La ricorrente è attualmente dirigente scolastica in provincia di Siena.
Ella è stata nell’anno scolastico 1986-87 preside dell’Istituto professionale femminile di Bergamo prestando servizio per una parte di tale anno scolastico quale presidente di commissione di concorso presso la Sovrintendenza della Lombardia e poi presso quella dell’Emilia – Romagna.
Per il citato anno scolastico le veniva attribuita la qualifica di "sufficiente" e l’interessata dopo aver prodotto ricorso gerarchico, ha impugnato innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Toscana il predetto atto, deducendone la illegittimità per i seguenti motivi così epigrafati:
1) Violazione dell’art. 22 D.L.C.P.S. 21 aprile 1947, n. 629 nonché eccesso di potere per travisamento delle circostanze di fatto e difetto di motivazione.
2) Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento degli elementi di valutazione, posto che non sono stati acquisiti gli elementi necessari per la valutazione relativa al servizio prestato nell’intero anno scolastico, omettendosi di considerare l’attività svolta nella veste di presidente di commissione.
Con la sentenza impugnata il giudice adito ha osservato quanto segue.
Il gravame all’esame non appare meritevole di accoglimento.
Come riferito nello stesso atto introduttivo del giudizio l’impugnata qualifica di sufficiente è stata motivata "per aver svolto il proprio compito senza grave demerito e senza distinzioni particolari" e a sua volta tale annotazione risulta integrata dalle seguenti osservazioni: "azione didattica non valutabile per lo scarso tempo di presenza nella scuola. Personalità fortemente emotiva, insicura nell’azione direttiva per mancanza di esperienza, ha dimostrato di non demeritare nei compiti diversi dalla direzione come Presidente della commissione di concorso presso le Sovrintendenze scolastiche di Bologna e Milano". Tanto premesso, col primo mezzo di gravame parte ricorrente lamenta a carico dell’atto impugnato il vizio dell’eccesso di potere per mancanza di un’adeguata, logica motivazione, ma le censure non appaiono condivisibili.
Invero, come è agevole rilevare dalla lettura dell’annotazione che accompagna la stessa nota di qualifica, l’Amministrazione ha esplicitato, sia pure in termini sintetici, il perché del giudizio di "sufficiente" e tale apprezzamento, in ragione delle osservazioni formulate, si appalesa congruo e adeguatamente ponderato.
In particolare, la qualifica di sufficiente poggia su elementi di valutazione ben precisi e costituisce il frutto di un’attività di valutazione espressa a sua volta nell’esercizio di una discrezionalità tecnico-amministrativa che non appare affetta da macroscopici vizi di logicità e, come tali, si appalesa nel merito, insindacabile.
Né appaiono rinvenibili a carico dell’atto impugnato gli estremi del vizio di contraddittorietà con precedenti manifestazioni, sul rilievo, fatto constare da parte ricorrente con la memoria difensiva del 10 aprile 2004, che la prof. B. negli anni precedenti avrebbe sempre riportato il giudizio di "ottimo".
Invero, nella specie non si è in presenza di valutazioni incompatibili rese in circostanze perfettamente analoghe e il giudizio reso in relazione all’anno scolastico in questione (1986/87) ancorché deteriore rispetto a quelli precedenti non è di segno né di contenuto diametralmente opposti alle valutazioni precedenti sicché un siffatto apprezzamento da un lato non abbisogna di una motivazione particolarmente pregnante e dall’altro lato si regge pur sempre su elementi giustificativi aventi una loro logica coerenza.
Anche le critiche formulate col secondo motivo di gravame non sono tali da cogliere nel segno.
Parte ricorrente lamenta, in sostanza, il fatto che l’Amministrazione avrebbe omesso di considerare l’attività professionale svolta dalla stessa B. nella qualità di presidente di commissione di concorso, appunto nell’anno scolastico 1986/87, ma così non è.
Invero, l’annotazione che esplicita il giudizio di "sufficiente" fa espresso riferimento alle funzioni di presidente di commissione di concorso espletate dalla ricorrente, lì dove si dà altresì atto della circostanza che in relazione a tale compito istituzionale la B. non ha demeritato, di talché sul punto non è dato ravvisare quale che sia omissione, avendo avuto cura, invece, lo stesso Provveditorato di mettere in evidenza, peraltro, in termini positivi, il servizio al riguardo reso dalla ricorrente.
Con l’atto di appello in esame l’interessata ha ribadito le censure svolte in primo grado.
All’udienza del 13 luglio 2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

La ricorrente si duole della qualifica attribuitale in relazione ai giudizi positivi riportati negli anni precedenti: ma tale pretesa non trova fondamento in alcuna norma giuridica o consuetudinaria. Il giudizio espresso dall’amministrazione doveva essere formulato sulla base dell’attività svolta nell’a.s. 1986/1987.
La ricorrente per dimostrare l’illegittimità del giudizio richiama il proprio curriculum vitae et studiorum: ma esso deve ritenersi irrilevante ai fini dell’emanazione del giudizio per il suddetto anno scolastico.
Parimenti infondato è il secondo motivo di appello perché, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente e come evidenziato nella sentenza impugnata, l’annotazione che esplicita il giudizio di "sufficiente" fa espresso riferimento alle funzioni di presidente di commissione di concorso espletate dalla ricorrente, lì dove si dà altresì atto della circostanza che in relazione a tale compito istituzionale la B. non ha demeritato, di talché sul punto non è dato ravvisare quale che sia omissione, avendo avuto cura, invece, lo stesso Provveditorato di mettere in evidenza, peraltro, in termini positivi, il servizio al riguardo reso dalla ricorrente.
La sezione infine non può non osservare che, allorquando, come nel caso di specie, si faccia valere un interesse di natura pretensiva, non è sufficiente dimostrare l’illegittimità del procedimento, ma l’interessato deve fornire sufficienti elementi di giudizio che dimostrino non la mera possibilità, ma una sia pur minima probabilità che il giudizio formulato in sede di rinnovo possa concludersi in senso favorevole per il richiedente, essendo frustrante la mera ripetizione di un giudizio che debba concludersi con il medesimo esito.
Nel caso di specie l’appellante non ha fornito alcun elemento in tal senso.
La mancata costituzione in giudizio dell’amministrazione appellata esime il giudice dal pronunciarsi sulle spese.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sesta Sezione) rigetta l’appello indicato in epigrafe.
Nulla per le spese di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 luglio 2010 con l’intervento dei Signori:
Giuseppe Severini, Presidente
Domenico Cafini, Consigliere
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Claudio Contessa, Consigliere
Andrea Pannone, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 29 DIC. 2010.