Sono controinteressati i soggetti, titolari di una situazione giuridica soggettiva di segno contrario rispetto a quella del ricorrente, a cui il provvedimento impugnato ha attribuito una posizione di vantaggio che essi hanno interesse a conservare; di conseguenza, ai sensi dell’ art. 21, l. 6 dicembre 1971 n. 1034 e in virtù della peculiare posizione rivestita, il ricorso deve essere ad essi notificato qualora risultino espressamente indicati nell’atto impugnato o, comunque, siano facilmente individuabili dalla lettura dello stesso.
Con ricorso dinanzi al T.A.R. per il Veneto la società Dal Ben Tre s.r.l. esponeva quanto segue:
– di esercitare attività di commercio al dettaglio in sede fissa nel comune di Monastier (TV);
– di gestire, in particolare, una grande struttura di vendita di prodotti del settore non alimentare dell’abbigliamento e dell’arredo casa, avente una superficie di vendita di circa 6.000 mq., inserita nell’area commerciale sovracomunale n. 3 -"Treviso -Castelfranco", all’interno della quale rientra, tra l’altro, anche il comune di Roncade;
– di avere avuto notizia che, nel comune di Roncade, l’area interessata alla lottizzazione Fusana è stata classificata come zona destinata a parco commerciale e che vi verrà realizzato e attivato, ad opera della società Gruppo Basso, un parco commerciale -outlet;
– che l’illegittima attivazione del parco commerciale -outlet della società Gruppo Basso determinerebbe la perdita della clientela della ricorrente.
Ciò esposto la società Dal Ben Tre proponeva ricorso dinanzi al T.A.R. Veneto, notificato il 9 gennaio 2007, evidenziando in particolare che, con la delibera consiliare n. 26 del 3 maggio 2006, di approvazione della variante parziale al p. r. g., è stato inserito, all’interno dell’àmbito del parco commerciale, anche il lotto n. 2, in origine non ricompreso nel perimetro del parco medesimo.
Ottenuto l’aumento della superficie da destinare all’attività commerciale, il Gruppo Basso chiedeva al Comune, alla Provincia e alla Regione Veneto il rilascio dell’autorizzazione a modificare la ripartizione interna della superficie di vendita del parco commerciale, e ad aprire un grande complesso da destinare ad outlet.
Nella riunione del 28 settembre 2006 la conferenza di servizi accoglieva la domanda della società Gruppo Basso, intesa ad ottenere il rilascio dell’autorizzazione commerciale per la modifica della ripartizione interna della superficie di vendita del parco commerciale esistente, di mq. 11317 -lottizzazione Fusana, nei termini di seguito indicati:
– una grande struttura di vendita -tipologia centro commerciale -outlet, di mq. 7969, riferita al settore merceologico non alimentare, ripartita in 37 esercizi di vicinato;
– una grande struttura di vendita -tipologia esercizio singolo, con una superficie di vendita di mq. 2800, del settore non alimentare generico;
– una media struttura di vendita -tipologia esercizio singolo, con superficie di vendita di mq. 548, del settore non alimentare generico.
Con il ricorso introduttivo la Dal Ben Tre proponeva 14 censure, concernenti violazione di legge ed eccesso di potere sotto molteplici profili.
Nel frattempo, le deliberazioni nn. 154/05, 69/05 e 26/06, e i provvedimenti con i quali sono state accordate le proroghe dei termini per l’attivazione delle medie strutture di vendita, venivano impugnati con il ricorso n. 1540 del 2006, dalla società Iper Gara, titolare di un centro commerciale in San Biagio di Callalta (TV).
Con sentenza n. 938 del 23 febbraio -26 marzo 2007 la seconda sezione del T.A.R. accoglieva il ricorso giudicando illegittima la concessione delle prime e delle seconde proroghe e ritenendo fondata la censura relativa alla mancata attivazione della procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA).
La sentenza veniva appellata, ma il Gruppo Basso, nel luglio del 2007, chiedeva al Comune di Roncade di esprimersi nuovamente sulle domande di proroga già presentate, e di riconoscere l’esistenza delle ragioni di comprovata necessità richieste per la concessione delle proroghe medesime. La controinteressata illustrava le ragioni che giustificavano, e giustificano, l’accoglimento delle richieste medesime, e il Comune concedeva un nuovo termine per l’attivazione delle strutture, corrispondente a quello di ultimazione dei lavori di cui ai permessi di costruire già rilasciati e prorogati fino al 30 settembre 2008.
In data 13 ottobre e 18 ottobre 2007 il Comune rilasciava alla società gruppo Basso, "ora per allora", i provvedimenti di concessione, rispettivamente, delle prime e delle seconde proroghe dei termini per l’attivazione delle medie strutture di vendita, concedendo, contestualmente, un nuovo termine per attivare le strutture di vendita, coincidente con quello di ultimazione dei lavori di cui ai permessi di costruire già assentiti fino al 30 settembre 2008.
Contro i provvedimenti suddetti la Dal Ben Tre, nel gennaio del 2008, promuoveva ricorso per motivi aggiunti, deducendo illegittimità derivata e illegittimità propria degli atti medesimi.
Sempre nelle more della decisione del giudizio d’appello, il Gruppo Basso sottoponeva l’intera struttura al giudizio di compatibilità ambientale, previsto dall’art. 19 della l. reg. n. 19/99, della Provincia di Treviso.
Con delibera n. 542 del 10 dicembre 2007 la Giunta provinciale esprimeva, ai sensi dell’art. 19 della l. reg. n. 10/99, giudizio favorevole di compatibilità ambientale del progetto di outlet relativamente a una superficie di vendita di mq. 11317.
La DGP n. 542/07, insieme agli atti presupposti e al successivo verbale della conferenza di servizi del 29 luglio 2008 (v. epigrafe, dal n. 10) al n. 13), veniva impugnata dalla Dal Ben Tre con il secondo ricorso per motivi aggiunti.
Con sentenza n. 782 del 29 febbraio 2008 la Quarta Sezione di questo Consiglio di Stato ha accolto l’appello proposto dalla società Gruppo Basso e, per l’effetto, ha rigettato il ricorso di primo grado della Iper Gara, ritenendo che le due ragioni, sulle quali il T.A.R. aveva fondato l’accoglimento del ricorso, "e precisamente la illegittimità delle proroghe concesse dal Comune alla messa in opera degli esercizi commerciali e la mancata previa valutazione di impatto ambientale" (fossero) entrambe da disattendere.
Relativamente alle proroghe – ha proseguito questo Consiglio – "va rilevato che il termine che ad esse si riferisce è teso ad evitare dilazioni operative che andrebbero a vulnerare la ragione stessa del rilascio delle autorizzazioni, e cioè il concreto inserimento nel settore commerciale di strutture di vendita considerate necessarie per dare al settore stesso il suo più completo ed armonico sviluppo.
