Il contenuto decisorio di una sentenza è rappresentato non solo dal dispositivo ma anche dalle dichiarazioni e dagli accertamenti contenuti nella motivazione, nei limiti in cui essi costituiscano una parte della decisione in quanto rispondono a questioni facenti parte del thema decidendum e specificamente dibattute tra le parti, integrando una necessaria premessa od un presupposto logico indefettibile della decisione.

1. Con nota del 27 aprile 1993, l’amministratore straordinario dell’Usl 12 del Veneto ha trasmesso alla giunta regionale la documentazione relativa alla determinazione dei fondi per l’incentivazione alla produttività relativi agli anni dal 1983 al 1993. La trasmissione era susseguita ad una relazione del responsabile del settore affari generali della medesima Usl, nella quale venivano illustrate talune anomalie nella determinazione dei tetti di spesa per l’istituto, nel periodo indicato, consistenti nell’avvenuta determinazione di livelli di spesa in misura superiore ai parametri consentiti dalla normativa vigente.
Con nota del 22 aprile 1994, il servizio ispettivo regionale ha chiesto alla Usl di rideterminare il tetto di spesa per gli anni 1982-1993, in base ai criteri indicati nella deliberazione n. 718 del 3 luglio 1984, adottata dal comitato di gestione della medesima Usl e di recuperare le somme indebitamente corrisposte al personale dipendente. Con deliberazione n. 1589 del 31 ottobre 1995, il direttore generale della Ulls 7-medio tempore subentrata alla Usl 12-ha provveduto in tal senso, disponendo sia la rideterminazione di fondi per ciascuno degli anzidetti anni finanziari e sia il recupero di quanto corrisposto in misura superiore loro spettante nei confronti di tutti i dipendenti per il periodo 1983-1989 e, per il personale medico, anche per l’anno 1990 e successivi.
2. Contro tale deliberazione sono insorti sia i dipendenti indicati in epigrafe e sia le associazioni sindacali, pure indicate in epigrafe.
3. Il tribunale, con la sentenza ora impugnata, ha statuito la giurisdizione del giudice ordinario per quanto attiene alle prestazioni in regime di plus orario, rese secondo l’istituto dell’incentivazione della produttività, dato che si tratterebbe di attività libero professionale; mentre, per il resto, ha ritenuto l’inammissibilità del ricorso, in quanto non era stata impugnata la deliberazione n. 718 del 3 luglio 1984, adottata dal comitato di gestione della Usl 12.
4. Con appelli separati, i dipendenti e le associazioni sindacali in epigrafe indicati, hanno chiesto la riforma integrale della sentenza pronunciata dal Tar per il Veneto.
5. L’amministrazione si è costituita.
6. All’udienza del 16 febbraio 2010, con decisione n. 1256 pubblicata il 4 marzo 2010la sezione ha accolto il ricorso in opposizione al decreto che aveva dichiarato perento il ricorso n. 4540/1998 e, riunito il citato ricorso con quello rubricato al nr. 4701/1998, ha disposto incombenti istruttori.
7. Acquisita la documentazione richiesta, le cause sono state trattenute in decisione all’udienza del 15 giugno 2010.

DIRITTO
1. Gli appelli sono infondati.
2.1. Con il primo motivo gli appellanti deducono che il Tar ha erroneamente accolto l’eccezione preliminare proposta dalla difesa dell’amministrazione, relativa alla carenza di giurisdizione amministrativa circa le determinazioni contenute nei provvedimenti impugnati, nella parte in cui hanno modificato in via retroattiva l’ammontare dei fondi di incentivazione relativi agli anni 1983 e 1984 . In particolare deducono (quanto all’appello n. 4540/1998) che la statuizione non trova corrispondenza nel dispositivo della sentenza impugnata e (in entrambi gli appelli)che, comunque, il TAR ha errato nel seguire l’orientamento delle Sezioni Unite della Cassazione e non quello dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, che, con decisione n. 23 dell’8 novembre 1996, ha affermato una tesi completamente opposta a quella seguita dal giudice di primo grado.
