– che la Corte di appello di Perugia, con decreto del 17 dicembre 2003, dichiarava inammissibile la domanda di equa riparazione, proposta da S.G., nei confronti del Ministero della giustizia, per i danni subiti in conseguenza della non ragionevole durata di un processo civile, instaurato davanti al Pretore del lavoro di Roma con ricorso del 14 marzo 1988 e definito con sentenza della Corte di Cassazione pubblicata l’11 aprile 1996;
– che, a fondamento della decisione, la Corte di appello osservava che l’istante aveva proposto il ricorso soltanto il 7 aprile 2002, senza avere previamente adito la Corte di Strasburgo, con la conseguenza che doveva ritenersi decorso il termine di sei mesi fissato dalla L. n. 89 del 2001;
– che, avverso detto decreto, S.G. ha proposto ricorso per Cassazione illustrato anche con memoria;
– che il Ministero della Giustizia resiste con controricorso;
– che il ricorrente con il primo motivo deduce la violazione della L. n. 89 del 2001, artt. 2, 3, 4 e 6 lamentando che erroneamente la Corte territoriale aveva ritenuto che il ricorso alla Corte di Strasburgo fosse un presupposto per la proposizione della domanda di equa riparazione, mentre in realtà la norma transitoria prevedeva un termine soltanto per l’ipotesi che fosse pendente un giudizio innanzi a detta Corte;
– che il ricorrente con il secondo motivo deduce la violazione della L. n. 89 del 2001, art. 4, lamentando che erroneamente la Corte territoriale aveva ritenuto che il termine di sei mesi dalla definizione del giudizio presupposto fosse applicabile ad una fattispecie anteriore alla data di entrata in vigore della L. n. 89 del 2001, per la quale poteva applicarsi soltanto il termine di prescrizione;
– che i motivi, da esaminare congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono infondati; infatti, questa Corte, con sentenza n. 19445 del 06/10/2005, ha chiarito che: 1) "la L. 24 marzo 2001, n. 89 è irretroattiva, mancando una norma che ne preveda espressamente l’applicabilità alle situazioni esaurite, salvo il limite risultante dall’art. 6 che, allo scopo di favorire la riduzione della pendenza dei ricorsi dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo, ha esteso l’applicazione della legge alle situazioni esaurite relativamente alle quali, alla data di entrata in vigore della legge medesima, fosse stato promosso, ma non ancora dichiarato ricevibile, il giudizio dinanzi alla Corte europea"; 2) per situazione esaurita al momento dell’entrata in vigore della L. n. 69 del 2001 deve intendersi quella in cui la sentenza conclusiva del processo, che si assume di irragionevole durata, sia passata in giudicato da oltre sei mesi;
– che, pertanto, anche per le violazioni verificatesi prima dell’entrata in vigore della L. n. 89 del 2001 trova applicazione il termine di decadenza previsto dall’art. 4 della stessa legge (Cass. 30 settembre 2004, n. 19634), ove non sia stato proposto ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo;
– che le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al rimborso delle spese di giudizio liquidate in Euro 1.000,00 oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 febbraio 2006.
Depositato in Cancelleria il 24 aprile 2006