Ma ciò concerne l’eventuale attività dilatoria dei soggetti autorizzati, mentre quando il ritardo dell’apertura non è addebitabile a tali pratiche, ma si innesti in evenienze non imputabili ai soggetti autorizzati e dagli stessi non controllabili, allora, evidentemente, la regola dei termini deve essere diversamente apprezzata.
Ora, nella specie, è accaduto che, per ragioni in gran parte dovute a nuove e diverse prescrizioni in ordine all’esecuzione delle opere di urbanizzazione concernenti l’area di allocazione delle strutture di vendita, queste hanno subito un ritardo, per cui, conseguentemente, non è stato possibile rispettare il termine per l’apertura delle strutture di vendita medesime.
Né può parlarsi di carenza di motivazione, in quanto i provvedimenti concessivi delle proroghe si riferiscono espressamente alla situazione di fatto rappresentata dal soggetto istante, che l’Amministrazione ha ritenuto di fare propria, in quanto ben conosciuta dalla stessa e ritenuta corrispondente alla realtà.
Per quanto concerne la mancata procedura di valutazione di impatto ambientale, va precisato che la stessa è un’attività preventiva e non successiva; pertanto, la stessa non può che riferirsi a quei parchi commerciali ancora "in nuce" e non certo a quell’attività, come nella specie, di ricognizione dei parchi commerciali già sostanzialmente esistenti, ove le autorizzazioni commerciali sono state già rilasciate, per i quali una procedura di valutazione di impatto ambientale (che, si ripete, è attività preventiva) non avrebbe senso.
L’appello principale va, pertanto, accolto…".
Con sentenza n. 2339/2009, il T.A.R. adito accoglieva una soltanto delle censure articolate dalla Dal Ben Tre s.r.l. – ed esattamente quella concernente la mancata sottoposizione a V.I.A. del progetto della Gruppo Basso s.p.a. relativo alla realizzazione di una grande struttura di vendita, tipologia outlet, di 11.009 mq e di due esercizi singoli di vicinato, da ultimo assentito – respingendo, per il resto, il suo ricorso principale e le impugnazioni proposte nel corso del giudizio.
Contro questa pronuncia, ritenuta gravemente erronea e ingiusta nella parte in cui ha respinto i restanti motivi di ricorso, la Dal Ben Tre – con atto di data 14 dicembre 2010 – ha proposto appello dinanzi a questo Consiglio di Stato, onde ottenere la parziale riforma della medesima e il correlativo accoglimento integrale del ricorso di primo grado n. 110/2007 e dei successivi motivi aggiunti.
Dal canto suo, anche la Gruppo Basso s.p.a., in data 18 dicembre 2010, ha proposto appello avverso la suddetta sentenza, chiedendone la riforma in parte qua, con conseguente rigetto del ricorso di primo grado: appello contro cui la Dal Ben Tre s.r.l. resiste.
Resistono il Comune di Roncade e la Regione Veneto.
Prima dell’udienza di discussione le parti hanno depositato memorie illustrative ed istanza di riunione dei due appelli e alla pubblica udienza del 4 giugno 2010 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Gli appelli in epigrafe devono essere riuniti, in quanto rivolti avverso la medesima sentenza, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., applicabile anche al processo amministrativo (v. art. 96, comma 1, del nuovo codice del processo amministrativo, di cui al D. Lgs. 2 luglio 2010, n. 104).
La Gruppo Basso s.p.a. censura la sentenza del T.A.R. Veneto n. 2339/2009 nella sola parte in cui ha accolto uno dei motivi di impugnazione proposti in primo grado da Dal Ben Tre s.r.l., così annullando il verbale della conferenza di servizi del 29 luglio 2008: e quindi là dove afferma che il progetto assentito dalla predetta conferenza di servizi comporta una modifica della ripartizione interna della superficie di vendita, pari a 11.317 mq, del parco commerciale outlet di Roncade e che, in quanto tale, il medesimo non poteva essere approvato senza la previa acquisizione del giudizio di compatibilità ambientale di cui alla L.R. Veneto 26 marzo 1999, n. 10.
Il giudice di prime cure, infatti, ha ritenuto che "se nel marzo 2008 la Gruppo Basso aveva chiesto di ripartire gli 11.317 mq della superficie di vendita del parco commerciale in 75 esercizi di vicinato e 4 m.s.v., successivamente, nel luglio del 2008, la controinteressata ha fatto presente la sua intenzione di suddividere la superficie complessiva dell’insediamento commerciale in una grande struttura di vendita – tipologia centro commerciale – outlet, di 11.009 mq, destinata alla vendita di prodotti del settore non alimentare generico, e in due esercizi singoli di vicinato, aventi una superficie, rispettivamente, di circa 149 e 159 mq, anch’essi destinati al settore non alimentare generico"; e, atteso che è proprio su quest’ultima richiesta (e non su quella del marzo 2008) che la conferenza di servizi del 29 luglio 2008 ha espresso il proprio parere favorevole, "la procedura di VIA del novembre – dicembre del 2008 non poteva valere anche per il successivo progetto di redistribuzione delle superfici di vendita" (cfr. la sentenza appellata, pag. 50).
Rispetto alla posizione assunta dal T.A.R. Veneto, in particolare, l’appellante Gruppo Basso sottolinea che "la conferenza di servizi istruttoria del 2 luglio 2008, esaminata la domanda presentata nel marzo, aveva sollevato alcune perplessità circa la localizzazione dei predetti esercizi di vicinato esterni al centro commerciale, in particolare per quanto attiene ai parcheggi e agli accessi" (cfr. atto di appello, pag. 11).
Proprio a fronte di tali perplessità – continua l’appellante – "il successivo 23 luglio, il Gruppo Basso, senza modificare in alcun modo la precedente domanda del marzo, ha semplicemente precisato che la configurazione del compendio commerciale quale parco commerciale, ai sensi dell’art. 10, della L.R. n. 15/2004, era quella di tre esercizi di vendita (la grande struttura – centro commerciale e le due unità esterne), precisando altresì che i due esercizi di vendita esterni sono dotati di autonomi e distinti standards del tutto indipendenti da quello della grande struttura di vendita, richiamando espressamente la configurazione già considerata dalla Provincia di Treviso in sede di VIA" (cfr. pagg. 11 e 12 dell’atto di appello).
A detta dell’appellante, dunque, "l’unica modifica introdotta nel luglio del 2008 rispetto alla configurazione proposta il precedente marzo è stata la inversione degli accessi ai due esercizi di vicinato (unità 28 e 41), non più all’interno del compendio ma sulla strada esterna, risultando così più netta ed evidente la loro autonomia e separazione rispetto alla grande struttura di vendita – centro commerciale – outlet, con autonomi standard a parcheggio e autonomo e distinto accesso dalla pubblica via" (cfr. sempre pag. 12 dell’atto di appello).
