tar Piemonte, sez. I, n. 1626 del 2006).
Una seconda opzione ermeneutica, più "aperturista", sembra tuttavia maggioritaria, nei tempi più recenti, anche dinanzi al Giudice d’appello. In particolare, una recente pronuncia del Consiglio di Stato (Cons. Stato, sez. IV, 12 maggio 2009, n. 2890) ha condiviso la soluzione ampliativa, secondo cui contro le sentenze dei Tar, ancorché non passate in giudicato e suscettibili di appello, sarebbe ammissibile il ricorso per revocazione per tutte le ragioni indicate nell’art. 395 c.p.c., quindi anche per i motivi di cui ai nn. 4 e 5 (tesi seguita nelle decisioni della V Sezione n. 885 del 1991 e n. 5973 del 2002, nonché della IV Sezione n. 875 del 1994, cui deve aggiungersi la pronuncia della sez. VI, n. 5649 del 2008). Secondo questa posizione, dal riferimento congiunto dell’art. 28 della legge n. 1034 del 1971 agli artt. 395 e 396 c.p.c., nonché dal carattere di rimedio aggiuntivo attribuito da tale norma all’appello, si desume che avverso le sentenze dei Tar è sempre ammesso il rimedio della revocazione, il quale è esperibile per tutti i motivi dell’art. 395 c.p.c. prima della scadenza del termine per l’appello e, dopo la scadenza di detto termine, nei soli casi di revocazione straordinaria ex art. 395, nn. 1, 2, 3 e 6.
Il Collegio non può omettere di osservare che la soluzione restrittiva risulta esser stata significativamente accolta in seno al codice del processo amministrativo, che entrerà in vigore il 16 settembre 2010. Ora, ancorché le nuove norme processuali non siano applicabili al presente giudizio, non v’è dubbio che la scelta operata dal codice, a favore della soluzione restrittiva, nel permanere di un dubbio interpretativo sull’istituto de quo, possa esercitare una sua influenza significativa sull’opzione ermeneutica cui è chiamato nella fattispecie il Collegio. Orbene, il codice, all’art. 106, comma 3, ha chiarito, come si evince dalla relazione illustrativa, che "contro la sentenza di primo grado la revocazione è proponibile se i motivi non possono essere dedotti con l’appello ("3. Contro le sentenze dei tribunali amministrativi regionali la revocazione è ammessa se i motivi non possono essere dedotti con l’appello"). La soluzione prescelta dal codificatore del 2010 riconduce peraltro il sistema amministrativistico, per questo profilo, entro l’alveo proprio del diritto processuale civile, nel cui ambito la revocazione ordinaria delle sentenze appellabili deve ritenersi esclusa siccome non prevista né dall’art. 396, né da alcuna altra norma del c.p.c.
Tuttavia, a fronte di questo complesso quadro interpretativo, tuttora in evoluzione, il Collegio, in omaggio a un principio di favor admissionis e tenendo nel debito conto il ragionevole affidamento probabilmente ingeneratosi in capo alla parte ricorrente sulla tendenziale prevalenza, negli ultimi tempi, della soluzione favorevole, ritiene preferibile l’opzione interpretativa che ammette la proponibilità della revocazione ordinaria nei confronti della sentenza di primo grado, pur in pendenza del termine per l’appello.
Ciò posto, ad avviso del Collegio deve esprimersi un giudizio favorevole di ammissibilità anche in ordine alla riconducibilità della censura proposta nell’ambito oggettivo dei motivi di revocazione ordinaria, segnatamente sotto la "rubrica" del così detto errore di fatto revocatorio (art. 395, n. 4, c.p.c. e art. 81, n. 4, R.D. 17 agosto 1907, n. 642). Nel caso in esame viene infatti dedotto un caso in cui il giudice avrebbe supposto inesistente un fatto – il deposito in termini della prova dell’avvenuta integrazione del contraddittorio – la cui verità sarebbe (secondo la tesi attorea) positivamente stabilita e l’errore, determinante ai tini della decisione di cui si chiede la revocazione, sarebbe effettivamente risultante – sempre secondo la prospettazione di parte ricorrente – dagli atti e dai documenti acquisiti nel primo giudizio, in seno al quale tali fatti non avrebbero costituito un punto controverso discusso tra le parti (Cons. Stato, ad. plen., n. 2 del 1964). L’errore di fatto in questione, secondo l’impostazione di cui all’odierno ricorso per revocazione, sarebbe altresì consistito in un errore dei sensi, verificatosi per distrazione o per altro accidente, in una materiale svista, non coinvolgente alcuna attività valutativa dell’organo decidente, che avrebbe indotto il giudicante a ritenere insussistente un fatto che in realtà sussisteva (Cons. Stato, ad. plen. n. 27 del 1980).
