Il condominio di via (OMISSIS) conveniva in giudizio i coniugi F.G. e C.A. chiedendo la condanna degli stessi alla demolizione delle opere abusivamente realizzate sulle parti condominiali dell’edificio sottraendole alla loro destinazione ed asservendole all’uso esclusivo dei loro locali.
I convenuti, costituitisi, resistevano alla domanda del condominio e chiedevano (ed ottenevano) di essere autorizzati a chiamare in causa il costruttore dell’edificio dal quale avevano acquistato il loro immobile. In via riconvenzionale i convenuti chiedevano accertarsi l’avvenuta usucapione delle parti comuni sulle quali erano stati effettuati i lavori in questione.
A seguito della domanda di usucapione veniva disposta dal giudice istruttore l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i condomini.
Nessuna delle parti in causa provvedeva ad integrare il contraddittorio per cui Fattore eccepiva l’improcedibilità della domanda riconvenzionale mentre i convenuti chiedevano la pronuncia di estinzione dell’intero processo ex art. 307 c.p.c..
Con ordinanza 13/1/2003 il GOA dell’adito tribunale di Ascoli Piceno dichiarava l’estinzione del processo ed ordinava la cancellazione della causa dal ruolo.
Avverso la detta ordinanza il condominio proponeva appello al quale resistevano i coniugi F. e C. mentre il chiamato in causa ( T.V.) rimaneva contumace.
Con sentenza 23/1/2004 la corte di appello di Ancona rigettava il gravame osservando: che la domanda dell’attore, diretta ad ottenere l’eliminazione di opere abusive su terreno condominiale, era fondata sul presupposto della comproprietà di detto terreno; che i convenuti avevano prospettato, in via riconvenzionale, l’intervenuta usucapione del bene in questione; che era quindi evidente l’esistenza nella specie di un’ipotesi di litisconsorzio necessario imponendosi la presenza in causa di tutti i comproprietari in danno dei quali l’usucapione si sarebbe verificata; che risultava dedotta una situazione giuridica (usucapione e proprietà esclusiva) confliggente con quella (comproprietà) che era alla base della richiesta dell’attore; che di tale situazione il giudice non poteva conoscere se non in contraddittorio di tutti gli interessati, ossia dei comproprietari del fabbricato essendo stato dedotto in giudizio un rapporto plurisoggettivo unico ed inscindibile; che le richieste formulate (demolizione di opere abusive su corte comune e intervenuta usucapione) erano legate da un nesso di interdipendenza reciproca comportando la decisione di ciascuna domanda la decisione anche dell’altra dando luogo ad un’ipotesi di litisconsorzio necessario in forza del quale i rapporti medesimi dovevano rimanere uniti in unico processo posto che il rapporto sostanziale dedotto in giudizio essendo unico non poteva essere risolto e, quindi, non poteva non sussistere nei confronti di alcuni e rimanere in vita e vincolante verso altri per cui la partecipazione di tutti gli interessati era indispensabile; che, trattandosi di litisconsorzio determinato da ragioni di carattere sostanziale, la disposta integrazione era a carico della parte più diligente avendo entrambe le parti pari interesse a far partecipare al giudizio il litiscosorte pretermesso al fine divedersi accogliere le rispettive pretese.