Ne conseguirebbe che "nessuna nuova valutazione di impatto ambientale avrebbe dovuto precedere la determinazione assunta dalla conferenza di servizi del luglio 2008 che invece ha correttamente accolto la domanda di rimodulazione presentata nel marzo dal Gruppo Basso in quanto riferita ad un lay-out che aveva già ottenuto il parere favorevole di compatibilità ambientale dalla competente amministrazione provinciale con la citata deliberazione di G.P. n. 542/2007" (cfr. atto di appello, pagg. 12 e 13).
I rilievi mossi dalla Gruppo Basso s.p.a., tuttavia, non sono condivisibili.
Ai sensi dell’art. 10, comma 3, L.R. 13 agosto 2004, n. 15, "ogni modificazione relativa ai parchi commerciali esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge o di nuova costituzione è regolata dalle norme … di cui all’art. 18", il quale, a sua volta, al comma 7, dispone che sono assoggettati a valutazione di impatto ambientale "tutte le grandi strutture di
vendita e i parchi commerciali con superficie di vendita superiore a 8.000 mq".
Dal combinato disposto delle norme richiamate, dunque, discende che devono essere sottoposti a V.I.A. non solo i progetti relativi alla nuova apertura di un parco commerciale ma anche quelli recanti qualsiasi modifica delle strutture commerciali esistenti, purché, stante il dettato dell’art. 18, comma 7, della citata legge regionale la loro superficie di vendita sia superiore a 8.000 mq.
Per meglio dire, qualsiasi importante modifica del regime distributivo interno che riguardi i parchi commerciali di rilevanti dimensioni non può essere approvata in sede di conferenza di servizi se prima non ha ottenuto il parere positivo di compatibilità ambientale da parte della competente Commissione v.i.a.: donde, appunto, la conclusione che la conferenza di servizi tenutasi il 29 luglio 2008 ha approvato il progetto di modifica di ripartizione interna da ultimo presentato dalla Gruppo Basso s.p.a. pur in assenza della prescritta valutazione di impatto ambientale, dal momento che il progetto presentato il 23 luglio 2008 ed ivi approvato, volto a suddividere la superficie complessiva dell’insediamento commerciale in una grande struttura di vendita, tipologia centro commerciale-outlet, di 11.009 mq e in due esercizi di vicinato, rispettivamente, di 149,10 mq e 158,90 mq, non poteva certo considerarsi "mera precisazione del lay-out precedente" (costituito da n. 71 esercizi di vicinato e n. 4 medie strutture di vendita).
Non vi è dubbio, invero, che la realizzazione di un centro commerciale di 11.009 mq è un intervento completamente diverso dall’apertura di 71 esercizi di vicinato e di 4 medie strutture di vendita autonome tra loro.
Ai sensi dell’art. 9, L.R. 13 agosto 2004, n. 15, infatti, per centro commerciale si intende una "media o grande struttura di vendita provvista di spazi di servizio o infrastrutture comuni gestiti unitariamente, costituita da almeno due esercizi commerciali inseriti in una struttura unitaria o articolati in più edifici"; in altri termini, il centro commerciale rappresenta "una peculiare modalità di esercizio dell’attività commerciale in strutture di vendita medie o grandi, caratterizzata dalla presenza contestuale di una pluralità di esercizi commerciali nella stessa struttura e dal fatto che questi condividono infrastrutture, spazi e servizi comuni, gestiti unitariamente" (cfr. Cons. St., Sez. V, 28 giugno 2004, n. 4790).
Detto insediamento commerciale, dunque, è caratterizzato dal coordinamento tra i singoli negozi che lo costituiscono: coordinamento che, viceversa, non sussiste quando gli esercizi commerciali, pur collocati in uno spazio unitario, siano tra loro indipendenti e dotati di autonomi accessi ed infrastrutture.
Ne discende, in buona sostanza, che la configurazione da ultimo data dalla Gruppo Basso al realizzando insediamento commerciale non è una semplice precisazione dell’istanza precedentemente formulata – come sarebbe stato se, ad esempio, la società appellante avesse specificato la collocazione dei vari esercizi all’interno del parco commerciale – bensì una nuova domanda di modifica della ripartizione interna della superficie di vendita complessiva.
Stando così le cose, pertanto, è innegabile che la valutazione contenuta nella delibera della Giunta provinciale della Provincia di Treviso n. 542 del 10 dicembre 2007, in base alla quale la società ha inoltrato la prima istanza di modifica della ripartizione della superficie di vendita, non potrebbe mai valere anche per la successiva domanda di mutamento del regime distributivo, da ultimo accolta.
Si tratta, come visto, di un’ulteriore e differente richiesta di modifica della ripartizione interna del parco commerciale che, riguardando oltre il 20% della superficie totale del parco, doveva essere sottoposta autonomamente – e quindi nuovamente – al vaglio della commissione provinciale v.i.a.
Peraltro, come correttamente rilevato dalla difesa della Dal Ben Tre, con la circolare n. 2797 del 12 settembre 2006, avente ad oggetto "Legge regionale 13 agosto 2004, n. 15: valutazione di impatto ambientale applicata alla materia del commercio", la Giunta Regionale del Veneto ha chiaramente ribadito che la procedura di v.i.a. deve essere effettuata anche "con riferimento alle fattispecie di modifica della ripartizione interna della superficie di vendita di un parco commerciale (ogniqualvolta detta modifica) abbia come effetto il superamento, da parte delle singole strutture inserite all’interno del parco medesimo, delle dimensioni per le quali la legge regionale stabilisce il giudizio di compatibilità ambientale"; dimensioni, lo si ricorda, pari a 8.000 mq.
Ebbene, dato che la modifica della ripartizione interna assentita dall’ultima conferenza di servizi ha comportato, tra l’altro, l’individuazione di una grande struttura di vendita (centro commerciale-outlet) di 11.009 mq – sicuramente superiore, quindi, alla soglia dimensionale prevista dall’art. 18, comma 7, L.R. 13 agosto 2004, n. 15, oltre la quale i progetti devono essere sottoposti a v.i.a. -, non vi è dubbio sul fatto che essa, anche alla luce della citata circolare, non potesse essere accolta senza la preventiva acquisizione del giudizio di compatibilità ambientale.
Da quanto finora detto discende la correttezza sul punto della sentenza gravata dalla Gruppo Basso s.p.a.
L’appellante Gruppo Basso, con il secondo motivo si duole del mancato accoglimento, da parte del Tribunale Amministrativo veneziano, dell’eccezione di inammissibilità del ricorso proposto dalla Dal Ben Tre s.r.l. a causa della mancata notifica dello stesso alla società Lefim s.p.a., "società che non solo è proprietaria delle aree oggetto della avversata variante al P.R.G. ricognitiva del parco commerciale, ma è anche titolare del piano di lottizzazione Fusana" (cfr. atto di appello, pag. 14).