Sennonché, una volta ammessa la revocazione e prima ancora di entrare nel merito della verifica della effettiva sussistenza dell’errore di fatto denunciato da parte ricorrente, il Collegio coglie un profilo di evidente inammissibilità e improcedibilità del gravame originario, n. 384/2005 Reg. Gen., già dichiarato inammissibile e improcedibile con la sentenza della cui revocazione qui si tratta, profilo di inammissibilità (dei motivi aggiunti ivi proposti) e di improcedibilità (conseguente sul ricorso introduttivo n. 384/2005) ulteriore e aggiuntivo, ancorché logicamente successivo, rispetto a quello colto e rilevato dalla precedente sentenza della Sezione n. 3904/2009, consistente nella tardività dell’impugnativa della determina dirigenziale n. 205 del 15 aprile 1005 di approvazione della graduatoria definitiva, intervenuta solo con i motivi aggiunti depositati il 27 maggio 2009.
Parte ricorrente ha sostenuto la tempestività di tale impugnativa sul rilievo che essa si sarebbe resa possibile solo a seguito del deposito, da parte della Regione, in data 17 febbraio 2009, della graduatoria di merito. È tuttavia agevole obiettare al riguardo che la graduatoria finale di merito non costituisce un atto soggetto a notifica individuale, in mancanza della quale opera, come è noto, il dies a quo sussidiario del giorno della acquisita, piena conoscenza dell’atto, ma costituisce un atto sottoposto a forme di pubblicità legale aventi efficacia di piena conoscibilità per i diretti interessati dall’atto, anche agli effetti del decorso del termine di decadenza per il ricorso giurisdizionale. Il soggetto escluso dal concorso – ancorché per ragioni asseritamene illegittime e nonostante la pendenza di un suo gravame avverso l’esclusione – non ha titolo alla notifica individuale di tale atto conclusivo, non essendo peraltro in esso direttamente contemplato, ed essendo inoltre nella fattispecie stabilito dalla disciplina della lex specialis del bando, che richiama la vigente legislazione regionale in tema di pubblicazione degli atti regionali, che la pubblicazione dell’atto sul bollettino ufficiale regionale avrebbe avuto a tutti gli effetti valore di pubblicità legale dell’atto medesimo.
In senso opposto parte ricorrente ha richiamato un non recentissimo precedente del Tar Campania, sede di Napoli, della Sez. V (sentenza 26 settembre 2005, n. 15458, che a sua volta richiama un precedente del Tar Lazio, Sez. Latina, 8 settembre 2004, n. 779) che, in un caso analogo, ha giudicato tempestiva l’impugnativa dell’atto conclusivo della procedura con motivi aggiunti notificati a distanza di circa un anno e mezzo dalla pubblicazione del decreto, "avente effetto di pubblicità legale dello stesso", e ciò perché la pubblicazione della graduatoria finale sul B.U.R.C. era prevista non da una disposizione di legge o di regolamento, ma dal bando di concorso, avente natura di atto generale e non di regolamento, onde la necessità di fare ricorso alla regola generale della piena conoscenza (anche nella fattispecie esaminata dalla citata pronuncia della Sez. V l’atto approvativo della graduatoria finale, aggredito con motivi aggiunti, era stato conosciuto solo attraverso il suo deposito in giudizio da parte dell’amministrazione intimata).