La cassazione della sentenza della corte di appello di Ancona è stata chiesta dal condominio di via (OMISSIS) con ricorso affidato a tre motivi. Hanno resistito con controricorso i coniugi F. G. e C.A.. Il ricorso è stato notificato a T. S. – quale erede di T.V. – la quale non ha svolto attività difensiva in sede di legittimità.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso il condominio di via (OMISSIS) denuncia vizi di motivazione deducendo che la corte di appello ha prima fatto riferimento all’istituto del litisconsorzio necessario di cui all’art. 102 c.p.c., ha poi affermato che nella specie il litisconsorzio derivava dalla dipendenza reciproca delle domande proposte dall’attore e dai convenuti ed ha infine concluso che il litisconsorzio aveva carattere sostanziale e che entrambe le parti avevano interesse a far partecipare al giudizio il litisconsorte pretermesso. Simile motivazione è viziata in quanto per qualificare il rapporto controverso utilizza in via concorrente argomentazioni diverse prive di un nesso di coerenza. Infatti il litisconsorzio di natura sostanziale presuppone un unico rapporto sostanziale mentre la corte di appello ha affermato che il litisconsorzio dipendeva dal nesso di dipendenza reciproca tra le domande. Il litisconsorzio processuale di cui all’art. 331 c.p.c. deriva poi dalla inscindibilità della causa o dalla dipendenza tra loro delle cause:
ciò però rileva solo in sede di impugnazione. La chiamata in causa dei condomini è stata disposta in forza dell’art. 102 c.p.c. limitatamente alla domanda riconvenzionale di usucapione proposta dai convenuti onde evitare “sul punto” una sentenza inutile. Dalla mancata integrazione del contraddittorio non può quindi derivare l’estinzione dell’intero processo ma solo della causa promossa in via riconvenzionale.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione degli artt. 36 e 103 c.p.c. sostenendo che detti artt. si riferiscono al processo cumulato in cui più domande distinte ma connesse vengono trattate e decise simultaneamente. In tal caso è possibile – ai sensi degli artt. 103, 104 e 269 c.p.c. – disporre nel corso dell’istruzione o con la decisione la separazione delle cause quando la continuazione della loro riunione ritarderebbe o renderebbe più gravoso il processo. La Corte di appello ha escluso il potere di separare la causa di demolizione da quella di usucapione per il nesso di dipendenza reciproca da cui erano legate confondendo la comunanza di situazioni o di rapporti giuridici posta a base del “simultaneus processus” con l’inscindibililà che può dar luogo al litisconsorzio necessario. La connessione tra la domanda principale e quella riconvenzionale è stata erroneamente qualificata come “nesso di dipendenza reciproca”: infatti l’accertamento della usucapione sui beni comuni non rappresenta l’antecedente logico giuridico indispensabile per la decisione della domanda principale. In conseguenza della mancata integrazione del contraddicono sulla domanda di usucapione la causa riconvenzionale si è quindi estinta ex art. 102 c.p.c. per cui il giudice avrebbe dovuto decidere la causa principale.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione deducendo che, al contrario di quanto affermato dalla Corte di appello, esso condominio non aveva interesse a chiamare in causa i condomini al fine di veder accogliere la sua domanda principale in quanto il difetto di integrazione del contraddittorio riguardava solo la domanda riconvenzionale.
La Corte rileva l’infondatezza delle dette censure che, per evidenti ragioni di ordine logico e per economia di trattazione e di motivazione, possono essere esaminate congiuntamente per la loro strutta connessione ed interdipendenza riguardando tutte – quale più, quale meno e sotto aspetti e profili diversi prospettati sia come vizi di motivazione che come violazioni di legge le stesse collegate questioni relative alla sussistenza o meno di una dipendenza reciproca delle domande proposte dall’attore e dai convenuti, alle conseguenze derivanti da tale eventuale nesso di dipendenza tra le dette domande, agli effetti della mancata ottemperanza all’ordine del giudice di primo gradi di provvedere “a cura della parte che vi abbia interesse” alla “integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i condomini del fabbricato condominiale di via (OMISSIS)”.