Più precisamente, la società appellante, dopo aver ricordato che la Dal Ben Tre s.r.l. "aveva espressamente avversato oltre alla predetta delibera di Giunta Comunale n. 154/2005 anche la delibera del Consiglio Comunale di Roncade n. 69 del 18/11/2005 di adozione della variante urbanistica relativa all’area nella quale è situata la lottizzazione Fusana", afferma che Lefim s.p.a., in quanto proprietaria delle aree interessate dal parco commerciale, "è certamente titolare di un incontestabile interesse giuridicamente qualificato a contrastare l’azione giurisdizionale ex adverso proposta, diretta ad ottenere l’annullamento di determinazioni che incidono sul suo diritto di proprietà e sul suo ius edificandi, con la conseguenza che non può non riconoscersi la natura di controinteressato necessario nel presente giudizio" (cfr. sempre pag. 14 dell’atto di appello).
Ne discende, prosegue la Gruppo Basso s.p.a., che la società proprietaria delle aree in cui è situato l’insediamento commerciale di cui si tratta è titolare di "un interesse qualificato e differenziato al mantenimento degli effetti di tali provvedimenti" e, in quanto tale, riveste "la qualità di parte necessaria dei presente giudizio, con la conseguenza che la sua mancata evocazione, ancorché – in ipotesi – ad integrazione del contraddittorio instaurato con la notifica del ricorso introduttivo, vizia irrimediabilmente la decisione oggetto del presente giudizio che, per tale parte, merita di essere riformata" (cfr. atto di appello, pag. 16).
Le conclusioni cui è pervenuta l’appellante, tuttavia, non sono condivisibili.
In proposito, giova preliminarmente ricordare che sono controinteressati quei soggetti, titolari di una situazione giuridica soggettiva di segno contrario rispetto a quella del ricorrente, a cui il provvedimento impugnato ha attribuito una posizione di vantaggio che essi hanno interesse a conservare.
Proprio per la peculiare posizione rivestita da tali soggetti, in virtù dell’art. 21, L. 6 dicembre 1971, n. 1034, ad essi deve essere notificato l’atto di gravame, qualora risultino espressamente indicati nell’atto impugnato o, comunque, siano facilmente individuabili dalla lettura dello stesso (c.d. controinteressati formali).
Nel caso vi siano più controinteressati, però, la notifica del ricorso ad uno soltanto di essi è sufficiente ad evitare una pronuncia di inammissibilità dello
stesso, potendo il T.A.R. ordinare l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri (cfr. art. 21, L. 6 dicembre 1971, n. 1034).
Ciò detto, è evidente che il ricorso proposto dalla Dal Ben Tre s.r.l. avanti il T.A.R. Veneto e notificato al Comune di Roncade, alla Provincia di Treviso e alla Regione Veneto, in qualità di parti resistenti, nonché alla Gruppo Basso s.p.a., quale controinteressato, doveva e deve ritenersi assolutamente ammissibile, potendo essere attribuita unicamente a quest’ultima società la natura di parte necessaria nel presente giudizio: e ciò rispetto all’impugnazione non solo dei provvedimenti con cui il Comune di Roncade ha prorogato le autorizzazioni commerciali originariamente rilasciate alla Promedi s.r.l., ma anche della delibera n. 69, di data 18 novembre 2005, relativa all’adozione della variante parziale al P.R.G. conseguente all’individuazione dei parchi commerciali esistenti nel territorio comunale.
A leggere i provvedimenti gravati dalla Dal Ben Tre s.r.l. con il ricorso introduttivo e con i successivi atti di motivi aggiunti, infatti, si evince che solamente la Gruppo Basso s.p.a. viene in essi espressamente individuata quale soggetto che ha un effettivo interesse all’attivazione di un parco commerciale – outlet nell’area sita all’interno della lottizzazione "Fusana"; viceversa, un interesse di tal fatta non è in alcun modo ravvisabile in capo alla Lefim s.p.a., società proprietaria dell’area in questione, alla quale l’annullamento della variante impugnata non recherebbe alcun danno, ben potendo la stessa continuare ivi ad edificare.
Per meglio dire, ciò che la Dal Ben Tre s.r.l. contesta nel presente giudizio non è la costruzione in sé dei fabbricati, ma l’avvenuta ricognizione nelle strutture di vendita edificate e mai attivate di un parco commerciale – outlet: pretesa, questa, il cui accoglimento avrebbe leso esclusivamente la posizione della Gruppo Basso, la sola ad essere titolare delle autorizzazioni commerciali.
Del che, peraltro, è prova la mancata impugnazione da parte della società ricorrente in primo grado dei permessi di costruire n. 13/13-2002, di data 30 settembre 2003, n. 26/6-2003, di data 23 luglio 2003, n. 12/13-2002, di data 16 ottobre 2003, n. 21/14-2002, di data 19 novembre 2003, rilasciati alla Lefim s.p.a. per la realizzazione delle strutture di vendita nella lottizzazione "Fusana", nonché dei provvedimenti n. 0013323, 0013318, 0013313, di data 18 luglio 2007, e n. 0013 110 dei 16 luglio 2007, con cui la validità dei predetti permessi è stata prorogata fino al 30 settembre 2008.
Correttamente, dunque, il T.A.R. Veneto ha ritenuto che l’annullamento dei provvedimenti impugnati dalla Dal Ben Tre s.r.l. avrebbe danneggiato "in via esclusiva la posizione della Gruppo Basso, quale titolare dell’autorizzazione all’apertura del parco commerciale – outlet" (cfr. sentenza impugnata, pag. 13).
Con il terzo ed ultimo motivo, l’appellante Gruppo Basso evidenzia l’erroneità della sentenza del T.A.R. Veneto n. 2339/2009 nella parte in cui ha respinto l’eccezione di tardività dalla medesima sollevata in relazione all’impugnazione, da parte della Dal Ben Tre s.r.l., della delibera della Giunta Provinciale di Treviso n. 542/2007.
In particolare, si rileva che, nonostante la predetta delibera fosse stata depositata in giudizio dall’odierna appellante il 25 luglio 2008, la società Dal Ben Tre ne abbia chiesto l’annullamento, deducendone l’illegittimità sotto diversi profili, soltanto con il secondo ricorso per motivi aggiunti del 31 dicembre 2008.
A detta della Gruppo Basso s.p.a., invece, è dalla data del deposito della delibera citata "che decorreva il termine di decadenza per la proposizione dell’impugnazione avverso il provvedimento in parola", con la conseguenza che il gravame proposto dalla Dal Ben Tre s.r.l. avrebbe dovuto essere dichiarato irricevibile (cfr. atto di appello, pag. 16).