Sennonché, rileva il Collegio, nella Regione Campania vige una specifica disposizione di legge regionale che consente di rinvenire un’idonea base giuridica alla regola della piena conoscibilità legale connessa alla pubblicazione sul bollettino ufficiale regionale di determinati atti, sicché non può condividersi la tesi, sottesa alla richiamata pronuncia del 2005 della Sez. V, dell’insufficienza, al riguardo, della regola di bando, non avente natura normativa.
In particolare, la legge regionale della Campania 5 giugno 1975, n. 61, recante "Pubblicazione di atti amministrativi degli organi della regione Campania", prevede, nell’articolo unico, che "Gli atti amministrativi emanati dagli Organi della Regione Campania, compresi quelli per i quali le leggi dello Stato anteriori all’attuazione dell’ordinamento regionale prescrivevano la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, sono pubblicati, con effetto dalla entrata in vigore della presente legge, soltanto nel Bollettino Ufficiale della Regione".
La valenza di questa previsione normativa è stata vagliata da condivisibile giurisprudenza (Consiglio Stato, sez. V, 6 giugno 1996, n. 661), che ha osservato come "La pubblicazione degli atti a contenuto generale che risultino immediatamente lesivi non è un adempimento meramente facoltativo, essendo espressamente prevista dall’art. 1, l. reg. Campania 5 giugno 1975 n. 61; dalla data di tale pubblicazione decorre il termine per impugnare tali atti".
Dalle suesposte argomentazioni discende che la chiesta revoca della sentenza di questa Sezione pur ammissibile e (in tesi) fondata, conduce, una volta dato ingresso – come chiesto da parte ricorrente e come ritenuto senz’altro possibile dalla prevalente opinione – al riesame di merito dell’originario ricorso, alla pronuncia di un dispositivo in tutto equivalente a quello recato dalla ridetta sentenza sottoposta a revoca, benché basato sul rilievo di ulteriori motivi di inammissibilità e improcedibilità, posti in linea logicamente successiva rispetto ai profili – di non integrità del contraddittorio – allora rilevati dalla Sezione.
Conclusivamente, il Collegio ritiene di dover accogliere la domanda revocatoria, con conseguente pronuncia della revocazione della sentenza di questa Sezione 14 luglio 2009, n. 3904, ma di dover poi pervenire, nel riesame dell’originario ricorso n. 384/2005 Reg. Gen., alla pronuncia dell’inammissibilità per tardività dei motivi aggiunti ivi proposti in data 27 maggio 2009 avverso il decreto n. 205 del 15 aprile 2005 di approvazione della graduatoria definitiva, e della conseguente improcedibilità per sopravvenuta carenza d’interesse del ricorso originario introduttivo n. 384/2005 Reg. Gen., diretto avverso il provvedimento regionale del 26 novembre 2004 di esclusione del ricorrente dal concorso pubblico per la copertura di n. 40 posti in categoria D, posizione economica D1, profilo professionale di "Istruttore Direttivo Programmazione e Controllo", pubblicato sul B.U.R.C. n. 63 del 23 dicembre 2002.
L’accoglimento della domanda revocatoria, bilanciato con la nuova declaratoria di inammissibilità del ricorso originario, nonché la considerazione della complessità della vertenza, giustificano l’integrale compensazione tra le parti delle spese di causa.

P.Q.M.
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CAMPANIA, III^ Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso per revocazione in epigrafe indicato, lo accoglie e, per l’effetto, revoca la sentenza di questa Sezione 14 luglio 2009, n. 3904;
definitivamente pronunciando sul ricorso originario n. 384/2005 Reg. Gen., dichiara inammissibili per tardività i motivi aggiunti ivi proposti in data 27 maggio 2009 avverso il decreto n. 205 del 15 aprile 2005 di approvazione della graduatoria definitiva; dichiara la conseguente improcedibilità per sopravvenuta carenza d’interesse del ricorso originario introduttivo n. 384/2005 Reg. Gen., diretto avverso il provvedimento regionale del 26 novembre 2004 di esclusione del ricorrente dal concorso per cui è causa.
Compensa per intero tra le parti le spese di lite.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 10 giugno 2010 con l’intervento dei Signori:
Saverio Romano, Presidente
Paolo Carpentieri, Consigliere, Estensore
Ines Simona Immacolata Pisano, Primo Referendario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 17 SET. 2010.