La sentenza impugnata è del tutto corretta e si sottrae alle critiche che le sono state mosse: il giudice di appello, con ampia coerente e ineccepibile in motivazione, ha confermato l’ordinanza di estinzione del giudizio pronunciata dal tribunale attenendosi ai seguenti principi più volte affermati da questa Corte:
– nel caso in cui la domanda sia diretta all’accertamento della proprietà comune di un bene (nella specie, autorimessa condominiale) e alcuni condomini eccepiscano in via riconvenzionale di essere proprietari esclusivi in base ai titoli ovvero per intervenuta usucapione, si configura un’ipotesi di litisconsorzio necessario e il contraddittorio deve essere integrato nei confronti di tutti i comproprietari dello stabile, essendo dedotto in giudizio un rapporto plurisoggettivo unico e inscindibile, con la conseguenza che la sentenza, implicando un accertamento in ordine a titoli di proprietà confliggenti tra loro, non può conseguire un risultato utile se non pronunciata nei confronti di tutti i partecipanti al condominio (sentenza 21/8/1996 n. 7705);
– in caso di tardiva riassunzione del processo nel quale sono cumulate domande principali e domande riconvenzionali proposte reciprocamente dalle parti originarie, l’eccezione di estinzione formulata dal convenuto (che è stato parimenti inerte rispetto all’onere della riassunzione), ancorchè limitata alla sola domanda riconvenzionale, investe necessariamente l’intero rapporto processuale, che è unico, ed importa la totale estinzione del processo (sentenza 28/6/1980 n. 4092);
– la domanda riconvenzionale proposta dal possessore di un immobile oggetto di rivendicazione e diretta a fare accertare l’avvenuta usucapione del bene, richiede la presenza in causa di tutti i comproprietari in danno dei quali l’usucapione si sarebbe verificata, risultando dedotta una situazione giuridica (usucapione e proprietà individuale) configgente con quella preesistente (comproprietà) della quale il giudice deve conoscere nel contraddittorio di tutti gli interessati (sentenza 1/12/1997 n. 12136);
– la nullità del giudizio di primo grado derivante dal difetto di integrità del contraddittorio richiesto per la pronunzia sulla domanda riconvenzionale, si riflette e si estende anche alla domanda principale se tra le due azioni vi sia una stretta e manifesta indipendenza e sussista, altresì, una parziale identità di questioni da risolvere (sentenza 22/2/1979 n. 1142).
Alla luce di detti principi risulta evidente la correttezza della ordinanza del giudice di primo grado, confermata dalla corte di appello, con la quale è stata dichiarata l’estinzione del processo promosso dal condominio nei confronti dei coniugi F.- C. avente ad oggetto la richiesta di demolizione di opere realizzate su beni asseritamene condominiali in ordine ai quali i convenuti avevano sostenuto di essere proprietari esclusivi in virtù di avvenuta usucapione formulando domanda riconvenzionale volta all’accertamento di tale acquisto di proprietà esclusiva.
Si tratta quindi, come emerge con immediatezza ed in modo palese, di un rapporto sostanziale unico pi uri soggettivo ed inscindibile – risultando dedotta una situazione giuridica (usucapione e proprietà individuale) configgente con quella preesistente (comproprietà) ed implicando un accertamento in ordine a titoli di proprietà configgenti tra loro (proprietà esclusiva dei convenuti e proprietà comune di tutti i condomini) – con conseguente necessità di integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i soggetti attivi e passivi tra i quali i condomini comproprietari delle parti comuni dello stabile condominiali e, in quanto tali, litisconsorzi necessari in danno dei quali l’usucapione si sarebbe verificata.
Va poi aggiunto che la chiamata in causa dei condomini non è stata disposta (come invece dedotto dal ricorrente nel primo motivo) limitatamente alla domanda riconvenzionale di usucapione proposta dai convenuti sicchè dalla mancata integrazione del contraddittorio doveva necessariamente derivare l’estinzione dell’intero processo e non solo della causa promossa in via riconvenzionale.
E’ appena il caso di evidenziare infine che trattandosi di litisconsorzio determinato da ragioni di carattere sostanziale, la disposta integrazione era a carico della parte più diligente avendo entrambe le parti pari interesse (al contrario di quanto sostenuto dal condominio nel terzo motivo di ricorso) a far partecipare al giudizio i litiscosorti pretermessi al fine di vedersi accogliere le rispettive pretese.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato con la conseguente condanna del soccombente condominio al pagamento delle spese in favore dei costituiti coniugi F.G. e C.A. liquidale nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna il condominio ricorrente al pagamento, in favore dei resistenti F.G. e C.A. delle spese del giudizio di cassazione che liquida in complessivi Euro 200,00, oltre Euro 2.00,00 a titolo di onorari ed oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 5 maggio 2009.
Depositato in Cancelleria il 8 settembre 2009