Invero – sempre secondo l’appellante, e contrariamente a quanto sostenuto dal Tribunale veneziano – "la possibilità di considerare il deposito in giudizio di documenti idoneo a far decorrere il termine per la proposizione di motivi aggiunti deve essere riconosciuta ogniqualvolta tale deposito venga effettuato nel termine che la norma fissa"; per meglio dire, "se l’onere di verificare i documenti depositati da controparte non può certo porsi indistintamente nel corso della pendenza del giudizio (giacché si risolverebbe in un controllo impossibile), certamente, invece, tale onere di verifica deve essere adempiuto in vista dell’udienza di discussione e del termine perentorio di venti giorni fissato per il deposito in giudizio dei documenti" (cfr. atto di appello, pag. 17).
La Gruppo Basso s.p.a., peraltro, sostiene altresì che l’impugnazione della delibera della Giunta Provinciale di Treviso n. 542/2007 sarebbe avvenuta comunque ben oltre il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione della medesima all’albo pretorio della Provincia di Treviso, con conseguente tardività – anche sotto tale profilo – del gravame proposto con il secondo atto di motivi aggiunti (cfr. ancora pag. 17 dell’atto di appello).
La tesi dell’appellante appena riassunta, tuttavia, non è condivisibile.
Si consideri, anzitutto, che – come costantemente affermato dalla giurisprudenza – la piena conoscenza del provvedimento amministrativo ai fini della decorrenza del termine per l’impugnazione si ricollega all’intervenuta individuazione del contenuto dell’atto. Tale conoscenza per essere rispondente al principio costituzionale della effettività del diritto di difesa, deve essere della parte e non del suo difensore. Pertanto il deposito dei provvedimenti impugnati in giudizio non è di per sé idoneo a far ritenere avvenuta la conoscenza degli stessi ai fini della decorrenza dei termini di impugnazione giurisdizionale (cfr. Cons. St., Sez. IV, 7 settembre 2000, n. 4725).
Il deposito della delibera non era, dunque, idoneo a far ritenere avvenuta la conoscenza della stessa ai fini della decorrenza dei termini di impugnazione giurisdizionale.
Bene ha fatto, pertanto, il Tribunale Amministrativo veneziano a rigettare l’eccezione di tardività.
A nulla rileva, poi, il fatto che la Dal Ben Tre s.r.l. abbia impugnato la delibera n. 542/2007 oltre il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione della stessa nell’albo pretorio della Provincia di Treviso: pubblicazione avvenuta in data 20 dicembre 2007 per quindici giorni.
Va evidenziato, sul punto, che il rilascio delle autorizzazioni all’apertura o alla modifica di un parco commerciale di dimensioni superiori a 8.000 mq è necessariamente subordinato al positivo giudizio di compatibilità ambientale: giudizio che, quindi, assume la natura di atto endoprocedimentale, in quanto tale non autonomamente impugnabile.
Questo Consiglio di Stato, infatti, ha più volte chiarito che, di norma, non sono immediatamente impugnabili gli atti interni del procedimento, poiché solo dal provvedimento conclusivo può scaturire la concreta lesione di un interesse (cfr. Cons. St., Sez. V, 31 luglio 2002, n. 4088, che in tal senso si è espresso proprio con riguardo al parere di compatibilità ambientale, "atteso che il parere regionale V.I.A. è indubbiamente un parere tecnico, obbligatorio e non vincolante, che ha valenza solo i infraprocedimentale"; precisa il Collegio, poi, che anche la pubblicazione del parere sul Bollettino Ufficiale della Regione "non pare preordinata a consentire l’impugnativa in sede giurisdizionale, bensì sembra chiaramente rivolta a favorire la partecipazione al procedimento da parte degli interessati").
Ciò detto, e per venire al caso di specie, è evidente che la Dal Ben Tre s.r.l. non avrebbe potuto impugnare la delibera della Giunta Provinciale di Treviso n. 542/2007 all’epoca della sua pubblicazione all’albo pretorio della Provincia di Treviso, dal momento che allora la delibera citata non pregiudicava in alcun modo l’interesse della nominata società ad evitare l’apertura del parco commerciale outlet di Roncade.
Viceversa, la lesione di tale interesse si è verificata soltanto a seguito dell’accoglimento, da parte della conferenza di servizi tenutasi il 29 luglio 2008, della richiesta di modifica della ripartizione interna dell’insediamento commerciale, presentata dalla Gruppo Basso s.p.a. proprio sulla base del parere favorevole espresso dalla Giunta Provinciale trevigiana.
Ora, posto che la Dal Ben Tre s.r.l. ha avuto conoscenza del verbale della predetta conferenza all’esito dell’istanza di accesso agli atti avanzata il 6 ottobre 2008, è da questo momento che decorreva il termine per l’impugnazione di tale provvedimento e della D.G.P. n. 542/2007 che di esso era presupposto.
Donde l’infondatezza della relativa eccezione, riproposta quale motivo di appello.
Respinto l’appello del Gruppo Basso, occorre ora passare ad esaminare l’appello della Dal Ben Tre.
Con il motivo sub 1) del ricorso in primo grado, concernente violazione dell’art. 1, lettere b), f), g) e j) della l. reg. n. 15/04 e dell’art. 97 Cost., nonché eccesso di potere per difetto di istruttoria e carenza di motivazione, la Dal Ben Tre, premesso che, ai sensi dell’art. 1, comma 2, della l. reg. n. 15/04, la programmazione commerciale e urbanistica della rete distributiva nell’ambito della Regione Veneto persegue, tra l’altro, le seguenti finalità:
e) rendere compatibili gli insediamenti commerciali con il territorio e valorizzare la unzione commerciale, anche al fine di una riqualificazione del tessuto urbano…
f) regolare la presenza e lo sviluppo delle grandi strutture di vendita al fine di contenere l’uso del territorio, assicurare le compatibilità ambientali, salvaguardando l’equilibrio con le altre tipologie distributive;
g) valutare i progetti di insediamento rispetto agli assetti socio-economici, insediativi, infrastruttruali e della mobilità, dei flussi turistici e della rete distributiva in riferimento alla disponibilità di servizi al consumatore…
j) favorire una organizzazione e gestione della logistica volte al miglioramento della competitività e alla diminuzione degli impatti sul traffico e sull’ambiente…", tutto ciò premesso, la ricorrente adduceva che né il privato richiedente, né l’amministrazione emanante, avessero effettuato le ponderazioni e le valutazioni richieste dalla legge regionale: da ciò discenderebbero il difetto di istruttoria e di motivazione che renderebbero illegittima la decisione della conferenza di servizi.