Circa il primo profilo della doglianza, la sezione osserva che la pronuncia di inammissibilità è corretta, in quanto, esplicitamente enunciata in motivazione e contenuta in dispositivo nella generale declaratoria di inammissibilità dell’originario ricorso, idonea a risolvere sia la questione di giurisdizione e sia quella relativa alla mancata impugnazione dell’atto presupposto, non essendo necessario ripetere la medesima formula per ciascuna statuizione. Al riguardo va richiamato il principio giurisprudenziale secondo cui il contenuto decisorio di una sentenza è rappresentato non solo dal dispositivo ma anche dalle dichiarazioni e dagli accertamenti contenuti nella motivazione, nei limiti in cui essi costituiscano una parte della decisione in quanto rispondono a questioni facenti parte del thema decidendum e specificamente dibattute tra le parti (integrando una necessaria premessa od un presupposto logico indefettibile della decisione). (cfr. Consiglio Stato , sez. IV, 04 febbraio 1997 , n. 78).
2.2. Per quanto concerne l’altro profilo della doglianza, la giurisprudenza si è in prevalenza orientata nell’affermare che per i medici dipendenti dalle unità sanitarie locali, mentre le controversie aventi ad oggetto la retribuzione delle prestazioni rese in regime di "plus orario" nell’ambito dell’incentivazione della produttività sino al 31 dicembre 1985 rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario, in quanto disciplinate dal d.P.R. 25 giugno 1983 n. 348, che le configura come prestazioni libero – professionali, invece le controversie aventi ad oggetto la retribuzione per le medesime prestazioni rese a partire dall’1 gennaio 1986 rientrano nella giurisdizione del giudice amministrativo, essendo disciplinate dal d.P.R. 20 maggio 1987 n. 270, che distingue l’attività libero – professionale dalle prestazioni rese nell’ambito dell’istituto dell’incentivazione ed esclude che la prima possa essere prestata nel corso del "plus orario", il quale è ricondotto, sia pure quale istituto particolare, al rapporto di pubblico impiego. (cfr. Cassazione civile , sez. un., 5 giugno 2000 , n. 406).
La sezione osserva però che gli stessi appellanti riconoscono implicitamente il carattere ultroneo della questione di giurisdizione nell’economia del presente giudizio, laddove deducono "che oggetto principale della controversia è la legittimità o meno della deliberazione con la quale l’amministrazione ha rideterminato con efficacia retroattiva i tetti complessivi di spesa, cioè i fondi disponibili per l’istituto dell’incentivazione alla produttività per tutto il personale medico e non medico, essendo in gioco solo in via consequenziale il rapporto tra il singolo dipendente (medico e non medico) in ordine alla retribuzione delle prestazioni rese in plus orario".
Pertanto, non venendo in rilievo, se non in via indiretta, le retribuzioni delle singole prestazioni rese, e quindi l’ambito e la natura del loro svolgimento, non sembra potersi escludere la giurisdizione amministrativa anche per il periodo 1983-!985.
2.3. Venendo all’oggetto principale della controversia, la sezione non condivide l’impostazione motivazionale del Tar, laddove ha ritenuto necessaria l’impugnazione della deliberazione n. 718 del 3 luglio 1984, adottata dal comitato di gestione dell’Usl 12.
Infatti, la deliberazione n. 1589 del 31 ottobre 1995, che è l’atto originariamente impugnato, è autonomamente lesivo sia per il fatto che ridetermina esso i fondi di incentivazione e sia perché dispone il recupero delle somme indebitamente corrisposte.
Peraltro, come già statuito dalla sezione sul punto (sent. n. 1338 del 19 novembre 1994), " l’amministrazione non ha affatto dimostrato che i provvedimenti con i quali era stato determinato il plus orario per il 1986 (nel caso di specie per il 1983) erano conosciuti, nella loro completezza, dagli interessati; d’altra parte, non può considerarsi acquiescenza ai medesimi provvedimenti la riscossione delle provvisorie spettanze liquidate".
In altri termini, l’effetto lesivo va ricondotto a tutti gli atti successivi aventi carattere novatorio, ancorché adottati sulla base dell’iniziale determinazione del tetto di spesa, operata con la deliberazione n. 718 del 1984.
