1. Il Ministero della Giustizia impugna per cassazione il decreto in data 5 ottobre 2005 con il quale la corte di appello di Roma lo ha condannato a pagare ad P.O. la somma di Euro 2.400,00 a titolo di equo indennizzo L. n. 89 del 2001, ex art. 2, in relazione alla non ragionevole durata di un processo civile del quale la P. era stata parte.
Resiste la P. con proposizione a sua volta di ricorso incidentale.
2. I due ricorsi vanno previamente riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c. 3. Il ricorso per equo indennizzo della P. – come esattamente eccepito dall’Amministrazione già nel giudizio a quo e nuovamente denunciato ora con l’unico mezzo della presente impugnazione – era effettivamente inammissibile.
E ciò per la sua tardiva proposizione ben oltre il termine di sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza che conclude il processo della cui durata si discute ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 4, cit.
Non essendo in contrario sostenibile che il suddetto termine, pur dopo la definitività, per consolidazione nel giudicato, della decisione che conclude il giudizio per la cui durata v’è doglianza, resti inoperante – come preteso dalla resistente – ed inizi a decorrere solo dal successivo primo atto satisfattivo adottato dal giudice dell’esecuzione.
Diversi ed autonomi sono, infatti, i due processi, di cognizione e di esecuzione, per cui è in relazione a ciascuno di essi che va computato l’eventuale periodo di irragionevole protazione, senza possibilità di sommatoria, a tal fine, dei tempi reciproci; e, correttamente, è all’interno di ciascuno di essi che va individuato l’atto conclusivo e il momento di assunzione della correlativa definitività al quale è collegato, dalla L. n. 89 del 2001, art. 4, su citato, il dies a quo di decorrenza del termine per la proposizione della domanda di equo indennizzo.
4. Va pertanto accolto il ricorso dell’amministrazione con assorbimento di quello incidentale.
Consegue, ex art. 382 c.p.c., la cassazione senza rinvio del decreto impugnato perché la domanda non poteva essere proposta.
5. Le spese dell’intero giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie quello principale e dichiara assorbito quello incidentale; cassa senza rinvio il decreto impugnato e condanna la P. a rifondere all’Amministrazione le spese di lite che liquida, per la fase di merito, in complessivi Euro 700,00 per diritti e onorari oltre a quelle anticipate a debito e, per questo giudizio, in Euro 600,00 per onorari, oltre le spese a debito.
Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2006.
Depositato in Cancelleria il 30 novembre 2006