Come fondatamente dedotto dalla Dal Ben Tre nel primo motivo di appello, il giudice di prime cure, nell’esaminare la doglianza, giudicata sufficientemente specifica e quindi ammissibile, l’ha, tuttavia, respinta, limitandosi ad affermare genericamente che "dall’esame della documentazione prodotta in giudizio emerge che nel corso dell’istruttoria svolta sugli aspetti urbanistico -ambientali, commerciali e della viabilità, sono stati esaminati in modo adeguato i profili riguardanti la compatibilità dell’insediamento commerciale con il territorio, l’ambiente, l’assetto distributivo e la viabilità", mentre dagli atti allegati al vernale della conferenza di servizi del 28 settembre 2006 risulta che il Comune di Roncade, nel rilasciare l’autorizzazione alla modifica della ripartizione interna del realizzando outlet, ha tenuto conto del solo profilo urbanistico e viario, mentre non vi è traccia di una verifica della compatibilità ambientale e degli assetti socio-economici e distributivi della zona, donde la fondatezza della censura, ingiustamente disattesa dal T.A.R.
Con la censura sub 2), recante violazione degli articoli 18, comma 7, e 10, comma 3, della l. reg. n. 15/04, ed eccesso di potere per difetto di istruttoria, la ricorrente in primo grado ha osservato che illegittimamente il progetto di parco commerciale -outlet non è stato sottoposto alla procedura di VIA che, invece, era imprescindibile.
A sostegno del motivo la Dal Ben Tre ha rilevato:
– che l’art. 10, comma 3, della l. reg. n. 15/04 dispone che "ogni modificazione relativa ai parchi commerciali esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge o di nuova costituzione è regolata dalle norme di cui al presente articolo nonché dall’articolo 18";
– che l’art. 18, comma 7, primo periodo, l. reg. cit. prevede che "tutte le grandi strutture di vendita ed i parchi commerciali con superficie di vendita superiore a mq. 8000 sono assoggettati alla valutazione di impatto ambientale (VIA)";
– che l’art. 20, comma 1, lett. d), stabilisce che la conferenza di servizi finalizzata al rilascio dell’autorizzazione riferita a grandi strutture di vendita o parchi commerciali è indetta: … lett. d) per ogni altra modificazione delle autorizzazioni rilasciate, con particolare riferimento alla ripartizione interna che interessi oltre il venti per cento della superficie complessiva o che comunque comporti la modifica della ripartizione dei settori merceologici, alle modifiche delle prescrizioni nonché ad ogni altra modifica sostanziale";
– che poiché la modifica della ripartizione interna della superficie di vendita del parco commerciale riguarda 7969 mq. , ossia una superficie di gran lunga superiore al 20% dell’intera area, che è di 11.317 mq., era necessario sottoporre il progetto di modificazione alla procedura di VIA.
Nel ricorso si evidenziava poi che si faceva questione della modifica di un parco commerciale avente una superficie complessiva superiore agli 8.000 mq.
La censura è stata ritenuta infondata ed è stata respinta dal giudice di primo grado in quanto nel caso in esame, la modifica della ripartizione interna riguarda(va) in via esclusiva una superficie di vendita di 7.969 mq., corrispondente alla superficie di vendita dell’outlet, autorizzata nella seduta della conferenza di servizi del 28 settembre 2006.
In altre parole, secondo i primi giudici, "poiché, nella specie, la modifica della ripartizione interna di una parte – di mq. 7.969 – della superficie complessiva del parco commerciale, pari a mq. 11.317, non ha avuto quale effetto il superamento del limite dimensionale degli 8.000 mq. di superficie di vendita, limite oltre il quale la legge regionale prescrive l’assoggettamento della struttura alla VIA, correttamente la modifica della ripartizione interna non è stata assoggettata a VIA".
Come fondatamente dedotto dall’appellante Dal ben Tre, l’assunto da cui muove il giudice di prime cure, e, cioè, che "il limite degli 8.000 mq. riguarda, insomma, l’estensione della superficie oggetto di modifica della ripartizione interna, e non la superficie di vendita complessiva del parco commerciale, modificato", non appare condivisibile.
In realtà, dalle summenzionate disposizioni si evince che il legislatore veneto ha inteso sottoporre a V.I.A. ogni modificazione relativa ai parchi commerciali esistenti, a condizione che i medesimi abbiano una superficie di vendita superiore a 8.000 mq: non risulta, infatti, che l’art. 10, comma 3, della L.R. 15/2004 ponga alcuna distinzione collegata all’estensione della superficie su cui ricade la variante da apportare.
La disposizione, invero, prevede al contrario che "ogni modificazione relativa ai parchi commerciali esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge o di nuova costituzione è regolata dalle norme di cui al presente articolo nonché all’articolo 18"; il quale ultimo, a propria volta, assoggetta a V.I.A. "tutte le grandi strutture di vendita ed i parchi commerciali con superficie di vendita superiore a mq 8000".
Che, poi, una variazione della ripartizione interna, superiore al 20%, qual è quella di cui si discute, rientri tra quelle "modificazioni" che gli artt. 10, comma 3 e 18, comma 10, della l. reg. n. 15/04, assoggettano a V.I.A. – al pari dell’apertura, del trasferimento e dell’ampliamento della grande struttura di vendita – è attestato dall’art. 20, comma 1, lett. d) della medesima normativa regionale, che per tali modifiche al sistema distributivo interno prescrive la stessa procedura di autorizzazione necessaria, appunto, per apertura, trasferimento ed ampliamento di superficie di vendita.
L’esegesi contenuta nella sentenza gravata, secondo cui la ratio delle disposizioni in parola sarebbe quella di sottoporre a V.I.A. solo progetti che comportino "significative modifiche" delle ripartizioni interne delle superfici di vendita, va corretta nel senso che il dato letterale parla di "ogni modificazione" e che per tale deve intendersi ogni variante apportata agli spazi interni che interessi uno spazio maggiore del 20 % della superficie complessiva della struttura di vendita, esattamente come accade nel caso di specie.
Con la censura sub 3), la ricorrente in primo grado, nel rilevare la violazione dell’art. 12 della l. reg. n. 15/04, e il vizio di eccesso di potere per difetto di istruttoria, rimarcava nuovamente l’omessa sottoposizione a VIA prendendo però le mosse da un’angolazione diversa rispetto a quanto fatto con il motivo sub 2), nel senso che l’applicabilità del combinato disposto di cui agli articoli 10, comma 3 e 18, comma 7, della l. reg. n. 15/04, viene fatta derivare dalla qualificazione della struttura come outlet e dalla circostanza che l’art. 12, comma 2, della l. reg. n. 15/04 dispone che per gli outlet, qual è quello in esame, aventi una superficie di vendita superiore ai limiti dimensionali massimi previsti per le medie strutture di vendita, vanno rispettate le procedure previste per i parchi commerciali di cui all’art. 10 (che, al comma 3, come si è visto richiama l’art. 18).
Il T.A.R. Veneto ha sbrigativamente respinto tale censura in quanto "l’impostazione della censura è del tutto analoga a quanto visto sopra al p. 2.2.2. : per le medesime ragioni sopra esposte anche la censura sub 3) dev’essere rigettata".