3.1. Tuttavia, il ricorso originario è infondato nel merito.
Al riguardo vanno anzitutto richiamati i commi 1 e 2 del d.P.R. n. 348/1983, secondo cui:
– ferme restando le quote effettivamente erogate nel 1982 a titolo di ex compartecipazioni, le regioni, per la concreta attivazione dell’istituto di incentivazione della produttività di cui all’articolo precedente, nella attribuzione alle U.S.L. delle quote di competenza del Fondo sanitario nazionale, dovranno comunque vincolare all’attività di incentivazione stessa una quota minima, al fine di quantificare un fondo non inferiore al 10 per cento della spesa complessiva risultante a rendicontazione 1982 per l’ex istituto delle compartecipazioni e per l’attività specialistica convenzionata esterna.
– nell’ambito di ciascuna U.S.L. tale fondo può essere ulteriormente aumentato nella stessa misura in cui diminuisce la spesa sopportata dall’U.S.L. stessa per attività erogate in regime convenzionato esterno sulla base dei dati risultanti dalle rendicontazioni trimestrali.
L’intesa Regione-OO.SS. del 24 gennaio 1984 ha poi previsto che il fondo per l’anno 1983 dovesse prendere a base la somma complessiva risultante dalla rendicontazione 1982 delle prestazioni erogate da personale medico ospedaliero (ex compartecipazioni) e da prestazioni di istituto tariffate, erogate da personale medico operante in strutture extraospedaliere (quali ad es.:igiene pubblica, medicina del lavoro
La sezione osserva che l’impugnata deliberazione n. 1589/1995, di rideterminazione dei fondi per gli anni 1983-1991, non poteva non assumere, come base per la determinazione dei fondi degli anni successivi, il fondo iniziale del 1983, relativamente al quale risulta corretta l’applicazione del meccanismo previsto dall’ articolo 60 del d.p.r. n. 348 del 1983
La corretta rideterminazione del tetto di spesa iniziale, operata dall’amministrazione, non poteva poi non avere riflessi per gli anni finanziari successivi, nonostante la diversa disciplina subentrata.
3.2. Gli appellanti hanno lamentato il mancato inserimento, nel calcolo del tetto teorico del 1982, delle somme derivanti dall’attività specialistica convenzionata esterna ed ambulatoriale interna, sulla base di un acritico recepimento da parte dell’Usl delle indicazioni della regione.
Va premesso che l’ articolo 60, comma 1, del d.p.r. n. 348/1983 , laddove stabilisce che le regioni dovranno comunque vincolare all’attività di incentivazione una quota minima al fine di quantificare un fondo non inferiore al 10% della spesa risultante alla rendicontazione 1982, si limita a fissare i criteri per determinare la quota minima del fondo. Pertanto la norma contrattuale viene rispettata purché vi sia la determinazione di un importo non inferiore al 10% rispetto alle voci indicate nella norma suddetta, a prescindere dalle voci concretamente prese in considerazione .
In ogni caso, dall’esame degli atti di causa risulta come la somma al rendicontazione per l’istituto delle compartecipazioni per l’anno 1982 rappresentava proprio il 10% di tale somma, addizionata a quella derivante dalla specialistica convenzionata interna ed esterna.
3.3. Relativamente alla doglianza circa l’illegittimo recupero delle somme corrisposte in eccedenza ai tetti di spesa, la sezione ritiene che il recupero medesimo costituisca la logica conseguenza dell’illegittimità del provvedimento posto a base della corresponsione.
Tuttavia, conformemente all’orientamento della sezione e condividendo quanto statuito dal giudice di primo grado, pur costituendo la copertura finanziaria un limite insuperabile per ulteriori riconoscimenti economici a favore del personale interessato, le prestazioni di lavoro autorizzate e svolte vanno retribuite, sia pure a titolo diverso.
4. In conclusione gli appelli vanno rigettati e la sentenza va confermata, sia pure con diversa motivazione.
5. La difficoltà delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese del grado del giudizio.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione quinta, definitivamente pronunciando, rigetta gli appelli riuniti.
Compensa le spese del grado del giudizio
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 giugno 2010 con l’intervento dei Signori:
Pier Giorgio Trovato, Presidente
Gianpiero Paolo Cirillo, Consigliere, Estensore
Filoreto D’Agostino, Consigliere
Angelica Dell’Utri, Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 13 OTT. 2010.