In realtà, come fondatamente dedotto dall’appellante Dal Ben Tre, con la doglianza già esaminata si era censurato il mancato assoggettamento a V.I.A. di una modifica apportata a un parco commerciale di estensione maggiore di 8.000 mq, mentre con la censura in esame, invece, si faceva valere la mancata valutazione, sempre sotto il profilo ambientale, dell’apertura di un outlet.
Che le due cose non siano sovrapponibili appare evidente, se solo si pone mente al fatto che non tutte le modifiche alle ripartizioni interne a parchi commerciali, di dimensioni maggiori di 8.000 mq, danno vita ad un outlet; così come vi sono outlet che non vengono affatto ricavati da varianti apportate agli spazi interni di un parco commerciale preesistente.
Si vuol, dire, in altri termini, che il terzo motivo di ricorso formulato in primo grado era diretto a sottoporre all’attenzione del T.A.R. una circostanza evidentemente diversa da quella posta a fondamento della censura precedente e che avrebbe reso comunque necessario procedere a V.I.A.: e cioè il fatto che, oltre a modificare la ripartizione degli spazi interni di un parco commerciale esteso per oltre 8.000 mq, il progetto presentato dalla Gruppo Basso prevedeva pure di ricavarvi un outlet.
Orbene, se le procedure da seguire per la costituzione di un parco commerciale e di un outlet debbono essere le stesse, è evidente che pure l’attivazione di un outlet come quello in questione doveva essere sottoposta a V.I.A.: del tutto ingiustificatamente, dunque, il giudice di prime cure ha ritenuto di non pronunciarsi positivamente sul punto.
Quanto alle censure concernenti la legittimità delle proroghe (5, 6, 7 e 8), e, precisamente, concernenti la violazione degli articoli 22 del d. lgs. n. 114 del 1998 e 23 della l. reg. n. 15/04, e l’eccesso di potere sotto svariati profili, la ricorrente in primo grado, in sintesi, faceva notare che la decisione della conferenza di servizi del 28 settembre 2006, favorevole all’apertura dell’outlet, così come le deliberazioni nn. 154/05, 69/05 e 26/06 si basavano sul presupposto che la Gruppo Basso fosse titolare di valide autorizzazioni commerciali: precisamente, di sette autorizzazioni relative a medie strutture di vendita e di un’altra, relativa a una grande struttura di vendita; così però non è, posto che le autorizzazioni commerciali a suo tempo accordate dal Comune alla Promedi – Gruppo Basso, non possono non ritenersi prive di validità in quanto illegittimamente prorogate, e ciò in considerazione della mancata indicazione e, comunque, della insussistenza delle ragioni di comprovata necessità richieste per giustificare le proroghe concesse alla società Gruppo Basso.
Ai fini del rigetto delle censure sopra sintetizzate, il giudice di prime cure ha rammentato che censure analoghe, proposte da Iper Gara, nel ricorso n. 1540/06, contro gli stessi provvedimenti comunali di proroga (per la precisione, il n. 487/06 e il n. 2525/06, impugnati anche con il ricorso di cui al presente giudizio), sono state già esaminate, e ritenute infondate, dalla IV sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 782 del 2008, ed ha richiamato i passaggi motivazionali della decisione citata, condividendone premesse e conclusioni.
Occorre premettere al riguardo che con il provvedimento del 13 ottobre 2007, prot. n. 0018857, il Comune aveva rinnovato ‘ora per allora’ le proroghe annullate dal T.A.R. con la sentenza n. 938/2007, mentre con il provvedimento del 18 ottobre 2007, prot. n. 0019191, il Comune aveva concesso un’ulteriore proroga del termine di attivazione sino al 30 settembre 2008.
Ritiene il Collegio che i motivi avverso il provvedimento del 13 ottobre 2007, nella parte in cui aveva rinnovato ora per allora le proroghe annullate dal T.A.R., sono inammissibili per carenza di interesse, in quanto il giudicato che si è formato sulla decisione n. 782/08 di questo Consiglio toglie rilevanza alle censure, dal momento che l’accertata legittimità degli originari provvedimenti di proroga e la loro conseguente riviviscenza finiscono per privare di alcuna concreta utilità ed effettività le impugnate proroghe rinnovate, che devono ritenersi quindi superate.
Non è così, tuttavia, per il provvedimento del 18 ottobre 2007.
Giova evidenziare, infatti, che il provvedimento del 18 ottobre 2007, prot. n. 0019191, integra una nuova ulteriore proroga del termine di attivazione delle strutture commerciali e, pertanto, sul medesimo provvedimento non esplica alcun effetto la decisione di questo Consiglio n. 782/2008, in quanto quello in discussione è un provvedimento completamente nuovo anche nel contenuto sostanziale.
E, sotto il profilo sostanziale, come fondatamente rilevato dall’appellante, le ragioni addotte dall’Amministrazione comunale non erano idonee a sorreggere la proroga.
Quanto alla necessità di completare le opere viarie, è sufficiente ricordare che, nelle primitive istanze di proroga, la PROMEDI s.r.l. (dante causa della GRUPPO BASSO s.p.a.) aveva dichiarato che "L’area è compresa in una nuova lottizzazione produttiva i cui lavori di urbanizzazione sono ormai ultimati ed entro breve tempo si procederà al collaudo delle opere di urbanizzazione realizzate".
Quanto precede attesta l’erroneità della sentenza impugnata e l’insussistenza delle condizioni per il rilascio dell’ulteriore proroga.
Fondati, dunque, sono i motivi di appello che di seguito si passano ad esaminare.
La Dal Ben Tre aveva impugnato il provvedimento del 18 ottobre 2007, prot. n. 0019191, evidenziando altresì nel medesimo un contenuto che oltrepassa la semplice ‘rinnovazione’ degli atti annullati dalla sentenza del T.A.R. n. 938/2007, poiché tramite esso il Comune di Roncade ha accordato alla GRUPPO BASSO s.p.a. l’ulteriore proroga di un anno del termine di attivazione delle n. 7 medie strutture di vendita.
Infatti, mentre la precedente determinazione del Responsabile Servizio Sportello Unico Attività Produttive del 3 febbraio 2006, n. 2525 – annullata dalla sentenza n. 938/2007 – aveva prorogato i relativi termini di attivazione sino al 29 settembre 2007, il nuovo provvedimento del Comune di Roncade ha accordato una dilazione dello stesso termine sino al 30 settembre 2008.
Detta ulteriore dilazione del termine di ultimazione era però illegittima per violazione dell’art. 23 della legge Regione Veneto n. 15/2004, norma secondo la quale, riguardo alle grandi strutture di vendita ed ai parchi commerciali (genere al quale la struttura della GRUPPO BASSO s.p.a. appartiene a seguito della delibera della Giunta comunale di Roncade n. 154 del 19 ottobre 2005), "Il comune può concedere una sola proroga fino ad un massimo di un anno, nei casi di comprovata necessità per ritardi comunque non imputabili al richiedente".
Il T.A.R. ha respinto la censura osservando che il richiamato art. 23 della legge Regione Veneto n. 15/2004 non sarebbe applicabile alla fattispecie giacché le seconde domande di proroga si riferivano a medie strutture di vendita, con conseguente applicazione dell’art. 22 del decreto n. 114/98.
Premesso che, come si è detto, sul provvedimento in questione non esplica alcuna efficacia il giudicato nascente dalla decisione n. 782/08 di questo Consiglio, deve convenirsi con l’appellante che la tesi del Tribunale è errata, in quanto smentita dalla documentazione agli atti di causa.
È stato lo stesso Comune di Roncade con la delibera di Giunta n. 154/2005 ad attribuire la qualifica di parco commerciale alla struttura della Gruppo Basso s.p.a., ponendo così le condizioni per l’applicazione della relativa disciplina, contenuta nell’art. 23 della legge Regione Veneto n. 15/2004.
E poiché quello della GRUPPO BASSO s.p.a. è un parco commerciale, la proroga in contestazione è illegittima per contrasto con la richiamata disciplina regionale, secondo cui il termine di attivazione dei parchi commerciali può essere prorogato una sola volta per un massimo di un anno.
L’odierna appellante aveva denunciato l’ulteriore violazione dell’art. 23 della legge Regione Veneto n. 15/2004 sotto il profilo della tardiva presentazione delle istanze di proroga sfociate nell’adozione dell’unitario provvedimento del 18 ottobre 2007, prot. n. 0019191.
Invero, secondo l’art. 23 della legge Regione Veneto n. 15/2004, quanto alle grandi strutture di vendita ed ai parchi commerciali, "La richiesta di proroga deve essere presentata al comune entro e non oltre i sessanta giorni precedenti la scadenza del termine di attivazione, salvo il caso in cui il motivo del ritardo intervenga successivamente e comunque entro il termine di attivazione".
La GRUPPO BASSO s.p.a. non aveva rispettato l’indicata disciplina avendo presentato ben n. 4 delle n. 7 istanze di proroga oltre il termine normativamente fissato.
Il Tribunale ha respinto la censura osservando che alla fattispecie non sarebbe applicabile l’art. 23 della legge Regione Veneto n. 15/2004 "giacché le seconde domande di proroga si riferivano a medie strutture di vendita, con conseguente applicazione dell’art. 22 del decreto n. 114/98".
Come correttamente rilevato dall’appellante, anche in tal caso la decisione del Tribunale è frutto di un’errata percezione dei fatti di causa.
Infatti, a seguito della richiamata delibera della Giunta comunale di Roncade n. 154/2005, all’aggregazione commerciale della GRUPPO BASSO s.p.a. è stata attribuita la qualifica di parco commerciale, con conseguente integrale attrazione alla disciplina dell’art. 23 della legge Regione Veneto n. 15/2004.
Di tanto il Tribunale non ha tenuto conto, giungendo così ad una decisione errata e meritevole di riforma.
La Dal ben Tre aveva altresì denunciato la violazione dei limiti massimi normativamente fissati alle proroghe dei termini di attivazione delle medie strutture di vendita (art. 22 del D.Lgs. n. 114/1998) e dei parchi commerciali (art. 23 della legge Regione Veneto n. 15/2004).
Infatti, il Comune di Roncade aveva concesso proroghe di durata compresa tra i 2 anni ed 8 mesi ed i 2 anni e 10 mesi.
Ciò in palese violazione della richiamata disciplina che fissa in un anno il termine massimo delle proroghe, sia con riguardo alle medie strutture di vendita, sia con riferimento ai parchi commerciali.
Il Tribunale ha respinto la censura affermando che il richiamo all’art. 23 della legge Regione Veneto n. 15/2004 sarebbe erroneo, mentre l’art. 22 del D.Lgs. n. 114/1998 consente più di una proroga, non prescrive alcune termine massimo entro cui debba iniziare l’attività di vendita, ma si limita a esigere la sussistenza del requisito della "comprovata necessità", fatta salva l’illegittimità di rinvii aventi durata abnorme, circostanza che non sussisterebbe nel caso concreto.
La tesi del Tribunale è errata.
Come ripetutamente evidenziato, è stata la stessa Amministrazione comunale ad attribuire la qualifica di parco commerciale all’aggregazione della GRUPPO BASSO s.p.a., con conseguente attrazione della medesima alla relativa disciplina contenuta nell’art. 23 della legge Regione Veneto n. 15/2004 (sul punto, si richiama la delibera della Giunta comunale di Roncade n. 154/2005).
Infine, la duplicità del contenuto dell’atto – da un lato la reiterazione dei provvedimenti annullati dal T.A.R. con la sentenza n. 938/2007 e, dall’altro, la concessione di una nuova ed ulteriore proroga – contrasta con le premesse dalle quali si è mossa la stessa Amministrazione comunale.
Il Comune di Roncade, invero, ha adottato l’atto impugnato proprio con il fine di ‘sanare’ la situazione ricollegata alla rilevata illegittimità ed al conseguente annullamento degli atti originariamente impugnati.
Ma detta finalità risulta frustrata dalla concessione di una nuova ed ulteriore proroga del termine di attivazione sulla base di fatti e circostanze sopravvenuti.
Sulla base di tali considerazioni, pertanto, l’appello della Dal Ben Tre può essere accolto, rimanendo assorbite le rimanenti censure.
In conclusione, previa riunione, l’appello proposto dal Gruppo Basso (r.g. n. 10624/09) deve essere respinto, mentre quello proposto dalla Dal Ben Tre (r.g. n. 10518/09) deve essere accolto e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado deve essere accolto non solo con riferimento alla censura sub 4 del secondo ricorso per motivi aggiunti, ritenuta fondata dal T.A.R. (censura il cui accoglimento è confermato in questa sede di gravame), ma anche per i motivi esaminati e positivamente delibati in questa sede, con conseguente annullamento degli atti impugnati.
Stante la complessità della vicenda e delle questioni trattate sussistono giusti motivi per disporre la compensazione integrale fra le parti delle spese, competenze ed onorari del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, previa riunione, respinge l’appello proposto dal Gruppo Basso s.p.a. (10624/09) ed accoglie l’appello proposto dalla Dal Ben Tre s.r.l. (10518/09) e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado anche per i motivi esaminati in questa sede e di conseguenza annulla gli atti impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 giugno 2010 con l’intervento dei Signori:
Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente FF
Filoreto D’Agostino, Consigliere
Nicola Russo, Consigliere, Estensore
Eugenio Mele, Consigliere
Angelica Dell’Utri, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 20 OTT. 2010.